Il principio alla base della tecnologia delle sonde geotermiche verticali (e più in generale di tutti i geo-scambiatori) consiste nello scambio termico che avviene tra il terreno e il fluido termovettore circolante all’interno delle sonde. Lo scambio avviene principalmente per conduzione, a cui va aggiunta la componente convettiva dovuta al moto turbolento del fluido e alla presenza di falda in movimento nel sottosuolo. Per tale ragione, le proprietà termiche dei diversi materiali interni al pozzo geotermico (tubo, materiale di riempimento) e della successione stratigrafica del terreno influiscono in modo determinante sulle capacità di scambio termico di ogni sonda geotermica e di riflesso dell’intero campo sonde. Una non esatta conoscenza dell’effettiva capacità di scambio termico del geo-scambiatore può indurre ad errori di progettazione del 30 - 40%, il che può portare a sovradimensionamenti o, più pericolosi, sottodimensionamenti, che aumentano di rilevanza al crescere del numero di sonde del campo geotermico e alle potenze in gioco. L’idea di misurare in situ la resa termica del sottosuolo venne presentata da Mogensen ad una conferenza a Stoccolma nel giugno 1983. Il metodo proposto consiste nell’iniettare, in una sonda geotermica di prova, una certa quantità di fluido (generalmente acqua), a potenza termica costante, e di lasciarlo circolare per una certa quantità di tempo; grazie a due termometri posti nelle tubazioni di mandata e di ritorno, è possibile quindi tracciare i due grafici della temperatura del fluido rispettivamente proveniente e diretto alla sonda geotermica. In tal modo, conosciuto l’andamento della temperatura media ed il periodo necessario alla sua stabilizzazione, tramite analisi inverse, è possibile risalire alla conducibilità termica media effettiva del terreno e alla resistenza termica della sonda. Il test può essere condotto in due modalità: - In freddo (con un chiller), simula il comportamento invernale della pompa di calore geotermica, per la quale viene fatta circolare all’interno della sonda verticale acqua fredda che si riscalda. - In caldo (con una caldaia, una resistenza elettrica o una pompa di calore reversibile), simula il comportamento estivo della pompa di calore geotermica, per cui viene fatta circolare acqua calda che si raffredda. Il metodo di analisi del test per i due casi ricalca lo stesso modello matematico; i risultati di resa termica delle due misurazioni differiscono leggermente sulla base della temperatura del terreno indisturbato (infatti un terreno freddo dà un risultato migliore di resa per il test in caldo, piuttosto che per il test in freddo, e viceversa); in ogni caso le differenze sono dell’ordine di pochi W/m (l’unità di misura convenzionale della resa delle sonde geotermiche, secondo le norme tecniche tedesche VDI 4640) Il presente lavoro focalizza l’attenzione sul test in caldo, effettuato dalla ditta Geo-net s.r.l. in diverse zone d’Italia. I risultati ottenuti hanno dimostrato come le differenti stratigrafie influenzino in maniera significativa la resa del campo di sonde geotermiche, e dunque come la conoscenza geologica del sottosuolo sia un parametro fondamentale di progetto.
F. Tinti (2009). L’importanza della misurazione in situ delle proprietà termiche dei terreni nella progettazione di un campo di sonde geotermiche: casi studio di Test di Resa Termica in differenti contesti geologici.
L’importanza della misurazione in situ delle proprietà termiche dei terreni nella progettazione di un campo di sonde geotermiche: casi studio di Test di Resa Termica in differenti contesti geologici
TINTI, FRANCESCO
2009
Abstract
Il principio alla base della tecnologia delle sonde geotermiche verticali (e più in generale di tutti i geo-scambiatori) consiste nello scambio termico che avviene tra il terreno e il fluido termovettore circolante all’interno delle sonde. Lo scambio avviene principalmente per conduzione, a cui va aggiunta la componente convettiva dovuta al moto turbolento del fluido e alla presenza di falda in movimento nel sottosuolo. Per tale ragione, le proprietà termiche dei diversi materiali interni al pozzo geotermico (tubo, materiale di riempimento) e della successione stratigrafica del terreno influiscono in modo determinante sulle capacità di scambio termico di ogni sonda geotermica e di riflesso dell’intero campo sonde. Una non esatta conoscenza dell’effettiva capacità di scambio termico del geo-scambiatore può indurre ad errori di progettazione del 30 - 40%, il che può portare a sovradimensionamenti o, più pericolosi, sottodimensionamenti, che aumentano di rilevanza al crescere del numero di sonde del campo geotermico e alle potenze in gioco. L’idea di misurare in situ la resa termica del sottosuolo venne presentata da Mogensen ad una conferenza a Stoccolma nel giugno 1983. Il metodo proposto consiste nell’iniettare, in una sonda geotermica di prova, una certa quantità di fluido (generalmente acqua), a potenza termica costante, e di lasciarlo circolare per una certa quantità di tempo; grazie a due termometri posti nelle tubazioni di mandata e di ritorno, è possibile quindi tracciare i due grafici della temperatura del fluido rispettivamente proveniente e diretto alla sonda geotermica. In tal modo, conosciuto l’andamento della temperatura media ed il periodo necessario alla sua stabilizzazione, tramite analisi inverse, è possibile risalire alla conducibilità termica media effettiva del terreno e alla resistenza termica della sonda. Il test può essere condotto in due modalità: - In freddo (con un chiller), simula il comportamento invernale della pompa di calore geotermica, per la quale viene fatta circolare all’interno della sonda verticale acqua fredda che si riscalda. - In caldo (con una caldaia, una resistenza elettrica o una pompa di calore reversibile), simula il comportamento estivo della pompa di calore geotermica, per cui viene fatta circolare acqua calda che si raffredda. Il metodo di analisi del test per i due casi ricalca lo stesso modello matematico; i risultati di resa termica delle due misurazioni differiscono leggermente sulla base della temperatura del terreno indisturbato (infatti un terreno freddo dà un risultato migliore di resa per il test in caldo, piuttosto che per il test in freddo, e viceversa); in ogni caso le differenze sono dell’ordine di pochi W/m (l’unità di misura convenzionale della resa delle sonde geotermiche, secondo le norme tecniche tedesche VDI 4640) Il presente lavoro focalizza l’attenzione sul test in caldo, effettuato dalla ditta Geo-net s.r.l. in diverse zone d’Italia. I risultati ottenuti hanno dimostrato come le differenti stratigrafie influenzino in maniera significativa la resa del campo di sonde geotermiche, e dunque come la conoscenza geologica del sottosuolo sia un parametro fondamentale di progetto.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.