Il denaro è prima di ogni altra cosa un’intensità, dunque differenza, spostamento, trasformabilità, flusso. Più specificatamente, se visto in questa prospettiva, il denaro è quella intensità che permette all’economia di funzionare in modo dinamico e accumulativo e gestire così lo squilibrio strutturale del sistema. Il problema della realizzazione del plusvalore (la vendita del prodotto sul mercato), il salto mortale della merce come lo chiamava Marx, non sarebbe risolvibile se non ci fosse il denaro. Il capitalismo è infatti, in primo luogo, quella organizzazione sociale (ma anche quel rapporto sociale di sfruttamento) che è in grado di ottenere un rendimento crescente dall’applicazione della logica circolatoria, non a somma zero, che il denaro (la sua creazione ex nihilo), via lavoro vivo e moneta, permette di realizzare. “Insomma il denaro, la circolazione del denaro, è il modo per rendere il debito infinito” . La moneta che dell’intensità del denaro è il diretto rappresentante simbolico, è appesa alla sua duplicità intrinseca: da un lato segno desiderante, flusso illimitato di deterritorializzazione, e dall’altro misura, arbitrio, gerarchia, distinzioni. Insomma il denaro come mezzo per il dispendio e l’accumulazione al contempo. Detto altrimenti e in termini marxiani: sul piano monetario nel capitalismo è la differenza tra il valore e il plusvalore (aggiungiamo noi: il plusgodere) ad essere continuamente in gioco con il denaro. Il plusvalore buca il valore, rompe l’equivalenza tra domanda e offerta, introduce una dismisura, un’eccedenza in seno all’equilibrio economico . Occorre allora “capire che nel sistema del capitale la moneta e più generalmente ogni oggetto, in quanto mercé, e dunque moneta, reale o potenziale, non è soltanto un valore convertibile in un processo universale di produzione, ma anche indiscernibilmente (non oppositivamente, dialetticamente) carica di intensità libidinale” . Questo squilibrio è il segreto, il grande Zero, del capitalismo.

Denaro

Chicchi F.
2019

Abstract

Il denaro è prima di ogni altra cosa un’intensità, dunque differenza, spostamento, trasformabilità, flusso. Più specificatamente, se visto in questa prospettiva, il denaro è quella intensità che permette all’economia di funzionare in modo dinamico e accumulativo e gestire così lo squilibrio strutturale del sistema. Il problema della realizzazione del plusvalore (la vendita del prodotto sul mercato), il salto mortale della merce come lo chiamava Marx, non sarebbe risolvibile se non ci fosse il denaro. Il capitalismo è infatti, in primo luogo, quella organizzazione sociale (ma anche quel rapporto sociale di sfruttamento) che è in grado di ottenere un rendimento crescente dall’applicazione della logica circolatoria, non a somma zero, che il denaro (la sua creazione ex nihilo), via lavoro vivo e moneta, permette di realizzare. “Insomma il denaro, la circolazione del denaro, è il modo per rendere il debito infinito” . La moneta che dell’intensità del denaro è il diretto rappresentante simbolico, è appesa alla sua duplicità intrinseca: da un lato segno desiderante, flusso illimitato di deterritorializzazione, e dall’altro misura, arbitrio, gerarchia, distinzioni. Insomma il denaro come mezzo per il dispendio e l’accumulazione al contempo. Detto altrimenti e in termini marxiani: sul piano monetario nel capitalismo è la differenza tra il valore e il plusvalore (aggiungiamo noi: il plusgodere) ad essere continuamente in gioco con il denaro. Il plusvalore buca il valore, rompe l’equivalenza tra domanda e offerta, introduce una dismisura, un’eccedenza in seno all’equilibrio economico . Occorre allora “capire che nel sistema del capitale la moneta e più generalmente ogni oggetto, in quanto mercé, e dunque moneta, reale o potenziale, non è soltanto un valore convertibile in un processo universale di produzione, ma anche indiscernibilmente (non oppositivamente, dialetticamente) carica di intensità libidinale” . Questo squilibrio è il segreto, il grande Zero, del capitalismo.
2019
Abbecedario del reale
35
43
Chicchi F.
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