Il presente contributo vorrebbe indagare la genesi editoriale, insieme ad alcune questioni tematiche, stilistiche ed ermeneutiche, della traduzione di Alice Ceresa del celebre saggio di Elias Canetti su Franz Kafka, vale a dire L’altro processo. Le lettere di Kafka a Felice (titolo originale Der andere Prozess. Kafkas Briefe an Felice, prima edizione Milano, Longanesi, 1969; poi Parma, Guanda, 1990, 2003). Ne L’altro processo Canetti fornisce una propria interpretazione critica dei numerosi e stratificati legami tra biografia e opera in Kafka, partendo da una lettura approfondita e circostanziata delle lettere alla fidanzata Felice Bauer, risalenti al periodo 1912-1917. Per Canetti l’atteggiamento ambiguo ed estremamente volubile di Kafka nei confronti di Felice, così come verso l’idea stessa del «fidanzamento» in quanto tappa decisiva nella vita di un uomo, è ben attestato dal denso carteggio, che ripercorre le tappe imprevedibili, quasi sempre paradossali, del rapporto tra i due. Lo sguardo di Canetti registra le oscillazioni della complessa personalità kafkiana e, analogamente, la trasformazione di queste in altrettanti spunti esistenziali – sebbene deliberatamente occultati dall’autore – per la composizione delle opere coeve. È attraverso la mediazione di questa «interposta persona» testuale che Ceresa, traducendo Canetti, si inoltra nell’universo kafkiano, nel quale appare plausibile avesse riscontrato diverse affinità con la propria scrittura, in primo luogo sul piano tematico: il rapporto conflittuale fra individuo e società, la famiglia, il carattere costruito, arbitrario, delle norme sociali, l’inevitabile contraddizione di chi non può dirsi «integrato», i meccanismi di soggettivazione imposti dal potere nelle sue molteplici manifestazioni. Nella parte centrale del saggio si legge: «C’è qualcosa di profondamente provocante nell’ostinato tentativo di questo essere impotente di sottrarsi a qualsiasi forma di potere. […] Non c’è scrittore che sia più esperto del potere di Kafka. Egli lo ha vissuto e formulato in ognuno dei suoi aspetti» (L’altro processo, 2003, pp. 110-111). L’interpretazione canettiana di Kafka sembrerebbe dunque trovare più di qualche risonanza con quelle di Bataille (1957) e di Deleuze-Guattari (1975), ma è possibile scorgere un’ulteriore inaspettata somiglianza fra l’«essere impotente» e alcuni personaggi ceresiani, in primis la protagonista de La figlia prodiga (1967) e la figlia maggiore de La morte del padre (1979).

Ciaco, M. (In stampa/Attività in corso). Ceresa, Canetti, Kafka. Soggetto e potere ne L’altro processo. Firenze : Società editrice fiorentina.

Ceresa, Canetti, Kafka. Soggetto e potere ne L’altro processo

Marilina Ciaco
In corso di stampa

Abstract

Il presente contributo vorrebbe indagare la genesi editoriale, insieme ad alcune questioni tematiche, stilistiche ed ermeneutiche, della traduzione di Alice Ceresa del celebre saggio di Elias Canetti su Franz Kafka, vale a dire L’altro processo. Le lettere di Kafka a Felice (titolo originale Der andere Prozess. Kafkas Briefe an Felice, prima edizione Milano, Longanesi, 1969; poi Parma, Guanda, 1990, 2003). Ne L’altro processo Canetti fornisce una propria interpretazione critica dei numerosi e stratificati legami tra biografia e opera in Kafka, partendo da una lettura approfondita e circostanziata delle lettere alla fidanzata Felice Bauer, risalenti al periodo 1912-1917. Per Canetti l’atteggiamento ambiguo ed estremamente volubile di Kafka nei confronti di Felice, così come verso l’idea stessa del «fidanzamento» in quanto tappa decisiva nella vita di un uomo, è ben attestato dal denso carteggio, che ripercorre le tappe imprevedibili, quasi sempre paradossali, del rapporto tra i due. Lo sguardo di Canetti registra le oscillazioni della complessa personalità kafkiana e, analogamente, la trasformazione di queste in altrettanti spunti esistenziali – sebbene deliberatamente occultati dall’autore – per la composizione delle opere coeve. È attraverso la mediazione di questa «interposta persona» testuale che Ceresa, traducendo Canetti, si inoltra nell’universo kafkiano, nel quale appare plausibile avesse riscontrato diverse affinità con la propria scrittura, in primo luogo sul piano tematico: il rapporto conflittuale fra individuo e società, la famiglia, il carattere costruito, arbitrario, delle norme sociali, l’inevitabile contraddizione di chi non può dirsi «integrato», i meccanismi di soggettivazione imposti dal potere nelle sue molteplici manifestazioni. Nella parte centrale del saggio si legge: «C’è qualcosa di profondamente provocante nell’ostinato tentativo di questo essere impotente di sottrarsi a qualsiasi forma di potere. […] Non c’è scrittore che sia più esperto del potere di Kafka. Egli lo ha vissuto e formulato in ognuno dei suoi aspetti» (L’altro processo, 2003, pp. 110-111). L’interpretazione canettiana di Kafka sembrerebbe dunque trovare più di qualche risonanza con quelle di Bataille (1957) e di Deleuze-Guattari (1975), ma è possibile scorgere un’ulteriore inaspettata somiglianza fra l’«essere impotente» e alcuni personaggi ceresiani, in primis la protagonista de La figlia prodiga (1967) e la figlia maggiore de La morte del padre (1979).
In corso di stampa
Alice Ceresa traduttrice e tradotta
1
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Ciaco, M. (In stampa/Attività in corso). Ceresa, Canetti, Kafka. Soggetto e potere ne L’altro processo. Firenze : Società editrice fiorentina.
Ciaco, Marilina
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/1010535
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