Che cosa intendiamo quando usiamo la parola economia? E che cosa è il mercato? Si tratta di termini coincidenti oppure indicano aspetti distinti della realtà? C’è un rapporto tra i fenomeni economici e sociali? Sono i caratteri sociali e culturali di un Paese a determinare la sua economia, oppure sono le caratteristiche economiche di un determinato contesto territoriale a condizionare se non a determinare la vita sociale e politica? Questo genere di domande ci servono per avvicinarci al campo di indagine della sociologia dei processi economici, organizzativi e del lavoro, che in prima approssimazione possiamo descrivere come un insieme di studi e ricerche volti ad approfondire i rapporti di interdipendenza tra fenomeni economici e sociali. L’obiettivo della disciplina è quello di affrontare tali questioni con metodo scientifico e di individuare regolarità nei rapporti tra i fenomeni studiati. Tuttavia, al fine di avanzare un poco e di precisare questa definizione per ora ancora approssimativa, dobbiamo tornare alla domanda iniziale. Che cosa è l’economia? Si tratta di una domanda di ricerca indispensabile per focalizzare meglio l’oggetto specifico della sociologia dei processi economici, organizzativi e del lavoro, perché nella storia delle scienze sociali vi sono due modi differenti di rispondere a questo interrogativo. La prima posizione è quella della cosiddetta scuola sostanzialista, secondo cui l’economia si definisce in rapporto al soddisfacimento dei bisogni materiali di una comunità e riguarda il processo istituzionalizzato – cioè guidato da regole tendenzialmente stabili - di interazione tra l’uomo e il suo ambiente naturale (Polanyi, 1983). L’economia è allora costituita da quell’insieme di attività volte a garantire la riproduzione materiale di un dato gruppo sociale. Da questa affermazione deriva un’implicazione importante: i modi per soddisfare tali bisogni sono storicamente diversi e hanno a che fare con l’organizzazione complessiva della vita collettiva (Borghi, Magatti, 2002). Questa impostazione, apparentemente semplice e condivisibile, non è tuttavia così diffusa e accettata. In effetti, soprattutto nella scienza economica, tende a prevalere una seconda posizione: quella cioè della scuola formalista secondo la quale i fenomeni economici hanno a che fare con la scelta individuale di impiego di risorse scarse che potrebbero avere usi alternativi al fine di ottenere il massimo dai propri mezzi. Agire economicamente significa “economizzare”, sfruttare cioè al meglio le risorse di cui si dispone in vista di determinati fini. Il prius logico è l’attore individuale dotato di un sistema di preferenze tendenzialmente stabile mediante il quale stabilisce gli obiettivi da perseguire, mentre il soddisfacimento dei bisogni diventa dipendente dal funzionamento dei mercati, al cui interno l’allocazione delle risorse e la formazione dei prezzi sono condizionati dai rapporti fra domanda e offerta. Queste due definizioni, apparentemente in contrapposizione tra loro, sono in realtà due ottiche diverse di analisi dell’economia, da cui discendono potenzialità e limiti. La prospettiva formalista è come abbiamo visto la più diffusa tra gli economisti e ha consentito di ottenere conoscenze sui meccanismi autoregolativi dell’economia, cioè sui movimenti della domanda e dell’offerta sulla formazione dei prezzi e sull’allocazione delle risorse. Ciò ha permesso di sviluppare modelli ad elevata generalizzazione anche attraverso l’applicazione del calcolo matematico. Tuttavia è scarsamente utile quando si vuole “complicare l’economia” (Hirshmann, 1988), ossia quando si inseriscono all’interno del quadro di analisi variabili legate al contesto e al ruolo che la realtà sociale ha nella formazione delle preferenze e delle scelte individuali. Quando, ricordando Max Weber (1982), ci si riferisce a forme dell’agire che non siano solo quelle razionali rispetto allo scopo, ma rispetto al valore, alla tradizione, alle abitudini cons...

La spendibilità della sociologia dei processi economici, organizzativi e del lavoro / R. Rizza. - STAMPA. - (2011), pp. 311-329.

