Archetipotown. La città della metamorfosi

The presented drawing proposes a cardo decumanic city formed by parts of different cities, as an example of the possible existing urban archetypes. If it is true that cities are collective expression and memory, perhaps we can venture to argue that there is no urban archetype, but rather a multitude of archetypes as an expression of the civic wills that created them by transforming them. In contemporary urban space, archetypes find place, typologically declined differently, that repeat themselves despite their constant renewal. Perhaps these are sequences of archetypes, that constantly reinvent themselves according to a metamorphic process. Thus, to exemplify, the reviled rue-corridor formed by sequences of buildings that are found both in the Western and Eastern worlds, such as havelis, polykatoikia or our own rows of condominiums, is perhaps also an archetype that finds its place in cities of all times. Similarly, it seems reductive to deduce the square of the bourgeois city from the Roman Forum alone, but more correct to consider that its declinations - or metamorphoses - have within them themselves architectural potential. Think of the Place Royale, which gave rise to new collective spaces and which in turn became other new urban places of subsequent urban landscapes. Are there not perhaps new urban archetypes whose consolidated morphological relationships are repeated despite architectural typological differences without significant variations other than those of a purely formal nature? Is it perhaps a question of thinking how the metamorphosis of the archetype is itself potentially an archetype?

Il disegno presentato propone una città cardo decumanica formata da parti di diverse città, come esemplificazione dei possibili archetipi urbani esistenti. Se è vero che le città sono espressione e memoria collettiva forse si può azzardare a sostenere come non esista un archetipo urbano, ma vi sia una moltitudine di archetipi quali espressione delle volontà civiche che li hanno realizzati trasformandoli. Nello spazio urbano contemporaneo trovano luogo, declinati tipologicamente differentemente, archetipi che si ripetono pur nel loro costante rinnovamento. Si tratta forse di sequenze di archetipi, che si re-inventano costantemente secondo un processo metamorfico. Così per esemplificare, la vituperata rue-corridor formata da sequenze di edifici che si ritrovano sia nel mondo occidentale, sia in quello orientale, come gli haveli, i polykatoikia o le nostrane infilate di condomini, è forse anch’essa un archetipo che trova la sua collocazione nelle città di tutti i tempi. Analogamente sembra essere riduttivo far discendere la piazza della città borghese, dal solo Foro romano, ma più corretto considerare che le sue declinazioni - ovvero metamorfosi - abbiano al loro interno esse stesse potenzialità architetipiche. Si pensi alle Place Royale, che hanno dato origine a nuovi spazi collettivi e che a loro volta sono diventati altri nuovi luoghi urbani dei paesaggi urbani successivi. Non esistono forse nuovi archetipi urbani i cui consolidati rapporti morfologici si ripetono pur con differenze tipologiche architettoniche senza significative variazioni se non di carattere prettamente formale? Si tratta forse di pensare come la metamorfosi dell’archetipo sia esso stesso potenzialmente un archetipo?