Il saggio riflette sulle relazioni tra due modi di pensare il tema dello spazio, il tema del fare spazio, attraverso il richiamo a due immagini tra loro contrastanti epperò a mio modo di vedere allo stesso tempo complementari. Sto parlando dell’immagine di uno spazio inteso come lucus e dell’immagine dello spazio come eschaton. Come noto, lucus vuol dire, in senso generale radura, la radura nel bosco. Consideriamo eschaton, invece, come qualcosa che indica l’ultimo – il fine-ultimo – il confine ultimo di qualcosa. Nel nostro caso il limite ultimo, estremo, di ciò che percepiamo come un fatto spaziale. Lo spazio, come sappiamo, è prima di tutto una dimensione dell’esperienza e del pensiero in cui la nostra vita può incorrere in due rischi estremi: il rischio dell’isolamento e il rischio del perdersi. È evidente che entrambi i rischi presuppongono la relazione tra spazio e movimento. Tra lo stare fermi e il muoversi del corpo nello spazio. L’esserci, infatti, come ci insegnano i filosofi, è movimento. Pertanto la domanda che pongo è questa: è possibile definire uno spazio in cui dei corpi e il movimento dei corpi al suo interno, riescano a sottrarsi in qualche modo dai rischi dell’isolamento e del perdersi?
Clemente, I. (2025). Toccare lo spazio. milano : mimesis.
Toccare lo spazio
ildebrando clemente
2025
Abstract
Il saggio riflette sulle relazioni tra due modi di pensare il tema dello spazio, il tema del fare spazio, attraverso il richiamo a due immagini tra loro contrastanti epperò a mio modo di vedere allo stesso tempo complementari. Sto parlando dell’immagine di uno spazio inteso come lucus e dell’immagine dello spazio come eschaton. Come noto, lucus vuol dire, in senso generale radura, la radura nel bosco. Consideriamo eschaton, invece, come qualcosa che indica l’ultimo – il fine-ultimo – il confine ultimo di qualcosa. Nel nostro caso il limite ultimo, estremo, di ciò che percepiamo come un fatto spaziale. Lo spazio, come sappiamo, è prima di tutto una dimensione dell’esperienza e del pensiero in cui la nostra vita può incorrere in due rischi estremi: il rischio dell’isolamento e il rischio del perdersi. È evidente che entrambi i rischi presuppongono la relazione tra spazio e movimento. Tra lo stare fermi e il muoversi del corpo nello spazio. L’esserci, infatti, come ci insegnano i filosofi, è movimento. Pertanto la domanda che pongo è questa: è possibile definire uno spazio in cui dei corpi e il movimento dei corpi al suo interno, riescano a sottrarsi in qualche modo dai rischi dell’isolamento e del perdersi?I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


