Le riforme che hanno completamente riscritto il Titolo V della Parte II della Costituzione, incidendo dapprima sull’assetto ordinamentale, poi su quello delle competenze, determinando un autentico capovolgimento delle logiche ispiratrici del modello di Stato “regionale”, per introdurre nel testo costituzionale logiche e criteri allocativi delle competenze propri delle articolazioni statuali su base federale, hanno per lo più interessato il piano formale degli assetti competenziali, ma non sono state in grado di incidere su quelle “prassi applicative” che hanno da sempre caratterizzato lo svolgimento del regionalismo italiano, nel senso di una marcata preminenza delle istanze di unità ed indivisibilità su quelle autonomiste su base territoriale. Quelle logiche avevano invero già contribuito a depotenziare le numerose previsioni costituzionali in senso marcatamente autonomista – basti pensare al modello di amministrazione “sussidiaria” già proposto dal Costituente nelle forme dell’amministrazione indiretta – cosicché, nonostante il mutamento del dato testuale, non possono non riproporsi nell’odierno diritto regionale “vivente”, mediante diversi percorsi di unificazione o, più propriamente, di ricentralizzazione, che si è tentato di analizzare in questo volume, seppur senza alcuna pretesa di esaustività. Questi percorsi costituiscono significativi momenti di controtendenza rispetto al dato costituzionale formale, che intendeva invece muoversi nella direzione della valorizzazione delle istanze autonomiste e sussidiarie. Cosicché, sembrano prevalere le istanze di vivificazione del testo costituzionale – normalmente perseguite secondo un processo circolare di attuazione che vede coinvolti il legislatore ordinario ed il giudice costituzionale – che paiono talvolta andare, opportunamente, nel senso della volontà di riassestare dinamiche di eccessivo decentramento, ma che muovono spesso nel senso di una forse eccessiva ricentralizzazione. Basterà citare al riguardo il richiamo della Corte costituzionale in occasione della sentenza n. 22 del 2012, ove si evidenzia che “lo Stato, pur trattenendo per sé le funzioni (…), ne accolla i costi alle Regioni”, così da offrire “una risposta non coerente con il dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost.”.
M. Belletti (2012). Percorsi di ricentralizzazione del regionalismo italiano nella giurisprudenza costituzionale. Tra tutela di valori fondamentali, esigenze strategiche e di coordinamento della finanza pubblica. ROMA : Aracne.
Percorsi di ricentralizzazione del regionalismo italiano nella giurisprudenza costituzionale. Tra tutela di valori fondamentali, esigenze strategiche e di coordinamento della finanza pubblica
BELLETTI, MICHELE
2012
Abstract
Le riforme che hanno completamente riscritto il Titolo V della Parte II della Costituzione, incidendo dapprima sull’assetto ordinamentale, poi su quello delle competenze, determinando un autentico capovolgimento delle logiche ispiratrici del modello di Stato “regionale”, per introdurre nel testo costituzionale logiche e criteri allocativi delle competenze propri delle articolazioni statuali su base federale, hanno per lo più interessato il piano formale degli assetti competenziali, ma non sono state in grado di incidere su quelle “prassi applicative” che hanno da sempre caratterizzato lo svolgimento del regionalismo italiano, nel senso di una marcata preminenza delle istanze di unità ed indivisibilità su quelle autonomiste su base territoriale. Quelle logiche avevano invero già contribuito a depotenziare le numerose previsioni costituzionali in senso marcatamente autonomista – basti pensare al modello di amministrazione “sussidiaria” già proposto dal Costituente nelle forme dell’amministrazione indiretta – cosicché, nonostante il mutamento del dato testuale, non possono non riproporsi nell’odierno diritto regionale “vivente”, mediante diversi percorsi di unificazione o, più propriamente, di ricentralizzazione, che si è tentato di analizzare in questo volume, seppur senza alcuna pretesa di esaustività. Questi percorsi costituiscono significativi momenti di controtendenza rispetto al dato costituzionale formale, che intendeva invece muoversi nella direzione della valorizzazione delle istanze autonomiste e sussidiarie. Cosicché, sembrano prevalere le istanze di vivificazione del testo costituzionale – normalmente perseguite secondo un processo circolare di attuazione che vede coinvolti il legislatore ordinario ed il giudice costituzionale – che paiono talvolta andare, opportunamente, nel senso della volontà di riassestare dinamiche di eccessivo decentramento, ma che muovono spesso nel senso di una forse eccessiva ricentralizzazione. Basterà citare al riguardo il richiamo della Corte costituzionale in occasione della sentenza n. 22 del 2012, ove si evidenzia che “lo Stato, pur trattenendo per sé le funzioni (…), ne accolla i costi alle Regioni”, così da offrire “una risposta non coerente con il dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost.”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.