Destinato a una brillante carriera ecclesiastica, che lo avrebbe condotto “inopinatamente” a rivestire la suprema autorità religiosa, il bolognese Prospero Lambertini è artefice di un’azione pastorale guidata da intenti riformatori e aperta al moderno pensiero sperimentale galileiano. Fulcro del rinnovamento culturale cittadino, Palazzo Poggi – sede dell’Istituto delle Scienze e dell’Accademia Clementina, di recente fondazione – è l’istituzione da lui privilegiata come beneficiaria di risorse e provvedimenti durante il proprio mandato a vescovo di Bologna (1731), mantenuto anche dopo la nomina a pontefice (1740). L’intensa opera di finanziamento a vantaggio di Palazzo Poggi – che comporterà la realizzazione della stanza di anatomia, il dono di importanti fondi librari, di raccolte di gessi e di stampe – si inaugura, in realtà, già nel 1726, con la richiesta da parte di Lambertini di una pala da collocare nella cappella dell’edificio. Commissionata a Marcantonio Franceschini, maestro di fama internazionale e accademico clementino, l’Annunciazione oggi nella chiesa di Sant’Isaia, lascia emergere le affinità del presule, ancora semplice monsignore, con le tendenze artistiche moderate, ispirate al “buon gusto” teorizzato da Ludovico Antonio Muratori (1708). La sintonia con le posizioni critiche sostenute dall’Accademia Clementina riaffiorerà in seguito, nel corso del rifacimento degli altari della cattedrale metropolitana, le cui pale sono eseguite dai maggiori maestri operanti in città – Donato Creti, Giuseppe Marchesi detto il Sansone, Ercole Graziani, Antonio Rossi – in grado di garantire dignità e gravità consone al luogo, in cui si celebra il ministero sacerdotale e il seggio episcopale. Soltanto Giuseppe Maria Crespi, fautore di un linguaggio schietto e alieno dalle convenzioni, giudicato forse non sufficientemente rispettoso del criterio del decoro, resta escluso dall’impresa, nonostante il rapporto di amichevole libertà instaurato con il vescovo bolognese, di cui fanno testo i due ritratti di Lambertini in veste di cardinale e di pontefice. Con la salita al soglio pontifico (1740) l’impegno lambertiniano per la sua patria non viene meno, anzi si rafforza grazie al convergere nel cantiere della metropolitana di ulteriori risorse finanziarie e di manodopera qualificata di maestranze non solo bolognesi, ma anche romane. Ne reca testimonianza la sontuosità di arazzi, paramenti liturgici, suppellettile sacra conservati nel Tesoro della cattedrale bolognese, che insieme al dono del nuovo Reliquiario del Capo di San Petronio, forgiato dall’argentiere romano Francesco Giardoni e destinato alla basilica del santo patrono (1743), e della perduta Rosa d’Oro (1751), intendevano dimostrare il forte legame di Benedetto XIV con la sua città natale. La sua benevolenza avrebbe investito l’intero territorio della diocesi: comunità monastiche femminili, chiese parrocchiali, collegiate cittadine e foranee, sarebbero state gratificate attraverso l’attuazione di impegnativi progetti di riedificazione architettonica, o con il dono di arredi e apparati con l’arma del pontefice, utili a significare simbolicamente la sua presenza, nonostante la distanza imposta dalla residenza romana. Dell’ampiezza della sua munificenza danno conto numerosi calici d’argento, piviali e parati di sete e damaschi, che una ricognizione, svolta in questa occasione, ha potuto rintracciare.

Graziani, I. (2025). Un lungo governo della diocesi: mecenatismo e munificenza di Prospero Lambertini, vescovo di Bologna. Bologna : Pendragon.

Un lungo governo della diocesi: mecenatismo e munificenza di Prospero Lambertini, vescovo di Bologna

Graziani Irene
2025

Abstract

Destinato a una brillante carriera ecclesiastica, che lo avrebbe condotto “inopinatamente” a rivestire la suprema autorità religiosa, il bolognese Prospero Lambertini è artefice di un’azione pastorale guidata da intenti riformatori e aperta al moderno pensiero sperimentale galileiano. Fulcro del rinnovamento culturale cittadino, Palazzo Poggi – sede dell’Istituto delle Scienze e dell’Accademia Clementina, di recente fondazione – è l’istituzione da lui privilegiata come beneficiaria di risorse e provvedimenti durante il proprio mandato a vescovo di Bologna (1731), mantenuto anche dopo la nomina a pontefice (1740). L’intensa opera di finanziamento a vantaggio di Palazzo Poggi – che comporterà la realizzazione della stanza di anatomia, il dono di importanti fondi librari, di raccolte di gessi e di stampe – si inaugura, in realtà, già nel 1726, con la richiesta da parte di Lambertini di una pala da collocare nella cappella dell’edificio. Commissionata a Marcantonio Franceschini, maestro di fama internazionale e accademico clementino, l’Annunciazione oggi nella chiesa di Sant’Isaia, lascia emergere le affinità del presule, ancora semplice monsignore, con le tendenze artistiche moderate, ispirate al “buon gusto” teorizzato da Ludovico Antonio Muratori (1708). La sintonia con le posizioni critiche sostenute dall’Accademia Clementina riaffiorerà in seguito, nel corso del rifacimento degli altari della cattedrale metropolitana, le cui pale sono eseguite dai maggiori maestri operanti in città – Donato Creti, Giuseppe Marchesi detto il Sansone, Ercole Graziani, Antonio Rossi – in grado di garantire dignità e gravità consone al luogo, in cui si celebra il ministero sacerdotale e il seggio episcopale. Soltanto Giuseppe Maria Crespi, fautore di un linguaggio schietto e alieno dalle convenzioni, giudicato forse non sufficientemente rispettoso del criterio del decoro, resta escluso dall’impresa, nonostante il rapporto di amichevole libertà instaurato con il vescovo bolognese, di cui fanno testo i due ritratti di Lambertini in veste di cardinale e di pontefice. Con la salita al soglio pontifico (1740) l’impegno lambertiniano per la sua patria non viene meno, anzi si rafforza grazie al convergere nel cantiere della metropolitana di ulteriori risorse finanziarie e di manodopera qualificata di maestranze non solo bolognesi, ma anche romane. Ne reca testimonianza la sontuosità di arazzi, paramenti liturgici, suppellettile sacra conservati nel Tesoro della cattedrale bolognese, che insieme al dono del nuovo Reliquiario del Capo di San Petronio, forgiato dall’argentiere romano Francesco Giardoni e destinato alla basilica del santo patrono (1743), e della perduta Rosa d’Oro (1751), intendevano dimostrare il forte legame di Benedetto XIV con la sua città natale. La sua benevolenza avrebbe investito l’intero territorio della diocesi: comunità monastiche femminili, chiese parrocchiali, collegiate cittadine e foranee, sarebbero state gratificate attraverso l’attuazione di impegnativi progetti di riedificazione architettonica, o con il dono di arredi e apparati con l’arma del pontefice, utili a significare simbolicamente la sua presenza, nonostante la distanza imposta dalla residenza romana. Dell’ampiezza della sua munificenza danno conto numerosi calici d’argento, piviali e parati di sete e damaschi, che una ricognizione, svolta in questa occasione, ha potuto rintracciare.
2025
Benedetto XIV e Bologna. Arti e scienze nell’età dei lumi
149
184
Graziani, I. (2025). Un lungo governo della diocesi: mecenatismo e munificenza di Prospero Lambertini, vescovo di Bologna. Bologna : Pendragon.
Graziani, Irene
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/1021885
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