La scelta tematica e l’approccio critico del convegno promosso dal Centro interuniversitario per la ricerca sull’età contemporanea (CIREC) nascono dalla consapevolezza che siano ormai maturi i tempi nei quali la riflessione storiografica possa e debba confrontarsi con la storia italiana degli ultimi trent’anni: una fase della storia italiana, ormai lunga e controversa, descritta prevalentemente in termini di declino, crisi, disgregazione, emergenza. La chiave di lettura che il Cirec intende proporre, chiamando a discutere storici, economisti, sociologi, letterati, è quella di assumere quest’epoca come parte integrante, se non come esito, della storia nazionale. Quest’ottica, oltre che a fornirci, come crediamo, strumenti e chiavi di lettura originali per leggere la nostra storia recente e in parte il nostro presente, può altresì gettare fasci di luce nuovi sull’intero centocinquantennio che abbiamo alle spalle. L’ultimo trentennio si configura come un’epoca ancora aperta, ma che ha certamente una data di inizio: la fine del “trenta gloriosi” e le crescenti difficoltà del sistema politico e istituzionale di fronteggiare un cambio di fase storica, nella quale si incrinarono, fino a spezzarsi, i meccanismi dello sviluppo e della regolazione sociale, che si erano venuti definendo in tutto l’Occidente a partire dagli anni trenta; una ristrutturazione profonda del capitalismo che, man mano la scala della sua azione diventava globale e si modificava la divisione internazionale del lavoro, revocava i meccanismi di integrazione, su cui si era basata l’epoca precedente. Si apre dunque un’era di instabilità, acuita dalla progressiva riduzione della sovranità degli stati-nazione. Il convegno intende dunque contribuire all’indagine di questo sconvolgimento tellurico, che in Italia, per le debolezze della compagine nazionale, ha assunto forme particolarmente drammatiche: il terrorismo, il crollo dell’industria pubblica, tangentopoli, il secessionismo leghista, il collasso del 91-92 e la conclusione definitiva della “repubblica dei partiti”, fino alla nascita di una opaca e incerta “seconda repubblica”. Su questo quadro esistono nei diversi ambiti delle scienze sociali significativi acquisizioni analitiche, che il convegno intende mettere in relazione tra di loro, con l’obbiettivo ambizioso di andare oltre a un pur utile confronto interdisciplinare e di metterli a fondamento della formazione di una nuova coscienza storica del paese. Di essa si sente con crescente preoccupazione la mancanza, anche per la consapevolezza che senza di essa perda di credibilità e di efficacia ogni autentica progettazione del futuro. Specchio fedele di questa assenza è la frattura che si è prodotta tra la cultura politica e la riflessione storica. A partire dalla fine della prima repubblica (1992) la storia del paese, variamente interpretata, ha cessato di essere ingrediente costitutivo delle identità e dei programmi delle forze politiche. E’ venuto meno un nesso che ha caratterizzato in profondità la nostra tradizione nazionale, dai tempi della costituzione dello stato unitario, proprio in un’epoca di profonde trasformazioni mondiali che avrebbero richiesto, e tuttora richiedono, per essere comprese e interpretate, l’ausilio di una riflessione di lungo periodo.
A. De Bernardi (2011). L'Italia tra due secoli..
L'Italia tra due secoli.
DE BERNARDI, ALBERTO
2011
Abstract
La scelta tematica e l’approccio critico del convegno promosso dal Centro interuniversitario per la ricerca sull’età contemporanea (CIREC) nascono dalla consapevolezza che siano ormai maturi i tempi nei quali la riflessione storiografica possa e debba confrontarsi con la storia italiana degli ultimi trent’anni: una fase della storia italiana, ormai lunga e controversa, descritta prevalentemente in termini di declino, crisi, disgregazione, emergenza. La chiave di lettura che il Cirec intende proporre, chiamando a discutere storici, economisti, sociologi, letterati, è quella di assumere quest’epoca come parte integrante, se non come esito, della storia nazionale. Quest’ottica, oltre che a fornirci, come crediamo, strumenti e chiavi di lettura originali per leggere la nostra storia recente e in parte il nostro presente, può altresì gettare fasci di luce nuovi sull’intero centocinquantennio che abbiamo alle spalle. L’ultimo trentennio si configura come un’epoca ancora aperta, ma che ha certamente una data di inizio: la fine del “trenta gloriosi” e le crescenti difficoltà del sistema politico e istituzionale di fronteggiare un cambio di fase storica, nella quale si incrinarono, fino a spezzarsi, i meccanismi dello sviluppo e della regolazione sociale, che si erano venuti definendo in tutto l’Occidente a partire dagli anni trenta; una ristrutturazione profonda del capitalismo che, man mano la scala della sua azione diventava globale e si modificava la divisione internazionale del lavoro, revocava i meccanismi di integrazione, su cui si era basata l’epoca precedente. Si apre dunque un’era di instabilità, acuita dalla progressiva riduzione della sovranità degli stati-nazione. Il convegno intende dunque contribuire all’indagine di questo sconvolgimento tellurico, che in Italia, per le debolezze della compagine nazionale, ha assunto forme particolarmente drammatiche: il terrorismo, il crollo dell’industria pubblica, tangentopoli, il secessionismo leghista, il collasso del 91-92 e la conclusione definitiva della “repubblica dei partiti”, fino alla nascita di una opaca e incerta “seconda repubblica”. Su questo quadro esistono nei diversi ambiti delle scienze sociali significativi acquisizioni analitiche, che il convegno intende mettere in relazione tra di loro, con l’obbiettivo ambizioso di andare oltre a un pur utile confronto interdisciplinare e di metterli a fondamento della formazione di una nuova coscienza storica del paese. Di essa si sente con crescente preoccupazione la mancanza, anche per la consapevolezza che senza di essa perda di credibilità e di efficacia ogni autentica progettazione del futuro. Specchio fedele di questa assenza è la frattura che si è prodotta tra la cultura politica e la riflessione storica. A partire dalla fine della prima repubblica (1992) la storia del paese, variamente interpretata, ha cessato di essere ingrediente costitutivo delle identità e dei programmi delle forze politiche. E’ venuto meno un nesso che ha caratterizzato in profondità la nostra tradizione nazionale, dai tempi della costituzione dello stato unitario, proprio in un’epoca di profonde trasformazioni mondiali che avrebbero richiesto, e tuttora richiedono, per essere comprese e interpretate, l’ausilio di una riflessione di lungo periodo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.