La ricerca presentata in questo volume intende studiare le strategie di negoziazione dell’identità sociale e personale attraverso le pratiche alimentari, attivate da soggetti deboli o socialmente vulnerabili che gravitano nelle tre mense principali della città di Bologna. Il contributo più importante di questo libro è che ripropone la questione della povertà e dell’esclusione come privazione sociale, e non semplicemente come ingiustizie materiali. I saggi che compongono il volume dimostrano il costo sociale dello stigma, dell’isolamento e della vergogna subiti da quanti sono costretti ad accettare di procurarsi e consumare il proprio cibo in condizioni e luoghi che possono risultare umilianti. Questa intuizione rappresenta un contributo importante al dibattito sul welfare state, che può arrivare a creare una rete di sicurezza materiale per i suoi cittadini più bisognosi, ma fallisce nel garantire loro il dono del “riconoscimento”, come lo definirebbe Charles Taylor. Questo dilemma ci ricorda ancora una volta che nella lotta ingaggiata dai più emarginati per lo sviluppo di ciò che altrove ho definito “la capacità di avere aspirazioni”, i luoghi e le modalità attraverso cui essi accedono agli agi simbolici del consumo di cibo possono essere tanto importanti quanto lo stesso accesso al cibo.
M. Bergamaschi, P. Musarò (2011). Spazi di negoziazione. Povertà urbana e consumi alimentari. MILANO : Franco Angeli.
Spazi di negoziazione. Povertà urbana e consumi alimentari
BERGAMASCHI, MAURIZIO;MUSARO', PIERLUIGI
2011
Abstract
La ricerca presentata in questo volume intende studiare le strategie di negoziazione dell’identità sociale e personale attraverso le pratiche alimentari, attivate da soggetti deboli o socialmente vulnerabili che gravitano nelle tre mense principali della città di Bologna. Il contributo più importante di questo libro è che ripropone la questione della povertà e dell’esclusione come privazione sociale, e non semplicemente come ingiustizie materiali. I saggi che compongono il volume dimostrano il costo sociale dello stigma, dell’isolamento e della vergogna subiti da quanti sono costretti ad accettare di procurarsi e consumare il proprio cibo in condizioni e luoghi che possono risultare umilianti. Questa intuizione rappresenta un contributo importante al dibattito sul welfare state, che può arrivare a creare una rete di sicurezza materiale per i suoi cittadini più bisognosi, ma fallisce nel garantire loro il dono del “riconoscimento”, come lo definirebbe Charles Taylor. Questo dilemma ci ricorda ancora una volta che nella lotta ingaggiata dai più emarginati per lo sviluppo di ciò che altrove ho definito “la capacità di avere aspirazioni”, i luoghi e le modalità attraverso cui essi accedono agli agi simbolici del consumo di cibo possono essere tanto importanti quanto lo stesso accesso al cibo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.