La giustizia sociale è un concetto che presenta molteplici accezioni a seconda di quale autore, istituzione, personalità lo proponga e a seconda del contesto nel quale viene utilizzato [Maturo 2012]. Ciò è vero anche nel caso di studiosi che si occupano dello stesso ambito di studio e intervento come, da un lato, Madison Powers e Ruth Faden, e dall’altro, Paul Farmer. Questi studiosi pongono in primo piano le diseguaglianze di salute. Entrambe le prospettive si fondano sulla salda e argomentata convinzione del peso delle determinanti sociali sulla salute delle popolazioni. Tuttavia, i livelli di analisi si situano su prospettive piuttosto differenti. Powers e Faden mettono al centro della loro riflessione il concetto di benessere e ne individuano le dimensioni costitutive. La giustizia sociale per loro consiste nel fatto che ogni persona possa raggiungere un livello minimo in ogni dimensione del benessere da loro proposta. I due raggiungono questa proposta attraverso una critica di altre concezioni, in primis quella egalitarista in senso stretto e quella libertaria, ma in parte anche la concezione del Principio di differenza proposta da Rawls. E in effetti, Powers e Faden sono molto più vicini alla concretezza e alla visione sociologica presente in Sen e Nussbaum, piuttosto che all’algida e “perfetta” costruzione teorica del filosofo della Teoria della giustizia. Tuttavia, da loro si distaccano per l’attenzione all’applicazione organizzativa, a livello meso, delle loro acquisizioni. L’indagine di Farmer si muove invece su un piano macro, ma basata su conoscenze ed esperienze vissute. Farmer, attraverso delle storie di cui è stato testimone e protagonista, denuncia i soprusi e le tragedie della violenza strutturale. Fattori economici e sociali, ma soprattutto economici, vincolano e riducono e a volte annullano le possibilità di azione delle persone, conducendole verso un destino ineludibile. Compito dello studioso è denunciare questi meccanismi svelandone il carattere contingente e fondato su un particolare sistema economico, che invece spesso viene scambiato come sfondo imprescindibile e “dato”. Le proposte si situano su due fronti differenti, oltre che epistemologici, anche ideologici: più riformisti Powers e Faden, più radical Farmer. Prendere in considerazione entrambe le prospettive, cercando di mescolarle e contaminarle, pur salvandone le specificità, allo stesso tempo allarga e focalizza le prospettive di analisi fondate sulla giustizia sociale.
A. Maturo (2012). Giustizia sociale tra svantaggio sistematico e violenza strutturale: le prospettive di Powers/Faden e Farmer. MILANO : FrancoAngeli Editore.
Giustizia sociale tra svantaggio sistematico e violenza strutturale: le prospettive di Powers/Faden e Farmer
MATURO, ANTONIO FRANCESCO
2012
Abstract
La giustizia sociale è un concetto che presenta molteplici accezioni a seconda di quale autore, istituzione, personalità lo proponga e a seconda del contesto nel quale viene utilizzato [Maturo 2012]. Ciò è vero anche nel caso di studiosi che si occupano dello stesso ambito di studio e intervento come, da un lato, Madison Powers e Ruth Faden, e dall’altro, Paul Farmer. Questi studiosi pongono in primo piano le diseguaglianze di salute. Entrambe le prospettive si fondano sulla salda e argomentata convinzione del peso delle determinanti sociali sulla salute delle popolazioni. Tuttavia, i livelli di analisi si situano su prospettive piuttosto differenti. Powers e Faden mettono al centro della loro riflessione il concetto di benessere e ne individuano le dimensioni costitutive. La giustizia sociale per loro consiste nel fatto che ogni persona possa raggiungere un livello minimo in ogni dimensione del benessere da loro proposta. I due raggiungono questa proposta attraverso una critica di altre concezioni, in primis quella egalitarista in senso stretto e quella libertaria, ma in parte anche la concezione del Principio di differenza proposta da Rawls. E in effetti, Powers e Faden sono molto più vicini alla concretezza e alla visione sociologica presente in Sen e Nussbaum, piuttosto che all’algida e “perfetta” costruzione teorica del filosofo della Teoria della giustizia. Tuttavia, da loro si distaccano per l’attenzione all’applicazione organizzativa, a livello meso, delle loro acquisizioni. L’indagine di Farmer si muove invece su un piano macro, ma basata su conoscenze ed esperienze vissute. Farmer, attraverso delle storie di cui è stato testimone e protagonista, denuncia i soprusi e le tragedie della violenza strutturale. Fattori economici e sociali, ma soprattutto economici, vincolano e riducono e a volte annullano le possibilità di azione delle persone, conducendole verso un destino ineludibile. Compito dello studioso è denunciare questi meccanismi svelandone il carattere contingente e fondato su un particolare sistema economico, che invece spesso viene scambiato come sfondo imprescindibile e “dato”. Le proposte si situano su due fronti differenti, oltre che epistemologici, anche ideologici: più riformisti Powers e Faden, più radical Farmer. Prendere in considerazione entrambe le prospettive, cercando di mescolarle e contaminarle, pur salvandone le specificità, allo stesso tempo allarga e focalizza le prospettive di analisi fondate sulla giustizia sociale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.