L’epigenetic poetry teorizzata (e praticata) da Giovanni Fontana segnalerebbe «una concezione del testo come testo integrato, come politesto in risonanza, come ipertesto sonoro multipoietico, come ultratesto trasversale che vive di polifonie intermediali e interlinguistiche», ragion per cui la superficie apparentemente unidimensionale delle opere verbali tende a svelare ben presto, attraverso precise scelte compositive ed evidenze linguistico-stilistiche, un sostrato magmatico, aperto alle «pluripotenzialità» del visuale, del sonoro, dell’aptico, insomma di tutti quei livelli della percezione e della cognizione che travalicano l’ipostasi cristallizzata del verbum. Attraverso quali procedure formali e tematiche si innescherebbe una fenomenologia estetica tale da forzare i confini mediali della poesia? È possibile immaginare una performance implicita, allestita, magari, a partire dalle componenti materiali – grafico-foniche e pragmatiche – insite nelle stesse parole? Il soma sostituirà il sema, la rappresentazione cederà il passo all’irrompere della presentazione: il testo poetico, anche nella sua forma scritta, andrà così ripensato come evento (mutevole, ambiguo, materiale, relazionale) e non più come oggetto (dato, fissato, inerte, univoco), come avverte, a giusta ragione, Gerald L. Bruns (2005).
Ciaco, M. (2022). Il corpo del pre-testo. Tensione sinestetica e dialogismo performativo nei testi lineari di Giovanni Fontana. Milano : Agenzia X.
Il corpo del pre-testo. Tensione sinestetica e dialogismo performativo nei testi lineari di Giovanni Fontana
Marilina Ciaco
2022
Abstract
L’epigenetic poetry teorizzata (e praticata) da Giovanni Fontana segnalerebbe «una concezione del testo come testo integrato, come politesto in risonanza, come ipertesto sonoro multipoietico, come ultratesto trasversale che vive di polifonie intermediali e interlinguistiche», ragion per cui la superficie apparentemente unidimensionale delle opere verbali tende a svelare ben presto, attraverso precise scelte compositive ed evidenze linguistico-stilistiche, un sostrato magmatico, aperto alle «pluripotenzialità» del visuale, del sonoro, dell’aptico, insomma di tutti quei livelli della percezione e della cognizione che travalicano l’ipostasi cristallizzata del verbum. Attraverso quali procedure formali e tematiche si innescherebbe una fenomenologia estetica tale da forzare i confini mediali della poesia? È possibile immaginare una performance implicita, allestita, magari, a partire dalle componenti materiali – grafico-foniche e pragmatiche – insite nelle stesse parole? Il soma sostituirà il sema, la rappresentazione cederà il passo all’irrompere della presentazione: il testo poetico, anche nella sua forma scritta, andrà così ripensato come evento (mutevole, ambiguo, materiale, relazionale) e non più come oggetto (dato, fissato, inerte, univoco), come avverte, a giusta ragione, Gerald L. Bruns (2005).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


