In questo capitolo si presenta l’analisi di un video-saggio il quale affronta il conflitto israelo-palestinese da una prospettiva particolare, e cioè provando a raccontare lo spazio extraterritoriale dei campi profughi palestinesi. Per quanto, dunque, X-Mission di Ursula Biemann, artista, curatrice e anche critica svizzera, non sia un esempio direttamente ascrivibile al genere del documentario, in ogni caso dialoga con le questioni poste dalla rappresentazione visiva della memoria, dei suoi spazi e delle sue immagini. I lavori di Biemann da sempre, infatti, interrogano direttamente i modi di documentazione del reale e il ruolo dell’artista come testimone, qui alle prese con un oggetto, il campo, ma anche la figura del profugo, che viene ricomposto attraverso ulteriori testimonianze di “esperti”: avvocati, architetti, giornalisti, antropologi. X-Mission non si propone di ricostruire una memoria, né Biemann intende assegnare ai palestinesi il ruolo esplicito di vittime, ma le strategie di mantenimento e di costruzione di una identità che si basa sull’extraterritoralità propria dei campi profughi, sono in ogni caso segnate dal trauma che si può subire nell’essere esservi confinati, e spesso si affidano alla memoria mitica e mitizzata di una condizione perduta.
C. Demaria (2011). Rappresentare l'extraterritoriale: la contro-geografia visuale di Ursula Biemann. BOLOGNA : I libri di Emil.
Rappresentare l'extraterritoriale: la contro-geografia visuale di Ursula Biemann
DEMARIA, CRISTINA
2011
Abstract
In questo capitolo si presenta l’analisi di un video-saggio il quale affronta il conflitto israelo-palestinese da una prospettiva particolare, e cioè provando a raccontare lo spazio extraterritoriale dei campi profughi palestinesi. Per quanto, dunque, X-Mission di Ursula Biemann, artista, curatrice e anche critica svizzera, non sia un esempio direttamente ascrivibile al genere del documentario, in ogni caso dialoga con le questioni poste dalla rappresentazione visiva della memoria, dei suoi spazi e delle sue immagini. I lavori di Biemann da sempre, infatti, interrogano direttamente i modi di documentazione del reale e il ruolo dell’artista come testimone, qui alle prese con un oggetto, il campo, ma anche la figura del profugo, che viene ricomposto attraverso ulteriori testimonianze di “esperti”: avvocati, architetti, giornalisti, antropologi. X-Mission non si propone di ricostruire una memoria, né Biemann intende assegnare ai palestinesi il ruolo esplicito di vittime, ma le strategie di mantenimento e di costruzione di una identità che si basa sull’extraterritoralità propria dei campi profughi, sono in ogni caso segnate dal trauma che si può subire nell’essere esservi confinati, e spesso si affidano alla memoria mitica e mitizzata di una condizione perduta.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.