La spendibilità della sociologia dei processi economici, organizzativi e del lavoro

RIZZA, ROBERTO
2011

Abstract

Che cosa intendiamo quando usiamo la parola economia? E che cosa è il mercato? Si tratta di termini coincidenti oppure indicano aspetti distinti della realtà? C’è un rapporto tra i fenomeni economici e sociali? Sono i caratteri sociali e culturali di un Paese a determinare la sua economia, oppure sono le caratteristiche economiche di un determinato contesto territoriale a condizionare se non a determinare la vita sociale e politica? Questo genere di domande ci servono per avvicinarci al campo di indagine della sociologia dei processi economici, organizzativi e del lavoro, che in prima approssimazione possiamo descrivere come un insieme di studi e ricerche volti ad approfondire i rapporti di interdipendenza tra fenomeni economici e sociali. L’obiettivo della disciplina è quello di affrontare tali questioni con metodo scientifico e di individuare regolarità nei rapporti tra i fenomeni studiati. Tuttavia, al fine di avanzare un poco e di precisare questa definizione per ora ancora approssimativa, dobbiamo tornare alla domanda iniziale. Che cosa è l’economia? Si tratta di una domanda di ricerca indispensabile per focalizzare meglio l’oggetto specifico della sociologia dei processi economici, organizzativi e del lavoro, perché nella storia delle scienze sociali vi sono due modi differenti di rispondere a questo interrogativo. La prima posizione è quella della cosiddetta scuola sostanzialista, secondo cui l’economia si definisce in rapporto al soddisfacimento dei bisogni materiali di una comunità e riguarda il processo istituzionalizzato – cioè guidato da regole tendenzialmente stabili - di interazione tra l’uomo e il suo ambiente naturale (Polanyi, 1983). L’economia è allora costituita da quell’insieme di attività volte a garantire la riproduzione materiale di un dato gruppo sociale. Da questa affermazione deriva un’implicazione importante: i modi per soddisfare tali bisogni sono storicamente diversi e hanno a che fare con l’organizzazione complessiva della vita collettiva (Borghi, Magatti, 2002). Questa impostazione, apparentemente semplice e condivisibile, non è tuttavia così diffusa e accettata. In effetti, soprattutto nella scienza economica, tende a prevalere una seconda posizione: quella cioè della scuola formalista secondo la quale i fenomeni economici hanno a che fare con la scelta individuale di impiego di risorse scarse che potrebbero avere usi alternativi al fine di ottenere il massimo dai propri mezzi. Agire economicamente significa “economizzare”, sfruttare cioè al meglio le risorse di cui si dispone in vista di determinati fini. Il prius logico è l’attore individuale dotato di un sistema di preferenze tendenzialmente stabile mediante il quale stabilisce gli obiettivi da perseguire, mentre il soddisfacimento dei bisogni diventa dipendente dal funzionamento dei mercati, al cui interno l’allocazione delle risorse e la formazione dei prezzi sono condizionati dai rapporti fra domanda e offerta. Queste due definizioni, apparentemente in contrapposizione tra loro, sono in realtà due ottiche diverse di analisi dell’economia, da cui discendono potenzialità e limiti. La prospettiva formalista è come abbiamo visto la più diffusa tra gli economisti e ha consentito di ottenere conoscenze sui meccanismi autoregolativi dell’economia, cioè sui movimenti della domanda e dell’offerta sulla formazione dei prezzi e sull’allocazione delle risorse. Ciò ha permesso di sviluppare modelli ad elevata generalizzazione anche attraverso l’applicazione del calcolo matematico. Tuttavia è scarsamente utile quando si vuole “complicare l’economia” (Hirshmann, 1988), ossia quando si inseriscono all’interno del quadro di analisi variabili legate al contesto e al ruolo che la realtà sociale ha nella formazione delle preferenze e delle scelte individuali. Quando, ricordando Max Weber (1982), ci si riferisce a forme dell’agire che non siano solo quelle razionali rispetto allo scopo, ma rispetto al valore, alla tradizione, alle abitudini cons...
2011
La spendibilità della sociologia tra teoria e ricerca
311
329
La spendibilità della sociologia dei processi economici, organizzativi e del lavoro / R. Rizza. - STAMPA. - (2011), pp. 311-329.
R. Rizza
File in questo prodotto:
Eventuali allegati, non sono esposti

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/102440
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact