La voce che parla agli dèi. Nel cuore della religione romana, più ancora che nel gesto sacrificale, risuona la voce. Parlare agli dèi era un atto carico di conseguenze, codificato, sorvegliato e performativo: nella Roma arcaica e classica, la preghiera non è soltanto un discorso rivolto alla divinità, ma una forma di interazione contrattuale con il divino, regolata da precisi formulari linguistici e da una concezione giuridico-sacrale dell’Universo. A Roma, pregare significava pronunciare parole efficaci, esatte e rituali, atte a stabilire un rapporto ordinato tra uomini e dèi, e a mantenere la pax deorum, fondamento invisibile ma imprescindibile della civitas.
Olivadese, M. (2025). La parola che invoca Filologia e cultura della preghiera nella Roma antica. Roma : Tab Edizioni.
La parola che invoca Filologia e cultura della preghiera nella Roma antica
Marianna Olivadese
2025
Abstract
La voce che parla agli dèi. Nel cuore della religione romana, più ancora che nel gesto sacrificale, risuona la voce. Parlare agli dèi era un atto carico di conseguenze, codificato, sorvegliato e performativo: nella Roma arcaica e classica, la preghiera non è soltanto un discorso rivolto alla divinità, ma una forma di interazione contrattuale con il divino, regolata da precisi formulari linguistici e da una concezione giuridico-sacrale dell’Universo. A Roma, pregare significava pronunciare parole efficaci, esatte e rituali, atte a stabilire un rapporto ordinato tra uomini e dèi, e a mantenere la pax deorum, fondamento invisibile ma imprescindibile della civitas.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


