Tawada Yoko nasce a Tokyo nel 1960. Studia letteratura russa e tedesca all’università Waseda e nel 1982 si trasferisce in Germania, ad Amburgo, dove consegue un master in letteratura tedesca. Pubblica romanzi, racconti e raccolte di poesie sia in giapponese che in tedesco, ottenendo un immediato successo di pubblico e vincendo numerosi premi letterari, in Giappone, in Germania e negli Stati Uniti. Autore in bilico fra due mondi e due culture, la sua scrittura nasce dalla dissoluzione e dal superamento dei confini geografico-spaziali in una sorta di “terzo spazio” trans-culturale immaginato. Qui i limiti e le possibilità comunicative della parola sembrano espandersi, sfidando il lettore ad avventurarsi in nuovi percorsi ermeneutici e interpretativi. Se il soggetto migrante costruisce e descrive nuove identità, allora la “migrazione” è un processo creativo, un’esperienza che si fa parola letteraria in quella sorta di ideale “terzo spazio”, interculturale – o meglio trans-culturale – che si crea e colloca nell’intervallo fra il paese d’origine e la terra d’adozione. L’opera di Tawada Yoko, in questo senso, può considerarsi parte di quella che viene definita “scrittura femminile della migrazione”, all’interno della quale è prima di tutto il linguaggio a svolgere una funzione di primaria importanza, nella misura in cui il problema dell’identità viene affrontato nell’interazione fra la lingua madre e quella del paese ospitante. Tawada sulla base del ricordo di una cultura del paese d’origine che sente incisa nel proprio stesso corpo, e che vuole tra-durre nel nuovo contesto in cui vive, ripensa e cerca di comprendere più in profondità le proprie radici, assumendo il punto di vista dell’Altro. Il presente studio si propone di analizzare in quest’ottica il romanzo Inu muko iri (“The Bridegroom was a dog”), che si avvale della tecnica della ri-scrittura di un famosissimo racconto appartenente al folklore giapponese, La moglie gru, per attuare un provocatorio rovesciamento di ruoli di genere e valori tradizionali in un contesto che è contemporaneamente femminista e post-moderno. Così facendo, l’autrice crea uno stile letterario “diverso”, dove la realtà viene descritta attraverso il simbolo (Oe Kenzaburo,1989). Processo reso possibile dall’esperienza della migrazione: lasciare il Sol Levante significa riuscire a mettere in discussione il mito dell’unicità giapponese, legato all’insularità – e all’isolamento – del paese, e acquisire consapevolezza di come l’identità di genere sia fluida, non rigidamente definita e fissata (Yuko Yamade, 2002). Tawada cerca consapevolmente un allontanamento dalla lingua madre, allo scopo di creare un gap fra le lingue dove poter dare libero sfogo alla propria fantasia creativa: scrivere fiction in tedesco e tradurla poi in giapponese, o viceversa, le consente di creare uno spazio ambivalente e immaginario che non appartiene alla tradizione letteraria di nessuno dei due paesi. In altre parole, usa la tensione fra lingua giapponese e lingua tedesca come nucleo di ispirazione, o come varco creativo. E l’apprendimento di una lingua straniera diventa lo strumento attraverso il quale Tawada è in grado di ri-scoprire la madre lingua. E tramite questa, la cultura.

Straniera, dappertutto: la ri-scoperta dell'immaginario culturale giapponese in Inu muko iri di Tawada Yoko / P. Scrolavezza. - STAMPA. - (2010), pp. 313-321.

Straniera, dappertutto: la ri-scoperta dell'immaginario culturale giapponese in Inu muko iri di Tawada Yoko

SCROLAVEZZA, PAOLA
2010

Abstract

Tawada Yoko nasce a Tokyo nel 1960. Studia letteratura russa e tedesca all’università Waseda e nel 1982 si trasferisce in Germania, ad Amburgo, dove consegue un master in letteratura tedesca. Pubblica romanzi, racconti e raccolte di poesie sia in giapponese che in tedesco, ottenendo un immediato successo di pubblico e vincendo numerosi premi letterari, in Giappone, in Germania e negli Stati Uniti. Autore in bilico fra due mondi e due culture, la sua scrittura nasce dalla dissoluzione e dal superamento dei confini geografico-spaziali in una sorta di “terzo spazio” trans-culturale immaginato. Qui i limiti e le possibilità comunicative della parola sembrano espandersi, sfidando il lettore ad avventurarsi in nuovi percorsi ermeneutici e interpretativi. Se il soggetto migrante costruisce e descrive nuove identità, allora la “migrazione” è un processo creativo, un’esperienza che si fa parola letteraria in quella sorta di ideale “terzo spazio”, interculturale – o meglio trans-culturale – che si crea e colloca nell’intervallo fra il paese d’origine e la terra d’adozione. L’opera di Tawada Yoko, in questo senso, può considerarsi parte di quella che viene definita “scrittura femminile della migrazione”, all’interno della quale è prima di tutto il linguaggio a svolgere una funzione di primaria importanza, nella misura in cui il problema dell’identità viene affrontato nell’interazione fra la lingua madre e quella del paese ospitante. Tawada sulla base del ricordo di una cultura del paese d’origine che sente incisa nel proprio stesso corpo, e che vuole tra-durre nel nuovo contesto in cui vive, ripensa e cerca di comprendere più in profondità le proprie radici, assumendo il punto di vista dell’Altro. Il presente studio si propone di analizzare in quest’ottica il romanzo Inu muko iri (“The Bridegroom was a dog”), che si avvale della tecnica della ri-scrittura di un famosissimo racconto appartenente al folklore giapponese, La moglie gru, per attuare un provocatorio rovesciamento di ruoli di genere e valori tradizionali in un contesto che è contemporaneamente femminista e post-moderno. Così facendo, l’autrice crea uno stile letterario “diverso”, dove la realtà viene descritta attraverso il simbolo (Oe Kenzaburo,1989). Processo reso possibile dall’esperienza della migrazione: lasciare il Sol Levante significa riuscire a mettere in discussione il mito dell’unicità giapponese, legato all’insularità – e all’isolamento – del paese, e acquisire consapevolezza di come l’identità di genere sia fluida, non rigidamente definita e fissata (Yuko Yamade, 2002). Tawada cerca consapevolmente un allontanamento dalla lingua madre, allo scopo di creare un gap fra le lingue dove poter dare libero sfogo alla propria fantasia creativa: scrivere fiction in tedesco e tradurla poi in giapponese, o viceversa, le consente di creare uno spazio ambivalente e immaginario che non appartiene alla tradizione letteraria di nessuno dei due paesi. In altre parole, usa la tensione fra lingua giapponese e lingua tedesca come nucleo di ispirazione, o come varco creativo. E l’apprendimento di una lingua straniera diventa lo strumento attraverso il quale Tawada è in grado di ri-scoprire la madre lingua. E tramite questa, la cultura.
2010
Un'isola in levante. Saggi sul Giappone in onore di Adriana Boscaro
313
321
Straniera, dappertutto: la ri-scoperta dell'immaginario culturale giapponese in Inu muko iri di Tawada Yoko / P. Scrolavezza. - STAMPA. - (2010), pp. 313-321.
P. Scrolavezza
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/115323
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