Rileggere l’architettura attraverso il disegno è un’operazione basata sul costante esercizio dell’osservazione, non significa dedicarsi ad una vuota azione descrittiva ma interrogarsi sugli elementi costitutivi dell’oggetto indagato, e dunque esercitare una vera e propria forma di pensiero. Attraverso l’osservazione è possibile individuare i principi da cui è governata la struttura formale dell’architettura, rileggendo l’organizzazione dei suoi elementi costitutivi e la loro disposizione nello spazio, i rapporti geometrici e proporzionali, il carattere stilistico, le relazioni sintattiche da cui dipendono, ma anche la natura delle superfici, la qualità dei vuoti, l’impiego del colore ed il trattamento dei materiali. Ridisegnare ci costringe ad uscire dalla comune pratica del vedere spingendoci verso la dimensione del guardare, rivelando possibili aperture di senso, associazioni, ipotesi ed invenzioni. Partendo dall’idea che il patrimonio di architetture, concetti, temi ed idee prodotti dalla storia costituisca un orizzonte culturale, un sistema interlocutorio con cui è possibile confrontarsi, il testo si concentra sulla dimensione archetipica del riferimento e sul potenziale che esso racchiude, presentando una serie di tavole grafiche, l’Atlante degli archetipi, che ricercano un legame con l’incompiuto Mnemosyne di Abi Warburg e con le riflessioni dedicate da Umberto Eco ai modelli di rappresentazione del sapere. Tentativo di associare ad una sequenza di forme un sistema di possibili percorsi che le colleghino, costruzione di una sorta di mappa provvisoria ed “aperta”, l’Atlante intende rendersi disponibile ad una pluralità di interpretazioni, capace di far risuonare, attraverso l’accostamento degli oggetti, relazioni fra esempi anche molto lontani e di indicare la possibilità di costruire nuove declinazioni di senso. Evidentemente la geografia dell’atlante è parziale, incompleta, e proprio con la sua incompletezza sottolinea l’estensione potenzialmente infinita del sistema di riferimenti che raccoglie. Lo spazio neutro su cui tali elementi galleggiano denuncia la loro condizione di «luoghi», restituendo alle tavole i caratteri di un isolario, ma intende privilegiare, al tempo stesso, proprio come in un atlante, il dispiegarsi delle relazioni fra le cose, le parole e le immagini, spostando la nostra attenzione dagli elementi alle loro connessioni.
E. Mucelli (2011). Architetture da "abitare". Archetipi/Studi. BOLOGNA : Clueb.
Architetture da "abitare". Archetipi/Studi
MUCELLI, ELENA
2011
Abstract
Rileggere l’architettura attraverso il disegno è un’operazione basata sul costante esercizio dell’osservazione, non significa dedicarsi ad una vuota azione descrittiva ma interrogarsi sugli elementi costitutivi dell’oggetto indagato, e dunque esercitare una vera e propria forma di pensiero. Attraverso l’osservazione è possibile individuare i principi da cui è governata la struttura formale dell’architettura, rileggendo l’organizzazione dei suoi elementi costitutivi e la loro disposizione nello spazio, i rapporti geometrici e proporzionali, il carattere stilistico, le relazioni sintattiche da cui dipendono, ma anche la natura delle superfici, la qualità dei vuoti, l’impiego del colore ed il trattamento dei materiali. Ridisegnare ci costringe ad uscire dalla comune pratica del vedere spingendoci verso la dimensione del guardare, rivelando possibili aperture di senso, associazioni, ipotesi ed invenzioni. Partendo dall’idea che il patrimonio di architetture, concetti, temi ed idee prodotti dalla storia costituisca un orizzonte culturale, un sistema interlocutorio con cui è possibile confrontarsi, il testo si concentra sulla dimensione archetipica del riferimento e sul potenziale che esso racchiude, presentando una serie di tavole grafiche, l’Atlante degli archetipi, che ricercano un legame con l’incompiuto Mnemosyne di Abi Warburg e con le riflessioni dedicate da Umberto Eco ai modelli di rappresentazione del sapere. Tentativo di associare ad una sequenza di forme un sistema di possibili percorsi che le colleghino, costruzione di una sorta di mappa provvisoria ed “aperta”, l’Atlante intende rendersi disponibile ad una pluralità di interpretazioni, capace di far risuonare, attraverso l’accostamento degli oggetti, relazioni fra esempi anche molto lontani e di indicare la possibilità di costruire nuove declinazioni di senso. Evidentemente la geografia dell’atlante è parziale, incompleta, e proprio con la sua incompletezza sottolinea l’estensione potenzialmente infinita del sistema di riferimenti che raccoglie. Lo spazio neutro su cui tali elementi galleggiano denuncia la loro condizione di «luoghi», restituendo alle tavole i caratteri di un isolario, ma intende privilegiare, al tempo stesso, proprio come in un atlante, il dispiegarsi delle relazioni fra le cose, le parole e le immagini, spostando la nostra attenzione dagli elementi alle loro connessioni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.