L'approvvigionamento dell'acqua ha sempre rappresentato la preoccupazione maggiore da parte dei primi raggruppamenti sedentari concorrendo alla scelta dei luoghi in cui insediarsi. Anche se i Romani sono stati universalmente riconosciuti come i più grandi costruttori di acquedotti le tecniche di adduzione dell'acqua sono documentate a partire dal VII secolo a.C. in Mesopotamia dimostrando una continuità di esperienze e di saperi che hanno caratterizzato tutte le epoche e le civiltà sino ai giorni nostri. Si tratta di sistemi innegabilmente complessi, spesso basati sullo sfruttamento della gravità, che hanno concorso al disegno del paesaggio e del territorio segnando il suolo ed il sottosuolo di tutte quelle civiltà che hanno fatto dell'acqua non solo un bene di consumo, ma anche lo specchio di una società evoluta e benestante. Ciò che colpisce di questi sistemi idraulici sono l'equilibrio e le relazioni tra materiali e strutture, tra struttura e funzione, tra funzione e forma. La complessità di questi impianti non riguarda solo i modi con cui questi sono stati realizzati, si sono trasformati e si sono conservati ma anche il significato che questi hanno avuto quando sono stati realizzati, quello che hanno acquisito anche dopo il loro abbandono e quello che noi si ritiene di poter continuare a dare. Il nostro tempo, troppo impegnato a misurarsi con le sue scarse risorse, finisce difficilmente per accettare che le cose possano rimanere inutilizzate; appaiono pertanto evidenti la difficoltà di conservazione di tutela e valorizzazione di questo patrimonio, il più delle volte, nascosto ai nostri occhi. Salvare questi oggetti dalla loro insignificanza e dal loro uso puramente strumentale vorrà dire comprendere perché le cose stabiliscono relazioni di senso tra segmenti di storie umane e natura. Non perderli nell'oblio delle logiche di degrado o di abbandono significherà innanzitutto sostanziarli, accettandoli come prodotti del saper fare umano, dei procedimenti produttivi di una società e delle sue relazioni con il territorio.
Andrea Ugolini (2011). I SISTEMI STORICI DI ADDUZIONE DELLE ACQUE TRA RICERCA, TUTELA E VALORIZZAZIONE. FIRENZE : ALINEA.
I SISTEMI STORICI DI ADDUZIONE DELLE ACQUE TRA RICERCA, TUTELA E VALORIZZAZIONE
UGOLINI, ANDREA
2011
Abstract
L'approvvigionamento dell'acqua ha sempre rappresentato la preoccupazione maggiore da parte dei primi raggruppamenti sedentari concorrendo alla scelta dei luoghi in cui insediarsi. Anche se i Romani sono stati universalmente riconosciuti come i più grandi costruttori di acquedotti le tecniche di adduzione dell'acqua sono documentate a partire dal VII secolo a.C. in Mesopotamia dimostrando una continuità di esperienze e di saperi che hanno caratterizzato tutte le epoche e le civiltà sino ai giorni nostri. Si tratta di sistemi innegabilmente complessi, spesso basati sullo sfruttamento della gravità, che hanno concorso al disegno del paesaggio e del territorio segnando il suolo ed il sottosuolo di tutte quelle civiltà che hanno fatto dell'acqua non solo un bene di consumo, ma anche lo specchio di una società evoluta e benestante. Ciò che colpisce di questi sistemi idraulici sono l'equilibrio e le relazioni tra materiali e strutture, tra struttura e funzione, tra funzione e forma. La complessità di questi impianti non riguarda solo i modi con cui questi sono stati realizzati, si sono trasformati e si sono conservati ma anche il significato che questi hanno avuto quando sono stati realizzati, quello che hanno acquisito anche dopo il loro abbandono e quello che noi si ritiene di poter continuare a dare. Il nostro tempo, troppo impegnato a misurarsi con le sue scarse risorse, finisce difficilmente per accettare che le cose possano rimanere inutilizzate; appaiono pertanto evidenti la difficoltà di conservazione di tutela e valorizzazione di questo patrimonio, il più delle volte, nascosto ai nostri occhi. Salvare questi oggetti dalla loro insignificanza e dal loro uso puramente strumentale vorrà dire comprendere perché le cose stabiliscono relazioni di senso tra segmenti di storie umane e natura. Non perderli nell'oblio delle logiche di degrado o di abbandono significherà innanzitutto sostanziarli, accettandoli come prodotti del saper fare umano, dei procedimenti produttivi di una società e delle sue relazioni con il territorio.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.