Nello Ione, Socrate dialoga con il più celebre dei rapsodi omerici, Ione di Efeso, personaggio fittizio dal nome parlante che rappresenta per Platone l’erede della cultura tradizionale, cultura che mantiene viva esercitando il ruolo di elogiatore e mediatore ufficiale dei suoi valori. A fronteggiarsi nel dialogo sono allora due stili di pensiero contrapposti e inconciliabili. Da un lato lo stile del rapsodo e del “poeta” in senso lato (cioè di chiunque si faccia portavoce dei valori della tradizione poetica), rappresentanti di una cultura dell’elogio e dell’autorità, dove il successo di fronte a un pubblico e la capacità di persuaderlo, manipolandone credenze ed emozioni, valgono più del sapere e della verità al fine di ottenere la fama di uomo eccellente. E dall’altro lo stile del filosofo, che al contrario difende un’etica o una cultura del sapere, cioè quello stile di pensiero e di vita per cui ciò che conta non è apparire ma essere uomini eccellenti, e il solo modo per ottenerlo è uscire dalla condizione di prigionia dell’anima di chi ritiene di sapere ciò che invece non sa, attraverso un esame costante e consapevole delle proprie credenze. Solo questo atteggiamento mentale responsabile è capace di alimentare la vera aspirazione alla sapienza. Il poeta e il filosofo sono entrambi esseri sacri, alati e leggeri, ma le loro ali hanno una diversa natura: il primo è leggero perché ispirato e posseduto: svuotato di una parte di sé, ospita una forza che proviene dall’alto e lo solleva da terra conducendolo in altri luoghi; il secondo, perché l’elemento più divino che è in lui, la parte migliore della sua anima, se adeguatamente stimolata trova in se stessa la forza di staccarsi dal corpo e ascendere verso luoghi che le sono affini. La divinità del poeta, come quella dell’indovino, è passiva e irrazionale; la divinità del filosofo risiede invece nel dono d’eccezione di un’anima che si lascia “accendere” dalla sua razionalità.

Platone, Ione

Carlotta Capuccino
2017

Abstract

Nello Ione, Socrate dialoga con il più celebre dei rapsodi omerici, Ione di Efeso, personaggio fittizio dal nome parlante che rappresenta per Platone l’erede della cultura tradizionale, cultura che mantiene viva esercitando il ruolo di elogiatore e mediatore ufficiale dei suoi valori. A fronteggiarsi nel dialogo sono allora due stili di pensiero contrapposti e inconciliabili. Da un lato lo stile del rapsodo e del “poeta” in senso lato (cioè di chiunque si faccia portavoce dei valori della tradizione poetica), rappresentanti di una cultura dell’elogio e dell’autorità, dove il successo di fronte a un pubblico e la capacità di persuaderlo, manipolandone credenze ed emozioni, valgono più del sapere e della verità al fine di ottenere la fama di uomo eccellente. E dall’altro lo stile del filosofo, che al contrario difende un’etica o una cultura del sapere, cioè quello stile di pensiero e di vita per cui ciò che conta non è apparire ma essere uomini eccellenti, e il solo modo per ottenerlo è uscire dalla condizione di prigionia dell’anima di chi ritiene di sapere ciò che invece non sa, attraverso un esame costante e consapevole delle proprie credenze. Solo questo atteggiamento mentale responsabile è capace di alimentare la vera aspirazione alla sapienza. Il poeta e il filosofo sono entrambi esseri sacri, alati e leggeri, ma le loro ali hanno una diversa natura: il primo è leggero perché ispirato e posseduto: svuotato di una parte di sé, ospita una forza che proviene dall’alto e lo solleva da terra conducendolo in altri luoghi; il secondo, perché l’elemento più divino che è in lui, la parte migliore della sua anima, se adeguatamente stimolata trova in se stessa la forza di staccarsi dal corpo e ascendere verso luoghi che le sono affini. La divinità del poeta, come quella dell’indovino, è passiva e irrazionale; la divinità del filosofo risiede invece nel dono d’eccezione di un’anima che si lascia “accendere” dalla sua razionalità.
2017
324
978-88-18-03197-3
Carlotta Capuccino
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