Formatosi nell’ambito del movimento ACT UP (AIDS Coalition to Unleash Power), Gran Fury è stato un collettivo attivo a New York dal 1988 al 1995 che si presentava come un “gruppo di individui uniti dalla rabbia e dediti a sfruttare il potere dell'arte per porre fine alla crisi dell'AIDS”. Gran Fury era composto da 11 membri, tra cui gli artisti visivi Marlene McCarthy e Donald Moffett e il regista Tom Kalin. La produzione del gruppo consisteva in campagne di affissione di manifesti che circolavano nella sfera pubblica (ad esempio Kissing Doesn't Kill, 1989) e talvolta venivano installati in spazi espositivi (ad esempio alla Biennale di Venezia del 1990). Queste campagne si appropriavano e allegorizzavano il linguaggio dei mass media, in particolare della pubblicità, giustapponendo un immaginario queer, ritratti di leader religiosi e politici, e messaggi mirati a generare forme di disobbedienza civile ma confezionati in una grafica dal forte appeal. Lo stile e il programma di Gran Fury – all'incrocio tra arte, design e attivismo – ricordano quello della coeva artista visiva Barbara Kruger, ma mentre questa affronta questioni di femminismo e capitalismo, il collettivo si concentra sui diritti dei gay e sulla crisi dell'AIDS. Una delle epidemie più letali di sempre, l'AIDS si diffuse negli anni '80 e inizialmente colpì soprattutto uomini gay, con dure ricadute sulla comunità artistica di San Francisco e New York. L'articolo ripercorre la genesi dei progetti e della metodologia di Gran Fury, affrontando questioni come la loro natura collettiva e partecipativa, l'uso tattico della sfera pubblica e il loro approccio tipicamente postmodernista ai media. Oggi, alla luce della recente – e ancora parzialmente in corso – pandemia da Covid-19, la peculiare risposta di Gran Fury alla crisi dell'AIDS si pone come modello universale del ruolo dell’arte come strumento ispiratore di forme di agency, resistenza, solidarietà, legame comunitario e identificazione sociale.

Spampinato, F. (2024). Arte, agency e pandemia: il modello antesignano di Gran Fury e la crisi dell’AIDS. Milano : FrancoAngeli.

Arte, agency e pandemia: il modello antesignano di Gran Fury e la crisi dell’AIDS

Francesco Spampinato
2024

Abstract

Formatosi nell’ambito del movimento ACT UP (AIDS Coalition to Unleash Power), Gran Fury è stato un collettivo attivo a New York dal 1988 al 1995 che si presentava come un “gruppo di individui uniti dalla rabbia e dediti a sfruttare il potere dell'arte per porre fine alla crisi dell'AIDS”. Gran Fury era composto da 11 membri, tra cui gli artisti visivi Marlene McCarthy e Donald Moffett e il regista Tom Kalin. La produzione del gruppo consisteva in campagne di affissione di manifesti che circolavano nella sfera pubblica (ad esempio Kissing Doesn't Kill, 1989) e talvolta venivano installati in spazi espositivi (ad esempio alla Biennale di Venezia del 1990). Queste campagne si appropriavano e allegorizzavano il linguaggio dei mass media, in particolare della pubblicità, giustapponendo un immaginario queer, ritratti di leader religiosi e politici, e messaggi mirati a generare forme di disobbedienza civile ma confezionati in una grafica dal forte appeal. Lo stile e il programma di Gran Fury – all'incrocio tra arte, design e attivismo – ricordano quello della coeva artista visiva Barbara Kruger, ma mentre questa affronta questioni di femminismo e capitalismo, il collettivo si concentra sui diritti dei gay e sulla crisi dell'AIDS. Una delle epidemie più letali di sempre, l'AIDS si diffuse negli anni '80 e inizialmente colpì soprattutto uomini gay, con dure ricadute sulla comunità artistica di San Francisco e New York. L'articolo ripercorre la genesi dei progetti e della metodologia di Gran Fury, affrontando questioni come la loro natura collettiva e partecipativa, l'uso tattico della sfera pubblica e il loro approccio tipicamente postmodernista ai media. Oggi, alla luce della recente – e ancora parzialmente in corso – pandemia da Covid-19, la peculiare risposta di Gran Fury alla crisi dell'AIDS si pone come modello universale del ruolo dell’arte come strumento ispiratore di forme di agency, resistenza, solidarietà, legame comunitario e identificazione sociale.
2024
Arti come Agency. Il valore sociale e politico delle arti nelle comunità
40
53
Spampinato, F. (2024). Arte, agency e pandemia: il modello antesignano di Gran Fury e la crisi dell’AIDS. Milano : FrancoAngeli.
Spampinato, Francesco
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