Negli ultimi anni, in Italia, il consumo di farmaci antidepressivi è aumentato considerevolmente. In altri paesi europei e soprattutto negli Stati Uniti i farmaci per i disturbi per l’umore sono tra i più venduti. È possibile che i mutamento sociali, il crescere della precarietà lavorativa e altre forme di incertezza abbiano contribuito in modo consistente alla diffusione di questa “epidemia”. Da un altro canto, è tuttavia certo che i criteri attraverso cui vengono costruire le diagnosi dei disturbi mentali, soprattutto lievi, hanno allargato l’estensione di ciò che può essere considerato come patologico. Nelle ultime versioni del DSM, il manuale diagnostico-statistico delle malattie mentali, è enormemente cresciuto il numero delle sindromi, ovvero malattie di cui non si conoscono le cause e che vengono descritte solamente attraverso i loro sintomi. Negli Stati Uniti, negli anni novanta si parlava di Prozac Nation per indicare il processo di medicalizzazione della tristezza [Wurtzel 1995]. Oggi, anche in Italia, l’attenzione per il benessere emotivo sembra essere aumentata. Da un lato, appunto, assistiamo a una crescente patologizzazione di ciò che fino a poco tempo fa era “normale”, dall’altro, la biomedicina ha esteso il suo sguardo anche sul “migliorabile”. Inoltre, sembra che anche le persone tollerino sempre meno imperfezioni, inestetismi, ansie. La pubblicità e l’informazione scientifica agiscono da moltiplicatore di questa tendenza. Ci stiamo forse avviando verso una società nella quale l’intervento tecnologico diviene sempre più importante per la conquista del benessere emotivo? Una società “bionica” nella quale la biomedicina e la genetica aprono nuove possibilità di intervento e di modifica sull’umano? Molti segni sembrano condurre in questa direzione.

A. Maturo (2011). Scomparsa della tristezza e farmacologizzazione nella società bionica. MILANO : FrancoAngeli Editore.

Scomparsa della tristezza e farmacologizzazione nella società bionica

MATURO, ANTONIO FRANCESCO
2011

Abstract

Negli ultimi anni, in Italia, il consumo di farmaci antidepressivi è aumentato considerevolmente. In altri paesi europei e soprattutto negli Stati Uniti i farmaci per i disturbi per l’umore sono tra i più venduti. È possibile che i mutamento sociali, il crescere della precarietà lavorativa e altre forme di incertezza abbiano contribuito in modo consistente alla diffusione di questa “epidemia”. Da un altro canto, è tuttavia certo che i criteri attraverso cui vengono costruire le diagnosi dei disturbi mentali, soprattutto lievi, hanno allargato l’estensione di ciò che può essere considerato come patologico. Nelle ultime versioni del DSM, il manuale diagnostico-statistico delle malattie mentali, è enormemente cresciuto il numero delle sindromi, ovvero malattie di cui non si conoscono le cause e che vengono descritte solamente attraverso i loro sintomi. Negli Stati Uniti, negli anni novanta si parlava di Prozac Nation per indicare il processo di medicalizzazione della tristezza [Wurtzel 1995]. Oggi, anche in Italia, l’attenzione per il benessere emotivo sembra essere aumentata. Da un lato, appunto, assistiamo a una crescente patologizzazione di ciò che fino a poco tempo fa era “normale”, dall’altro, la biomedicina ha esteso il suo sguardo anche sul “migliorabile”. Inoltre, sembra che anche le persone tollerino sempre meno imperfezioni, inestetismi, ansie. La pubblicità e l’informazione scientifica agiscono da moltiplicatore di questa tendenza. Ci stiamo forse avviando verso una società nella quale l’intervento tecnologico diviene sempre più importante per la conquista del benessere emotivo? Una società “bionica” nella quale la biomedicina e la genetica aprono nuove possibilità di intervento e di modifica sull’umano? Molti segni sembrano condurre in questa direzione.
2011
Sociologia del benessere
82
98
A. Maturo (2011). Scomparsa della tristezza e farmacologizzazione nella società bionica. MILANO : FrancoAngeli Editore.
A. Maturo
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