Molti si interrogano in questi giorni circa la questione della riforma della cittadinanza e della condizione degli stranieri immigrati in Italia, posta dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e ritenuta dai più eterogenea rispetto ai temi centrali ed urgenti che interessano il Paese in profonda crisi economica. Basta però guardare indietro al succedersi dei precedenti governi per capire che la questione tanto eterogenea non è. Occorre prendere atto che tale riforma è stata sempre all’ordine del giorno dei governi appena entrati in carica e di conseguenza riflettere sulle ragioni profonde che fanno di questo tema una sorta di carta programmatica dei governi del cambiamento. La prima normativa organica sulla condizione dello straniero in Italia è contenuta nel T.U. del 1998, che riprende e cristallizza l’intervento normativo noto come “legge Turco-Napolitano”. Il che ci conferma quanto la questione stia a cuore all’attuale Presidente. Quel testo unico è rimasto la pietra angolare della disciplina, poi riformata dalla legge nota come “Bossi-Fini”, che ha inciso con interventi restrittivi sulla regolamentazione dei flussi migratori, ma ha lasciato a ragione invariata la prima parte relativa ai diritti ed ai doveri degli stranieri. Ancora, particolare risonanza ebbe il progetto Amato-Ferrero del 2006 di riforma della cittadinanza, che era quasi giunto ad approvazione ed affondò con la caduta del governo Prodi, ed infine ci ritroviamo di fronte alla stessa questione col governo Monti nuovo di zecca. Sembra dunque che sul terreno della cittadinanza e della condizione giuridica dello straniero passi un confronto che va oltre la specifica questione, per toccare, attraverso una sorta di cartina di tornasole e pur senza nominarla espressamente, la questione centrale dei diritti e dei doveri dei cittadini. Se parliamo dei diritti e dei doveri degli stranieri che aspirano a diventare cittadini, finiamo per parlare insomma dei diritti e dei doveri di tutti e dunque per affrontare - senza suscitare ad un primo impatto eccessivo scalpore - quella prima nevralgica parte della nostra Costituzione, che tanto ci sta a cuore. La proposta del Presidente Napolitano è quella di introdurre l’acquisto jure soli da parte degli straneri “di seconda generazione”, vale a dire dei figli di stranieri immigrati, che siano nati in Italia. Si tratterebbe di una vera rivoluzione copernicana? Forse è il caso di riflettere sul fatto che noi siamo già jure soli “cittadini europei”. Infatti il Trattato CEE, cosí come modificato dall'accordo di Maastricht del 1992 e da quello di Lisbona del 2007, ha introdotto la “cittadinanza dell'Unione”. L'art.20 TFUE stabilisce infatti che “è istituita una cittadinanza dell'Unione. È cittadino dell'Unione chiunque abbia cittadinanza in uno Stato membro”. Nasce cosí lo status di cittadino comunitario, che sin dall'inizio si manifesta come una condizione destinata a non restare pura definizione o generico attributo nominale, ma a riempirsi di contenuti e di significati assai notevoli. Prosegue, infatti, l'art.20: “i cittadini dell'Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doversi previsti dal presente trattato”, e di seguito ci rammenta che ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. In definitiva, nessuno degli appartenenti agli Stati dell’unione è più straniero nei Paesi che ne fanno parte, ma è cittadino europeo per essere cittadino appartenente al territorio dell’Unione Europea. L'Unione Europea completa cosí i tratti di giuridicità del proprio ordinamento, associando al territorio un popolo, non separato da barriere nazionali, ma accomunato dalla appartenenza all'Unione medesima e dalla attribuzione di una specifica e propria cittadinanza, quella europea. Considerata anche la progressiva estensione della libertà di circolazione ai familiari stranieri di cittadini europei, occorrerebbe quindi aprire i confini della rifless...

D.Memmo (2012). Cittadini e stranieri nel diritto privato della modernità. TORINO : Giappichelli.

