Viviamo ormai in un presente smaterializzato, gli oggetti sembrano svanire per lasciare il posto a byte, informazioni, realtà virtuale, e a una nostalgia della presenza sempre più forte. Così leggiamo i grandi romanzi dell’Ottocento – le opere di Balzac, Dickens e James – e almeno in apparenza troviamo la materialità che trionfa, si moltiplica e invade il mondo. Un mondo secolarizzato, che diventa sempre più tangibile, grazie a una serie di trasformazioni economiche e sociali: lo sviluppo della società industriale, la crescente produzione “massificata” di oggetti e la loro immissione sul mercato a ritmi prima inimmaginabili, una nuova visibilità che si manifesta in vetrine, esposizioni, pubblicità. Ma, si chiede Donata Meneghelli in questo studio penetrante e innovativo, l’Ottocento è veramente il regno oggettuale oggi perduto? La risposta non è scontata, e nemmeno univoca. Il libro si interroga sui nuovi rapporti tra il materiale e l'immateriale che la modernità riconfigura, e sui limiti della stessa materialità, attraverso tre parole chiave - segni, spoglie, scarti - ciascuna delle quali designa uno specifico aspetto di ciò che Arjun Appadurai ha chiamato la vita sociale delle cose. Senza pretesa di esaustività, esse permettono di costruire una fenomenologia che dall’Ottocento arriva a toccare anche la nostra contemporaneità, all’incrocio tra procedimenti retorici e storia culturale, e di verificare quanto gli oggetti hanno ancora da dire su di noi e a noi, come ci interpellano sulle nostre credenze e sulle nostre illusioni.
Meneghelli, D. (2024). Il valore degli oggetti. Segni, spoglie, scarti nel romanzo dell'Ottocento. Milano : nottetempo.
Il valore degli oggetti. Segni, spoglie, scarti nel romanzo dell'Ottocento
Donata Meneghelli
2024
Abstract
Viviamo ormai in un presente smaterializzato, gli oggetti sembrano svanire per lasciare il posto a byte, informazioni, realtà virtuale, e a una nostalgia della presenza sempre più forte. Così leggiamo i grandi romanzi dell’Ottocento – le opere di Balzac, Dickens e James – e almeno in apparenza troviamo la materialità che trionfa, si moltiplica e invade il mondo. Un mondo secolarizzato, che diventa sempre più tangibile, grazie a una serie di trasformazioni economiche e sociali: lo sviluppo della società industriale, la crescente produzione “massificata” di oggetti e la loro immissione sul mercato a ritmi prima inimmaginabili, una nuova visibilità che si manifesta in vetrine, esposizioni, pubblicità. Ma, si chiede Donata Meneghelli in questo studio penetrante e innovativo, l’Ottocento è veramente il regno oggettuale oggi perduto? La risposta non è scontata, e nemmeno univoca. Il libro si interroga sui nuovi rapporti tra il materiale e l'immateriale che la modernità riconfigura, e sui limiti della stessa materialità, attraverso tre parole chiave - segni, spoglie, scarti - ciascuna delle quali designa uno specifico aspetto di ciò che Arjun Appadurai ha chiamato la vita sociale delle cose. Senza pretesa di esaustività, esse permettono di costruire una fenomenologia che dall’Ottocento arriva a toccare anche la nostra contemporaneità, all’incrocio tra procedimenti retorici e storia culturale, e di verificare quanto gli oggetti hanno ancora da dire su di noi e a noi, come ci interpellano sulle nostre credenze e sulle nostre illusioni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.