In questo libro vengono prese in esame le questioni dell’identità e dell’alterità, così come esse sono state portate all’attenzione generale dai maestri contemporanei, cioè dai protagonisti delle due fasi della riforma teatrale nel XX secolo, e così come si pongono oggi nei settori più avanzati della scena. Tre, in particolare, sono le esperienze teorico-pratiche che fungono da riferimenti guida. La prima, anche in ordine cronologico, è quella di Artaud e del suo viaggio in Messico, esempio precoce ed estremo di osservazione partecipante. Deluso dal teatro e dalla cultura occidentali, Artaud parte per il Messico in cerca di una cultura organica e del vero teatro, cioè di un teatro inteso come azione efficace, capace di trasformare in profondità l’essere umano. La partecipazione ai riti del peyotl presso i Tarahumara lascia sul visionario francese un segno indelebile, e il tentativo ininterrotto di renderne conto attraverso la scrittura costituisce uno degli sforzi grandiosi della sua ultima stagione creativa. La seconda esperienza teorico-pratica è quella dell’antropologia teatrale di Eugenio Barba e dell’Ista, l’International School of Theatre Anthropology. Varata alla fine degli anni Settanta dal fondatore e regista dell’Odin Teatret, l’antropologia teatrale si è offerta da allora come indispensabile campo d’indagine e preziosa prospettiva scientifica, caratterizzati dalla messa a fuoco dell’alterità tecnica del comportamento scenico, alla cui base sono reperibili, per via comparativa, pochi, essenziali principi pre-espressivi interculturali o, più esattamente, transculturali. Questi ultimi, a loro volta, danno vita a una ben più ampia pluralità di tecniche extra-quotidiane, riguardanti i modi in cui l’attore mette in forma il corpo, costruendo così la propria presenza scenica. Il terzo esempio è quello di Jerzy Grotowski, che in qualche modo funge da filo rosso, legando i diversi capitoli del volume. In effetti, un libro come il presente, consacrato alle questioni dell’altro e dell’alterità nella scena contemporanea, non poteva non trovare nel regista e teorico polacco la figura eponima. Tutta la ricerca di Grotowski, dall’inizio alla fine, dall’arte come presentazione all’arte come veicolo, rappresenta uno straordinario tentativo di fare del teatro uno strumento particolarmente idoneo a esplorare e a esperire direttamente le varie forme e dimensioni dell’alterità.

Il teatro dell'altro. Interculturalismo e transculturalismo nella scena contemporanea

DE MARINIS, MARCO
2011

Abstract

In questo libro vengono prese in esame le questioni dell’identità e dell’alterità, così come esse sono state portate all’attenzione generale dai maestri contemporanei, cioè dai protagonisti delle due fasi della riforma teatrale nel XX secolo, e così come si pongono oggi nei settori più avanzati della scena. Tre, in particolare, sono le esperienze teorico-pratiche che fungono da riferimenti guida. La prima, anche in ordine cronologico, è quella di Artaud e del suo viaggio in Messico, esempio precoce ed estremo di osservazione partecipante. Deluso dal teatro e dalla cultura occidentali, Artaud parte per il Messico in cerca di una cultura organica e del vero teatro, cioè di un teatro inteso come azione efficace, capace di trasformare in profondità l’essere umano. La partecipazione ai riti del peyotl presso i Tarahumara lascia sul visionario francese un segno indelebile, e il tentativo ininterrotto di renderne conto attraverso la scrittura costituisce uno degli sforzi grandiosi della sua ultima stagione creativa. La seconda esperienza teorico-pratica è quella dell’antropologia teatrale di Eugenio Barba e dell’Ista, l’International School of Theatre Anthropology. Varata alla fine degli anni Settanta dal fondatore e regista dell’Odin Teatret, l’antropologia teatrale si è offerta da allora come indispensabile campo d’indagine e preziosa prospettiva scientifica, caratterizzati dalla messa a fuoco dell’alterità tecnica del comportamento scenico, alla cui base sono reperibili, per via comparativa, pochi, essenziali principi pre-espressivi interculturali o, più esattamente, transculturali. Questi ultimi, a loro volta, danno vita a una ben più ampia pluralità di tecniche extra-quotidiane, riguardanti i modi in cui l’attore mette in forma il corpo, costruendo così la propria presenza scenica. Il terzo esempio è quello di Jerzy Grotowski, che in qualche modo funge da filo rosso, legando i diversi capitoli del volume. In effetti, un libro come il presente, consacrato alle questioni dell’altro e dell’alterità nella scena contemporanea, non poteva non trovare nel regista e teorico polacco la figura eponima. Tutta la ricerca di Grotowski, dall’inizio alla fine, dall’arte come presentazione all’arte come veicolo, rappresenta uno straordinario tentativo di fare del teatro uno strumento particolarmente idoneo a esplorare e a esperire direttamente le varie forme e dimensioni dell’alterità.
2011
231
9788895065472
DE MARINIS, MARCO
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