È stato Ruggero Campagnoli a parlare per primo di Belgité, «per segnalare, nel modo più economico possibile, l’esistenza di un’identità della cultura belga di lingua francese, senza pretendere di indicarne a priori il contenuto» . Questa definizione, che sembra vaga, racchiude una ragione profonda, dato che la cultura spesso è indefinibile. Ma nella pratica traduttiva si pone un problema: come tradurre ciò che non può essere definito o, per dirlo con una parola spesso usata (da Antoine Berman a Roger Parent ), come tradurre l’invisibile? Come tradurre una cultura nel senso antropologico, quel codice per così dire segreto, che prende forma tra le persone attraverso il tempo, attraverso le abitudini della vita, attraverso regole non dette? Come trasmettere le reazioni immediate a una parola, a un colore, a un gesto, che determinano un’atmosfera, un ambiente, una caratteristica? Come farlo, senza cercare d’individuare gli elementi costitutivi di quella invisibilità? A tale proposito ci serviremo di un romanzo di grande successo di François Emmanuel, Le tueur mélancolique, pubblicato per la prima volta a Parigi (éditions La différence) nel 1995 e tradotto in italiano con titolo Il killer malinconico (edizioni Carte Scoperte) nel 2008. La nostra scelta si è basata anche sulla riconosciuta competenza e capacità della traduttrice Stefania Ricciardi, una professionista che conosce perfettamente la cultura belga e dunque in grado di riconoscere, per usare le parole di Greimas, «les signes», le differenze tra le culture (belga e italiana) e di trovare soluzioni traduttive adeguate. Di fronte a una traduzione particolarmente curata, qual è il risultato per quanto riguarda la comprensione della cultura?
A. Soncini (2012). Tradurre l'invisibile: la Belgité in «Le tueur mélancolique» di François Emmanuel. FIRENZE : Le Lettere.
Tradurre l'invisibile: la Belgité in «Le tueur mélancolique» di François Emmanuel
SONCINI, ANNA
2012
Abstract
È stato Ruggero Campagnoli a parlare per primo di Belgité, «per segnalare, nel modo più economico possibile, l’esistenza di un’identità della cultura belga di lingua francese, senza pretendere di indicarne a priori il contenuto» . Questa definizione, che sembra vaga, racchiude una ragione profonda, dato che la cultura spesso è indefinibile. Ma nella pratica traduttiva si pone un problema: come tradurre ciò che non può essere definito o, per dirlo con una parola spesso usata (da Antoine Berman a Roger Parent ), come tradurre l’invisibile? Come tradurre una cultura nel senso antropologico, quel codice per così dire segreto, che prende forma tra le persone attraverso il tempo, attraverso le abitudini della vita, attraverso regole non dette? Come trasmettere le reazioni immediate a una parola, a un colore, a un gesto, che determinano un’atmosfera, un ambiente, una caratteristica? Come farlo, senza cercare d’individuare gli elementi costitutivi di quella invisibilità? A tale proposito ci serviremo di un romanzo di grande successo di François Emmanuel, Le tueur mélancolique, pubblicato per la prima volta a Parigi (éditions La différence) nel 1995 e tradotto in italiano con titolo Il killer malinconico (edizioni Carte Scoperte) nel 2008. La nostra scelta si è basata anche sulla riconosciuta competenza e capacità della traduttrice Stefania Ricciardi, una professionista che conosce perfettamente la cultura belga e dunque in grado di riconoscere, per usare le parole di Greimas, «les signes», le differenze tra le culture (belga e italiana) e di trovare soluzioni traduttive adeguate. Di fronte a una traduzione particolarmente curata, qual è il risultato per quanto riguarda la comprensione della cultura?I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


