Se la metafora o la similitudine ‘Dio-re’ attraversa gran parte della storia del pensiero politico all’insegna del vincolo di una comune, potentissima «potenza», Spinoza ricorre a quella immagine (nel corso di tutta la sua opera: dai CM all’Etica, dal TTP al TP), per sradicarla, per destituirla di qualsiasi ‘fondamento’, sia dal lato della metafisica, sia da quello della politica. Se la guerra, nella sua versione moderna, hobbesiano-westfaliana, si presenta come un’opzione razionale in mano alla politica, come un’estrema propaggine ‘economica’, calcolistico-artificiale, a disposizione del sovrano nella gestione dei rapporti ‘esterni’, con gli altri sovrani (proprio là dove più si misura la contingenza del «Dio mortale»), Spinoza tiene fermo il bellum nel cuore dell’ordine politico, nelle oscurità di un rapporto, quello governanti-governati, sorgente naturale di «paura» e di conflitto, e per ciò stesso mai del tutto esorcizzabile, nemmeno in quella soluzione democratica che gli appare la più potente perché la meno ‘timorosa’, la minus formidolosa. Se i percorsi tradizionali della tolleranza muovono ‘dall’alto verso il basso’, dall’unità dell’uniformazione politica verso la pluralità delle possibili (e solo in parte sopportabili) resistenze e controtendenze, Spinoza capovolge questa logica nella direzione opposta, ‘dal basso verso l’alto’: tramontata ogni gerarchia ‘fondamentale’ (teologica, naturalistica), l’ordine politico resta sempre, in ultima istanza, un problema di azione e sopportazione dei molti, il risultato delle intersezioni, delle introspezioni, delle relazioni che attraversano e innervano (o snervano) la «moltitudine». La prestazione filosofica spinoziana emerge in tutta la sua straordinaria originalità anche quando la si prenda in esame da percorsi come questi, che in essa restano in definitiva secondari: irriducibile all’antico (cui a volte è stata accostata, si trattasse della Scolastica, dello Stoicismo, o dell’Ebraismo), eppure alternativa anche alle prevalenti soluzioni razionalistico-funzionali del moderno. Un’alternativa peculiare, non un pensiero impreciso, tale da indurre a sistemare e limitare il suo autore (come pure talora si è fatto) nelle incerte regioni di confine che lo vorrebbero al tempo stesso the last of the medievals e the first of the moderns. E pensiero comunque in costruzione, continuamente arricchito da una continua, esplicita, ipermoderna circolarità di metafisica etica e politica, tale da agire sempre per approfondimenti e revisioni, per problematizzazioni e retroazioni, irriducibili a qualsiasi lineare deduzione sistemica di un’opera dall’altra: come appare evidente, per esempio, nelle complesse relazioni tra i due trattati politici (a partire dall’uguaglianza, e dai legami tra il vulgus e il philosophus), o nel finale incompiuto e apparentemente enigmatico, se non proprio contraddittorio, che nell’ultimo di essi vede aprirsi il discorso sulla democrazia, la forma tendenzialmente più universale e inclusiva dell’imperium, all’insegna della limitazione, del contenimento, dell’esclusione. Gran parte della straordinaria fortuna odierna di Spinoza si deve a questa sua natura eccentrica. Che non offre ovviamente ricette sulla crisi della modernità. Ma aiuta, con affondi geniali, a percepirla e a comprenderla. Il volume esce nella collana "Spinoziana", il cui comitato scientifico è formato da molti tra i più autorevoli spinozisti contemporanei.

R. Caporali (2012). La pazienza degli esclusi. Studi su Spinoza.. MILANO : Mimesis.

La pazienza degli esclusi. Studi su Spinoza.

CAPORALI, RICCARDO
2012

Abstract

Se la metafora o la similitudine ‘Dio-re’ attraversa gran parte della storia del pensiero politico all’insegna del vincolo di una comune, potentissima «potenza», Spinoza ricorre a quella immagine (nel corso di tutta la sua opera: dai CM all’Etica, dal TTP al TP), per sradicarla, per destituirla di qualsiasi ‘fondamento’, sia dal lato della metafisica, sia da quello della politica. Se la guerra, nella sua versione moderna, hobbesiano-westfaliana, si presenta come un’opzione razionale in mano alla politica, come un’estrema propaggine ‘economica’, calcolistico-artificiale, a disposizione del sovrano nella gestione dei rapporti ‘esterni’, con gli altri sovrani (proprio là dove più si misura la contingenza del «Dio mortale»), Spinoza tiene fermo il bellum nel cuore dell’ordine politico, nelle oscurità di un rapporto, quello governanti-governati, sorgente naturale di «paura» e di conflitto, e per ciò stesso mai del tutto esorcizzabile, nemmeno in quella soluzione democratica che gli appare la più potente perché la meno ‘timorosa’, la minus formidolosa. Se i percorsi tradizionali della tolleranza muovono ‘dall’alto verso il basso’, dall’unità dell’uniformazione politica verso la pluralità delle possibili (e solo in parte sopportabili) resistenze e controtendenze, Spinoza capovolge questa logica nella direzione opposta, ‘dal basso verso l’alto’: tramontata ogni gerarchia ‘fondamentale’ (teologica, naturalistica), l’ordine politico resta sempre, in ultima istanza, un problema di azione e sopportazione dei molti, il risultato delle intersezioni, delle introspezioni, delle relazioni che attraversano e innervano (o snervano) la «moltitudine». La prestazione filosofica spinoziana emerge in tutta la sua straordinaria originalità anche quando la si prenda in esame da percorsi come questi, che in essa restano in definitiva secondari: irriducibile all’antico (cui a volte è stata accostata, si trattasse della Scolastica, dello Stoicismo, o dell’Ebraismo), eppure alternativa anche alle prevalenti soluzioni razionalistico-funzionali del moderno. Un’alternativa peculiare, non un pensiero impreciso, tale da indurre a sistemare e limitare il suo autore (come pure talora si è fatto) nelle incerte regioni di confine che lo vorrebbero al tempo stesso the last of the medievals e the first of the moderns. E pensiero comunque in costruzione, continuamente arricchito da una continua, esplicita, ipermoderna circolarità di metafisica etica e politica, tale da agire sempre per approfondimenti e revisioni, per problematizzazioni e retroazioni, irriducibili a qualsiasi lineare deduzione sistemica di un’opera dall’altra: come appare evidente, per esempio, nelle complesse relazioni tra i due trattati politici (a partire dall’uguaglianza, e dai legami tra il vulgus e il philosophus), o nel finale incompiuto e apparentemente enigmatico, se non proprio contraddittorio, che nell’ultimo di essi vede aprirsi il discorso sulla democrazia, la forma tendenzialmente più universale e inclusiva dell’imperium, all’insegna della limitazione, del contenimento, dell’esclusione. Gran parte della straordinaria fortuna odierna di Spinoza si deve a questa sua natura eccentrica. Che non offre ovviamente ricette sulla crisi della modernità. Ma aiuta, con affondi geniali, a percepirla e a comprenderla. Il volume esce nella collana "Spinoziana", il cui comitato scientifico è formato da molti tra i più autorevoli spinozisti contemporanei.
2012
125
9788857512617
R. Caporali (2012). La pazienza degli esclusi. Studi su Spinoza.. MILANO : Mimesis.
R. Caporali
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/119082
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