Tra i fenomeni che hanno segnato il passaggio dall'era industriale alla realtà post-industriale vi è l'assunzione di un peso sempre maggiore dello spazio urbano, come centro di quei processi di consumo all'interno dei quali anche la cultura ormai si colloca. Le città tendono così a diventare degli immensi contenitori di beni, servizi e immagini che devono essere organizzati o ri-organizzati in funzione della radicale ridefinizione delle strutture della vita quotidiana. La città-non-stop, senza sonno, senza riposo, della quale Tokyo è l'epitome, diventa il modello di riferimento al quale tendono piccoli e grandi centri urbani. Un labirinto metropolitano nel quale l'uomo, come monade, può solamente smarrirsi: uno spazio che vede dissolversi il confine tra l’astratto e il quotidiano, tra i margini e il centro, tra il reale e il virtuale. Corpi di un’architettura sempre più fine a se stessa, corpi di donne e di uomini che li abitano, li percorrono. Sorta di contenitori in cemento e acciaio di sentimenti, desideri, paure, le città iper-moderne reali e immaginate vedono presente e futuro intrecciarsi con un passato che, proprio nel momento in cui i suoi moduli vengono stravolti, inizia una nuova vita, come traccia isolata, e solitaria, silente memoria. Passato, presente e futuro si rincorrono nel dedalo delle strade soffocate da una nuova entità (ab-umana? iper-umana?), la folla. Il contatto con questa proteiforme alterità, la vicinanza fisica con il corpo dell'Altro, inducono ebbrezza e abisso, esaltazione e disorientamento. Alienazione. Ossessione. Follia.
P. Scrolavezza (2011). Spazio urbano e spazio della scrittura: città reali, possibili, immaginate. ROMA : Ginevra Bentivoglio EditoriA.
Spazio urbano e spazio della scrittura: città reali, possibili, immaginate
SCROLAVEZZA, PAOLA
2011
Abstract
Tra i fenomeni che hanno segnato il passaggio dall'era industriale alla realtà post-industriale vi è l'assunzione di un peso sempre maggiore dello spazio urbano, come centro di quei processi di consumo all'interno dei quali anche la cultura ormai si colloca. Le città tendono così a diventare degli immensi contenitori di beni, servizi e immagini che devono essere organizzati o ri-organizzati in funzione della radicale ridefinizione delle strutture della vita quotidiana. La città-non-stop, senza sonno, senza riposo, della quale Tokyo è l'epitome, diventa il modello di riferimento al quale tendono piccoli e grandi centri urbani. Un labirinto metropolitano nel quale l'uomo, come monade, può solamente smarrirsi: uno spazio che vede dissolversi il confine tra l’astratto e il quotidiano, tra i margini e il centro, tra il reale e il virtuale. Corpi di un’architettura sempre più fine a se stessa, corpi di donne e di uomini che li abitano, li percorrono. Sorta di contenitori in cemento e acciaio di sentimenti, desideri, paure, le città iper-moderne reali e immaginate vedono presente e futuro intrecciarsi con un passato che, proprio nel momento in cui i suoi moduli vengono stravolti, inizia una nuova vita, come traccia isolata, e solitaria, silente memoria. Passato, presente e futuro si rincorrono nel dedalo delle strade soffocate da una nuova entità (ab-umana? iper-umana?), la folla. Il contatto con questa proteiforme alterità, la vicinanza fisica con il corpo dell'Altro, inducono ebbrezza e abisso, esaltazione e disorientamento. Alienazione. Ossessione. Follia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.