In Italia e non solo, nei discorsi pubblici variamente collegati ai temi della natalità in generale, e del declino delle nascite in particolare, le donne sono quasi sempre il principale soggetto chiamato in causa: viene loro ricordato che il tempo biologico è limitato e che potrebbero pentirsi di non diventare madri, viene riaffermato che è nell’avere figli che devono trovare la loro maggiore realizzazione e viene collegata la diminuzione del numero dei nuovi nati alle loro ambizioni extra-familiari o al loro supposto edonismo. Il fatto che simili discorsi vengano molto sporadicamente utilizzati per commentare pratiche e ruoli maschili in rapporto ai temi in oggetto mette in evidenza la necessità di guardare alla questione del calo delle nascite da una prospettiva di genere. In quest’ottica, il presente capitolo si propone di affrontare la questione del declino della natalità in Italia rimettendo al centro della riflessione il soggetto “donna” e considerando il rapporto tra condizione femminile, maternità e scelte di fertilità. Nello specifico, il capitolo adotta una duplice prospettiva. Da un lato, ci si domanda che cosa significhi essere giovani donne oggi in Italia e le implicazioni delle condizioni di vita esperite delle giovani italiane sulle loro scelte di fertilità. Dall’altro lato, il capitolo si concentra su che cosa significhi essere madri oggi in Italia e, nello specifico, sulle “conseguenze” della maternità sulle condizioni di vita delle donne italiane. Se consideriamo la natalità come un complesso insieme di scelte e pratiche legate alla decisione di avere o meno figli, risulta infatti evidente il collegamento con il tema della maternità e le sue specifiche manifestazioni socioculturali. Comprendere le dinamiche del calo delle nascite implica pertanto necessariamente riflettere anche sull’identità femminile, sulla condizione di vita delle donne (e delle giovani donne nello specifico) e sui rapporti tra i generi nelle esperienze di genitorialità per ricostruire le specifiche condizioni socioculturali che, di volta in volta, influenzano le possibilità e la volontà delle donne di pensarsi madri e la loro esperienza complessiva dell’essere genitori. La scelta di mettere la donna al centro di questa riflessione nasce pertanto dalla volontà di riflettere sul paradosso per cui il soggetto maggiormente chiamato in causa – e spesso iper-responsabilizzato – nella discussione sulla natalità e sul declino delle nascite, sia anche il soggetto che sembra avere meno possibilità di controllo sul modo in cui la genitorialità è socialmente “resa possibile” in discorsi, norme e politiche. Il capitolo si apre con una ricognizione del pensiero femminista sul tema della maternità volto a problematizzare il rapporto tra essa e l’identità femminile. Successivamente, l’analisi guarda alle condizioni in cui la maternità si “realizza” nel contesto italiano. Da un lato, il capitolo presenta alcuni dati sulla condizione occupazionale delle giovani donne discutendo come la fragilità economico-lavorativa di questo segmento della popolazione costituisca un nodo centrale da affrontare nel momento in cui si riflette sulle ragioni del declino delle nascite. Dall’altro lato, la riflessione considera gli effetti che il diventare madri ha sulle carriere professionali delle donne italiane, argomentando come questi influiscano sulle scelte di genitorialità stesse di chi è già madre rispetto all’avere più di un figlio e di chi ancora non lo è. Le conclusioni discutono le implicazioni di queste riflessioni argomentando l’idea che affrontare il problema del calo delle nascite da una prospettiva di genere implichi necessariamente l’immaginare politiche sociali “per le donne”, intese come policies che mettano realmente le donne nella condizione di scegliere di essere madri.
Pitti, I. (2024). Il calo delle nascite in una prospettiva di genere: immaginare politiche per le donne. Milano : FrancoAngeli.
Il calo delle nascite in una prospettiva di genere: immaginare politiche per le donne
Ilaria Pitti
Primo
2024
Abstract
In Italia e non solo, nei discorsi pubblici variamente collegati ai temi della natalità in generale, e del declino delle nascite in particolare, le donne sono quasi sempre il principale soggetto chiamato in causa: viene loro ricordato che il tempo biologico è limitato e che potrebbero pentirsi di non diventare madri, viene riaffermato che è nell’avere figli che devono trovare la loro maggiore realizzazione e viene collegata la diminuzione del numero dei nuovi nati alle loro ambizioni extra-familiari o al loro supposto edonismo. Il fatto che simili discorsi vengano molto sporadicamente utilizzati per commentare pratiche e ruoli maschili in rapporto ai temi in oggetto mette in evidenza la necessità di guardare alla questione del calo delle nascite da una prospettiva di genere. In quest’ottica, il presente capitolo si propone di affrontare la questione del declino della natalità in Italia rimettendo al centro della riflessione il soggetto “donna” e considerando il rapporto tra condizione femminile, maternità e scelte di fertilità. Nello specifico, il capitolo adotta una duplice prospettiva. Da un lato, ci si domanda che cosa significhi essere giovani donne oggi in Italia e le implicazioni delle condizioni di vita esperite delle giovani italiane sulle loro scelte di fertilità. Dall’altro lato, il capitolo si concentra su che cosa significhi essere madri oggi in Italia e, nello specifico, sulle “conseguenze” della maternità sulle condizioni di vita delle donne italiane. Se consideriamo la natalità come un complesso insieme di scelte e pratiche legate alla decisione di avere o meno figli, risulta infatti evidente il collegamento con il tema della maternità e le sue specifiche manifestazioni socioculturali. Comprendere le dinamiche del calo delle nascite implica pertanto necessariamente riflettere anche sull’identità femminile, sulla condizione di vita delle donne (e delle giovani donne nello specifico) e sui rapporti tra i generi nelle esperienze di genitorialità per ricostruire le specifiche condizioni socioculturali che, di volta in volta, influenzano le possibilità e la volontà delle donne di pensarsi madri e la loro esperienza complessiva dell’essere genitori. La scelta di mettere la donna al centro di questa riflessione nasce pertanto dalla volontà di riflettere sul paradosso per cui il soggetto maggiormente chiamato in causa – e spesso iper-responsabilizzato – nella discussione sulla natalità e sul declino delle nascite, sia anche il soggetto che sembra avere meno possibilità di controllo sul modo in cui la genitorialità è socialmente “resa possibile” in discorsi, norme e politiche. Il capitolo si apre con una ricognizione del pensiero femminista sul tema della maternità volto a problematizzare il rapporto tra essa e l’identità femminile. Successivamente, l’analisi guarda alle condizioni in cui la maternità si “realizza” nel contesto italiano. Da un lato, il capitolo presenta alcuni dati sulla condizione occupazionale delle giovani donne discutendo come la fragilità economico-lavorativa di questo segmento della popolazione costituisca un nodo centrale da affrontare nel momento in cui si riflette sulle ragioni del declino delle nascite. Dall’altro lato, la riflessione considera gli effetti che il diventare madri ha sulle carriere professionali delle donne italiane, argomentando come questi influiscano sulle scelte di genitorialità stesse di chi è già madre rispetto all’avere più di un figlio e di chi ancora non lo è. Le conclusioni discutono le implicazioni di queste riflessioni argomentando l’idea che affrontare il problema del calo delle nascite da una prospettiva di genere implichi necessariamente l’immaginare politiche sociali “per le donne”, intese come policies che mettano realmente le donne nella condizione di scegliere di essere madri.File | Dimensione | Formato | |
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