Il capitolo si focalizza sulle cooperative sociali di inserimento lavorativo, intese come veri e propri laboratori del welfare dell’attivazione, analizzando soprattutto il come esse interpretano la loro collocazione ai confini tra assistenza e lavoro (o più genericamente tra economia e società). Secondo alcuni le cooperative sociali, grazie alla centralità accordata all’inserimento lavorativo nel fronteggiare situazioni di vulnerabilità ed esclusione sociale, avrebbero addirittura anticipato la svolta modernizzatrice sostenuta dal principio dell’attivazione. Attraverso la costruzione di opportunità lavorative, infatti, esse favoriscono il rinforzo delle capacità delle persone in condizioni di svantaggio e la loro assunzione di responsabilità, riducendo lo spazio per forme di dipendenza passiva. Sul versante del loro concreto operare, tuttavia, oggi emergono contraddizioni, ambiguità e conflitti che scoraggiano facili entusiasmi. È vero che le cooperative sociali, in questi ultimi anni, per il fatto di collocarsi al confine tra assistenza e lavoro, evocano possibilità inedite di intervento. È altrettanto vero, però, che oggi in Italia il welfare dell’attivazione non è poi così distante dall’immagine che lo ritrae come un cantiere aperto, a volte poco più di uno slogan, altre volte ancora una forma di controllo sociale e di neopaternalismo, altre volte ancora un pretesto per ridurre l’impegno verso i soggetti più deboli e a rischio di esclusione, scaricando su di loro la responsabilità di trovare la strada per la reintegrazione nella società. L’obiettivo del contributo è di analizzare le potenzialità e i limiti delle cooperative sociali di inserimento lavorativo rispetto alla configurazione che assumerà il welfare dell’attivazione in Italia.
Cooperazione sociale e inserimento lavorativo: l’ambivalenza delle politiche di attivazione
DE LUIGI, NICOLA
2010
Abstract
Il capitolo si focalizza sulle cooperative sociali di inserimento lavorativo, intese come veri e propri laboratori del welfare dell’attivazione, analizzando soprattutto il come esse interpretano la loro collocazione ai confini tra assistenza e lavoro (o più genericamente tra economia e società). Secondo alcuni le cooperative sociali, grazie alla centralità accordata all’inserimento lavorativo nel fronteggiare situazioni di vulnerabilità ed esclusione sociale, avrebbero addirittura anticipato la svolta modernizzatrice sostenuta dal principio dell’attivazione. Attraverso la costruzione di opportunità lavorative, infatti, esse favoriscono il rinforzo delle capacità delle persone in condizioni di svantaggio e la loro assunzione di responsabilità, riducendo lo spazio per forme di dipendenza passiva. Sul versante del loro concreto operare, tuttavia, oggi emergono contraddizioni, ambiguità e conflitti che scoraggiano facili entusiasmi. È vero che le cooperative sociali, in questi ultimi anni, per il fatto di collocarsi al confine tra assistenza e lavoro, evocano possibilità inedite di intervento. È altrettanto vero, però, che oggi in Italia il welfare dell’attivazione non è poi così distante dall’immagine che lo ritrae come un cantiere aperto, a volte poco più di uno slogan, altre volte ancora una forma di controllo sociale e di neopaternalismo, altre volte ancora un pretesto per ridurre l’impegno verso i soggetti più deboli e a rischio di esclusione, scaricando su di loro la responsabilità di trovare la strada per la reintegrazione nella società. L’obiettivo del contributo è di analizzare le potenzialità e i limiti delle cooperative sociali di inserimento lavorativo rispetto alla configurazione che assumerà il welfare dell’attivazione in Italia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.