Cittadini e stranieri nel diritto privato della modernità

MEMMO, DANIELA
2012

Abstract

Molti si interrogano in questi giorni circa la questione della riforma della cittadinanza e della condizione degli stranieri immigrati in Italia, posta dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e ritenuta dai più eterogenea rispetto ai temi centrali ed urgenti che interessano il Paese in profonda crisi economica. Basta però guardare indietro al succedersi dei precedenti governi per capire che la questione tanto eterogenea non è. Occorre prendere atto che tale riforma è stata sempre all’ordine del giorno dei governi appena entrati in carica e di conseguenza riflettere sulle ragioni profonde che fanno di questo tema una sorta di carta programmatica dei governi del cambiamento. La prima normativa organica sulla condizione dello straniero in Italia è contenuta nel T.U. del 1998, che riprende e cristallizza l’intervento normativo noto come “legge Turco-Napolitano”. Il che ci conferma quanto la questione stia a cuore all’attuale Presidente. Quel testo unico è rimasto la pietra angolare della disciplina, poi riformata dalla legge nota come “Bossi-Fini”, che ha inciso con interventi restrittivi sulla regolamentazione dei flussi migratori, ma ha lasciato a ragione invariata la prima parte relativa ai diritti ed ai doveri degli stranieri. Ancora, particolare risonanza ebbe il progetto Amato-Ferrero del 2006 di riforma della cittadinanza, che era quasi giunto ad approvazione ed affondò con la caduta del governo Prodi, ed infine ci ritroviamo di fronte alla stessa questione col governo Monti nuovo di zecca. Sembra dunque che sul terreno della cittadinanza e della condizione giuridica dello straniero passi un confronto che va oltre la specifica questione, per toccare, attraverso una sorta di cartina di tornasole e pur senza nominarla espressamente, la questione centrale dei diritti e dei doveri dei cittadini. Se parliamo dei diritti e dei doveri degli stranieri che aspirano a diventare cittadini, finiamo per parlare insomma dei diritti e dei doveri di tutti e dunque per affrontare - senza suscitare ad un primo impatto eccessivo scalpore - quella prima nevralgica parte della nostra Costituzione, che tanto ci sta a cuore. La proposta del Presidente Napolitano è quella di introdurre l’acquisto jure soli da parte degli straneri “di seconda generazione”, vale a dire dei figli di stranieri immigrati, che siano nati in Italia. Si tratterebbe di una vera rivoluzione copernicana? Forse è il caso di riflettere sul fatto che noi siamo già jure soli “cittadini europei”. Infatti il Trattato CEE, cosí come modificato dall'accordo di Maastricht del 1992 e da quello di Lisbona del 2007, ha introdotto la “cittadinanza dell'Unione”. L'art.20 TFUE stabilisce infatti che “è istituita una cittadinanza dell'Unione. È cittadino dell'Unione chiunque abbia cittadinanza in uno Stato membro”. Nasce cosí lo status di cittadino comunitario, che sin dall'inizio si manifesta come una condizione destinata a non restare pura definizione o generico attributo nominale, ma a riempirsi di contenuti e di significati assai notevoli. Prosegue, infatti, l'art.20: “i cittadini dell'Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doversi previsti dal presente trattato”, e di seguito ci rammenta che ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. In definitiva, nessuno degli appartenenti agli Stati dell’unione è più straniero nei Paesi che ne fanno parte, ma è cittadino europeo per essere cittadino appartenente al territorio dell’Unione Europea. L'Unione Europea completa cosí i tratti di giuridicità del proprio ordinamento, associando al territorio un popolo, non separato da barriere nazionali, ma accomunato dalla appartenenza all'Unione medesima e dalla attribuzione di una specifica e propria cittadinanza, quella europea. Considerata anche la progressiva estensione della libertà di circolazione ai familiari stranieri di cittadini europei, occorrerebbe quindi aprire i confini della rifless...
2012
197
9788834827369
D.Memmo (2012). Cittadini e stranieri nel diritto privato della modernità. TORINO : Giappichelli.
D.Memmo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/118219
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