Riflettere sul New Brutalism nelle sue accezioni storiografiche, compositive o rappresentative, appare fuorviante se non si delinea con chiarezza l’orizzonte operativo entro il quale motivare le ragioni di una sua qualsivoglia critica. In primo luogo, in un periodo contrassegnato dal logoramento del pensiero teorico, l’ipocrita riscoperta di correnti storiche e la superflua identificazione con gli attuali episodi contemporanei risulta inefficace e pericolosamente deviante, rischiando di avvalorare improbabili similitudini. Altresì inutile diviene nello specifico il tentativo, meramente documentaristico, di stabilire le ambigue e a tutt’oggi incerte radici del termine, trattandosi di una produzione architettonica che si muove trasversalmente inglobando componenti megastrutturali, informali ed espressioniste. La semplificazione di Nikolaus Pevsner che asserisce “a term coined in England in 1954 to characterize the style of Le Corbusier at the moment of Marseille and Chandigarh, and the style of those inspired by such buildings” non trova diretta corrispondenza né con l’affermazione di Banham che lascia l’origine del termine nel limbo dell’incertezza, né con la successiva verifica di Kenneth Frampton, per cui “while the work of Edman and Holm have sparked the invention of the term ‘New Brutalism’” esso appare comunque di difficile attribuzione. Ogni tentativo di storicizzazione genera evidentemente imbarazzanti disguidi, incapaci di inquadrare il reale portato del “nuovo brutalismo” rispetto alle problematiche contemporanee. Una prospettiva rivolta al passato per considerare a ritroso l’opera del “nuovo brutalismo” equivale a mettere luce su quel particolare e circoscritto passaggio, che ha contrassegnato la presa di coscienza da parte di alcuni architetti chiamati a rispondere alle problematiche della società del proprio tempo attraverso un diverso orientamento, costringendo a riformulare il significato dei mezzi con i quali articolare la struttura portante del progetto d’architettura. Le modalità con cui quel passaggio critico si è attuato sono rimaste spesso sepolte sotto i dati puramente analitici del fenomeno. Una rivalutazione permette di ritrovare strumenti ancora attuali per agire nell’indeterminatezza che contraddistingue questo nostro tempo. Non saranno riferimenti linguistici o rimandi formali a giustificare una rilettura del pensiero neobrutalista, quanto la comprensione di quelle scelte e impostazioni adottate in un preciso momento storico, nel quale fu necessario prendere posizione rispetto al proprio presente. In questa accezione allora si giustifica lo sguardo regressivo, per andare oltre lo stato di disagio in cui l’architettura si ritrova, implicando una netta rottura sulla linea di quanto, in termini strettamente metodologici, è già avvenuto in certi periodi della nostra, altrettanto inquieta, storia recente. Scopo di questo saggio dunque non è una esaltazione del neobrutalismo. Quel che interessa è una sua critica per giungere ad una contestazione degli atteggiamenti prevalenti della contemporaneità.

Il problema di una ridefinizione del linguaggio architettonico / M. Agnoletto. - STAMPA. - (2011), pp. 96-103.

Il problema di una ridefinizione del linguaggio architettonico

AGNOLETTO, MATTEO
2011

Abstract

Riflettere sul New Brutalism nelle sue accezioni storiografiche, compositive o rappresentative, appare fuorviante se non si delinea con chiarezza l’orizzonte operativo entro il quale motivare le ragioni di una sua qualsivoglia critica. In primo luogo, in un periodo contrassegnato dal logoramento del pensiero teorico, l’ipocrita riscoperta di correnti storiche e la superflua identificazione con gli attuali episodi contemporanei risulta inefficace e pericolosamente deviante, rischiando di avvalorare improbabili similitudini. Altresì inutile diviene nello specifico il tentativo, meramente documentaristico, di stabilire le ambigue e a tutt’oggi incerte radici del termine, trattandosi di una produzione architettonica che si muove trasversalmente inglobando componenti megastrutturali, informali ed espressioniste. La semplificazione di Nikolaus Pevsner che asserisce “a term coined in England in 1954 to characterize the style of Le Corbusier at the moment of Marseille and Chandigarh, and the style of those inspired by such buildings” non trova diretta corrispondenza né con l’affermazione di Banham che lascia l’origine del termine nel limbo dell’incertezza, né con la successiva verifica di Kenneth Frampton, per cui “while the work of Edman and Holm have sparked the invention of the term ‘New Brutalism’” esso appare comunque di difficile attribuzione. Ogni tentativo di storicizzazione genera evidentemente imbarazzanti disguidi, incapaci di inquadrare il reale portato del “nuovo brutalismo” rispetto alle problematiche contemporanee. Una prospettiva rivolta al passato per considerare a ritroso l’opera del “nuovo brutalismo” equivale a mettere luce su quel particolare e circoscritto passaggio, che ha contrassegnato la presa di coscienza da parte di alcuni architetti chiamati a rispondere alle problematiche della società del proprio tempo attraverso un diverso orientamento, costringendo a riformulare il significato dei mezzi con i quali articolare la struttura portante del progetto d’architettura. Le modalità con cui quel passaggio critico si è attuato sono rimaste spesso sepolte sotto i dati puramente analitici del fenomeno. Una rivalutazione permette di ritrovare strumenti ancora attuali per agire nell’indeterminatezza che contraddistingue questo nostro tempo. Non saranno riferimenti linguistici o rimandi formali a giustificare una rilettura del pensiero neobrutalista, quanto la comprensione di quelle scelte e impostazioni adottate in un preciso momento storico, nel quale fu necessario prendere posizione rispetto al proprio presente. In questa accezione allora si giustifica lo sguardo regressivo, per andare oltre lo stato di disagio in cui l’architettura si ritrova, implicando una netta rottura sulla linea di quanto, in termini strettamente metodologici, è già avvenuto in certi periodi della nostra, altrettanto inquieta, storia recente. Scopo di questo saggio dunque non è una esaltazione del neobrutalismo. Quel che interessa è una sua critica per giungere ad una contestazione degli atteggiamenti prevalenti della contemporaneità.
2011
Architettura estrema. Il Neobrutalismo alla prova della contemporaneità
96
103
Il problema di una ridefinizione del linguaggio architettonico / M. Agnoletto. - STAMPA. - (2011), pp. 96-103.
M. Agnoletto
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