Il riciclo delle biomasse in agricoltura è da sempre la via naturale ed ecologicamente corretta per la chiusura dei principali cicli biogeochimici degli elementi, a partire dal carbonio organico, e il recupero degli elementi della fertilità. Per le biomasse aziendali, agroindustriali e di origine urbana, per i compost e i fanghi di depurazione derivanti dal trattamento di acque reflue urbane, il suolo deve rappresentare il luogo d’eccellenza per una completa valorizzazione. L’uomo per millenni ha sfruttato questo principio e ancora oggi nei Paesi con basso impiego di fertilizzanti di sintesi è alla base dell’agricoltura e del sostentamento di miliardi di individui sul Pianeta. Paradossalmente nella moderna agricoltura questo sacrosanto principio, anzichè essere sostenuto e incoraggiato, trova sempre maggiori ostacoli nel trasferimento pratico per ragioni indipendenti dalla qualità delle biomasse. Di fatto si è perso di vista che la destinazione finale delle biomasse è il suolo, mirabile digestore naturale, e del quale conosciamo sempre più a fondo i meccanismi fisico-chimici, biologici e biochimici soprattutto della rizosfera che è la parte direttamente coinvolta nei processi di assimilazione degli elementi. E’ vero che le biomasse di riciclo contengono, o possono contenere, metalli pesanti, xenobiotici o altre sostanze indesiderate, ma non è questo che deve pregiudicarne a priori l’impiego. Si tratta di accertarne la concentrazione e di verificare fino a che punto è compatibile con le caratteristiche dei suoli e delle colture. La sola presenza di per sè dice poco o nulla. La scarsa conoscenza del suolo ha generato, e purtroppo continua a generare, norme aberranti che anzichè favorire il riciclo delle biomasse nel terreno ne allontana pretestuosamente la possibilità, in nome del sacrosanto principio di precauzione applicato al suolo in maniera del tutto impropria. Ecco allora comparire, ad esempio in norme regionali parametri inutili, scientificamente insostenibili, che di fatto precludono l’impiego agronomico anche di biomasse bi buona qualità. Il risultato è quello di aumentare la quota da destinare a discarica, proprio il contrario degli indirizzi provenienti dalle direttive comunitarie. Le biomasse di riciclo possono essere perfettamente compatibili con un’agricoltura e un ambiente di qualità: occorre semplicemente lasciarne la gestione a coloro che si occupano del sistema suolo-pianta. L’insufficiente presenza nelle sedi normative di esperti di questo settore, il loro scarso peso nelle decisioni, sono tra le principali cause dell’emanazione di norme che impediscono il completo e razionale recupero delle biomasse in agricoltura. Occorre aumentare gli sforzi per invertire questa pericolosa tendenza per far sì che gli studiosi della scienza del suolo si riapproprino degli spazi di loro specifica pertinenza scientifica.
C. Ciavatta (2005). Il riciclo delle biomasse nel terzo millennio per un’agricoltura e un ambiente di qualità.. BARI : Selecto s.r.l..
Il riciclo delle biomasse nel terzo millennio per un’agricoltura e un ambiente di qualità.
CIAVATTA, CLAUDIO
2005
Abstract
Il riciclo delle biomasse in agricoltura è da sempre la via naturale ed ecologicamente corretta per la chiusura dei principali cicli biogeochimici degli elementi, a partire dal carbonio organico, e il recupero degli elementi della fertilità. Per le biomasse aziendali, agroindustriali e di origine urbana, per i compost e i fanghi di depurazione derivanti dal trattamento di acque reflue urbane, il suolo deve rappresentare il luogo d’eccellenza per una completa valorizzazione. L’uomo per millenni ha sfruttato questo principio e ancora oggi nei Paesi con basso impiego di fertilizzanti di sintesi è alla base dell’agricoltura e del sostentamento di miliardi di individui sul Pianeta. Paradossalmente nella moderna agricoltura questo sacrosanto principio, anzichè essere sostenuto e incoraggiato, trova sempre maggiori ostacoli nel trasferimento pratico per ragioni indipendenti dalla qualità delle biomasse. Di fatto si è perso di vista che la destinazione finale delle biomasse è il suolo, mirabile digestore naturale, e del quale conosciamo sempre più a fondo i meccanismi fisico-chimici, biologici e biochimici soprattutto della rizosfera che è la parte direttamente coinvolta nei processi di assimilazione degli elementi. E’ vero che le biomasse di riciclo contengono, o possono contenere, metalli pesanti, xenobiotici o altre sostanze indesiderate, ma non è questo che deve pregiudicarne a priori l’impiego. Si tratta di accertarne la concentrazione e di verificare fino a che punto è compatibile con le caratteristiche dei suoli e delle colture. La sola presenza di per sè dice poco o nulla. La scarsa conoscenza del suolo ha generato, e purtroppo continua a generare, norme aberranti che anzichè favorire il riciclo delle biomasse nel terreno ne allontana pretestuosamente la possibilità, in nome del sacrosanto principio di precauzione applicato al suolo in maniera del tutto impropria. Ecco allora comparire, ad esempio in norme regionali parametri inutili, scientificamente insostenibili, che di fatto precludono l’impiego agronomico anche di biomasse bi buona qualità. Il risultato è quello di aumentare la quota da destinare a discarica, proprio il contrario degli indirizzi provenienti dalle direttive comunitarie. Le biomasse di riciclo possono essere perfettamente compatibili con un’agricoltura e un ambiente di qualità: occorre semplicemente lasciarne la gestione a coloro che si occupano del sistema suolo-pianta. L’insufficiente presenza nelle sedi normative di esperti di questo settore, il loro scarso peso nelle decisioni, sono tra le principali cause dell’emanazione di norme che impediscono il completo e razionale recupero delle biomasse in agricoltura. Occorre aumentare gli sforzi per invertire questa pericolosa tendenza per far sì che gli studiosi della scienza del suolo si riapproprino degli spazi di loro specifica pertinenza scientifica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.