Definire cosa sia la giustizia è un compito arduo. Intuitivamente, forse saremmo tentati di ascrivere la giustizia all’ambito esclusivamente penale. Dunque come il sistema che regola le sanzioni necessarie per riparare alla violazione di una norma. Tuttavia, se solo sbirciamo qualche manuale di storia delle idee, ci accorgiamo che sulla società “giusta” le teorizzazioni cominciano da Platone e dal suo interrogarsi su chi avrebbe dovuto guidare la polis, sul rapporto tra virtù ed ingiustizia, su come tradurre la giustizia teorica in ordinamenti e su altre problematicità che ancora non sono state risolte. Ed è qui che compare la prima definizione di giustizia: “rendere a ciascuno il suo”. Aristotele, se è permesso parlare per slogan, vedrà invece la giustizia come ciò che sta a metà strada tra due estremi. Il giusto sta nel medio. Sinteticamente, come dice Cipolla: «Ad ognuno ciò che è dovuto e da ognuno l’assolvimento del proprio compito. Equidistanza che si pone sopra a tutte le virtù» [Cipolla 1997: 1195]. Già da queste battute si intravede dunque come sia necessario delimitare gli obiettivi affinché non si proceda per generalizzazioni troppo astratte e inconsistenti. Qui vengono presentate tre idee di giustizia. Specificatamente, si tratta di concezioni di giustizia sociale. Neppure la definizione di giustizia sociale è facilmente delimitabile e ciò sarà chiaro analizzando il pensiero dei tre autori. Per prima approssimazione si può dire che la giustizia sociale si occupa della promozione del benessere (well-being) degli individui e del riconoscimento della loro dignità umana attraverso interventi equi e leali da parte delle istituzioni. Alcuni autori, come Faden e Powell [2006] concepiscono il well-being come composto di alcune dimensioni di base: salute, sicurezza personale, (promozione delle) abilità cognitive, rispetto (mancanza di discriminazione), legami affettivi, auto-determinazione. Come vedremo, queste componenti sono però opinabili e hanno pesi diversi, a seconda delle prospettive. Gli autori su cui verterà l’esposizione e l’analisi del concetto di giustizia, con particolare riferimento alla giustizia delle/nelle istituzioni sociali, sono John Rawls, Jurgen Habermas e Martha Nussbaum. Essi sono pensatori molto eterogenei tra loro. Rawls basa la sua teoria sul concetto di equità e su come una società possa darsi dei principi giusti. Habermas fonda la sua idea di giustizia sull’etica sul discorso appoggiandosi alla concezione del linguaggio come dispositivo intrinsecamente razionale. Benché Rawls e Habermas non condividano molte posizioni, Nussbaum rivoluziona addirittura i presupposti del discorso sulla giustizia sociale. Ella fa irrompere le diseguaglianze sociali concrete sulla scena e da queste sviluppa le sue proposte. In altri termini, laddove, come direbbe Cipolla, i due europei potrebbero condividere l’idea della giustizia come «discussione libera e razionale fra uomini eguali, anche se dentro una rete di interesse, che porta a definire le linee essenziali delle loro istituzioni collettive» [1997: 1196], Nussbaum vede invece la giustizia come «inviolabilità e dignità» dell’essere umano [1997: 1196-1197].

A. Maturo (2012). Giustizia. MILANO : FrancoAngeli Editore.

Giustizia

MATURO, ANTONIO FRANCESCO
2012

Abstract

Definire cosa sia la giustizia è un compito arduo. Intuitivamente, forse saremmo tentati di ascrivere la giustizia all’ambito esclusivamente penale. Dunque come il sistema che regola le sanzioni necessarie per riparare alla violazione di una norma. Tuttavia, se solo sbirciamo qualche manuale di storia delle idee, ci accorgiamo che sulla società “giusta” le teorizzazioni cominciano da Platone e dal suo interrogarsi su chi avrebbe dovuto guidare la polis, sul rapporto tra virtù ed ingiustizia, su come tradurre la giustizia teorica in ordinamenti e su altre problematicità che ancora non sono state risolte. Ed è qui che compare la prima definizione di giustizia: “rendere a ciascuno il suo”. Aristotele, se è permesso parlare per slogan, vedrà invece la giustizia come ciò che sta a metà strada tra due estremi. Il giusto sta nel medio. Sinteticamente, come dice Cipolla: «Ad ognuno ciò che è dovuto e da ognuno l’assolvimento del proprio compito. Equidistanza che si pone sopra a tutte le virtù» [Cipolla 1997: 1195]. Già da queste battute si intravede dunque come sia necessario delimitare gli obiettivi affinché non si proceda per generalizzazioni troppo astratte e inconsistenti. Qui vengono presentate tre idee di giustizia. Specificatamente, si tratta di concezioni di giustizia sociale. Neppure la definizione di giustizia sociale è facilmente delimitabile e ciò sarà chiaro analizzando il pensiero dei tre autori. Per prima approssimazione si può dire che la giustizia sociale si occupa della promozione del benessere (well-being) degli individui e del riconoscimento della loro dignità umana attraverso interventi equi e leali da parte delle istituzioni. Alcuni autori, come Faden e Powell [2006] concepiscono il well-being come composto di alcune dimensioni di base: salute, sicurezza personale, (promozione delle) abilità cognitive, rispetto (mancanza di discriminazione), legami affettivi, auto-determinazione. Come vedremo, queste componenti sono però opinabili e hanno pesi diversi, a seconda delle prospettive. Gli autori su cui verterà l’esposizione e l’analisi del concetto di giustizia, con particolare riferimento alla giustizia delle/nelle istituzioni sociali, sono John Rawls, Jurgen Habermas e Martha Nussbaum. Essi sono pensatori molto eterogenei tra loro. Rawls basa la sua teoria sul concetto di equità e su come una società possa darsi dei principi giusti. Habermas fonda la sua idea di giustizia sull’etica sul discorso appoggiandosi alla concezione del linguaggio come dispositivo intrinsecamente razionale. Benché Rawls e Habermas non condividano molte posizioni, Nussbaum rivoluziona addirittura i presupposti del discorso sulla giustizia sociale. Ella fa irrompere le diseguaglianze sociali concrete sulla scena e da queste sviluppa le sue proposte. In altri termini, laddove, come direbbe Cipolla, i due europei potrebbero condividere l’idea della giustizia come «discussione libera e razionale fra uomini eguali, anche se dentro una rete di interesse, che porta a definire le linee essenziali delle loro istituzioni collettive» [1997: 1196], Nussbaum vede invece la giustizia come «inviolabilità e dignità» dell’essere umano [1997: 1196-1197].
2012
La devianza come sociologia
183
192
A. Maturo (2012). Giustizia. MILANO : FrancoAngeli Editore.
A. Maturo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/119823
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