Testimoni straordinari di un’epoca, di tradizioni, di pratiche agricole e abitudini alimentari, di costumi e di culti, le Mummie di Roccapelago sono state rinvenute durante i lavori di restauro della Chiesa parrocchiale della Conversione di S. Paolo di Roccapelago. Fin dalla loro scoperta, nel 2009, esse hanno destato l’interesse non solo di archeologi e antropologi ma anche di scienziati, che le hanno studiate ed analizzate sotto molteplici aspetti. In particolare, lo studio dei tessuti biologici mummificati è stato oggetto di interesse per biologi e fisici che li hanno esaminati applicando ad essi sofisticate tecniche di indagine rivolte all’analisi di due delle principali categorie delle macromolecole del corpo umano, gli acidi nucleici e le proteine. Le proteine, in particolare, rappresentano le biomolecole che possono fornire il maggior numero di informazioni bio-antropologiche, grazie alla loro resistenza strutturale nel tempo, maggiore di quella del materiale genetico1. La ricerca proteomica in ambito bioarcheologico ha concentrato l’attenzione sulla struttura e la conformazione delle proteine degli antichi tessuti biologici, soprattutto del collagene, il principale componente proteico della pelle e delle ossa, al fine di determinarne le modificazioni subite in conseguenza dei processi di trasformazione durante il processo di mummificazione. La struttura del collagene rappresenta non solo un eccellente marker per valutare l’integrità dei tessuti post-mortem ma può anche essere correlata, in modo più generale, con la dieta, le patologie, la geografia e gli stili di vita degli individui cui appartiene. La ricerca in questo campo ha pertanto un duplice scopo. Il primo è l’identificazione dei meccanismi di alterazione strutturale delle biomolecole e la loro descrizione biochimica, così da consentire di ipotizzare quali siano state le condizioni che hanno favorito la conservazione dei corpi, evitandone la consunzione, e in che modo. L’altro ha un risvolto più orientato alla esposizione museale di questi preziosi reperti ed è finalizzato alla caratterizzazione attuale dello stato di conservazione dei tessuti, alla valutazione del degrado biomolecolare degli stessi e al monitoraggio della possibile progressione del danno nel tempo.

Analisi dei tessuti cutaneo e osseo delle mummie di Roccapelago mediante spettrofotometria infrarossa a trasformata di Fourier

Mirko Traversari
2020

Abstract

Testimoni straordinari di un’epoca, di tradizioni, di pratiche agricole e abitudini alimentari, di costumi e di culti, le Mummie di Roccapelago sono state rinvenute durante i lavori di restauro della Chiesa parrocchiale della Conversione di S. Paolo di Roccapelago. Fin dalla loro scoperta, nel 2009, esse hanno destato l’interesse non solo di archeologi e antropologi ma anche di scienziati, che le hanno studiate ed analizzate sotto molteplici aspetti. In particolare, lo studio dei tessuti biologici mummificati è stato oggetto di interesse per biologi e fisici che li hanno esaminati applicando ad essi sofisticate tecniche di indagine rivolte all’analisi di due delle principali categorie delle macromolecole del corpo umano, gli acidi nucleici e le proteine. Le proteine, in particolare, rappresentano le biomolecole che possono fornire il maggior numero di informazioni bio-antropologiche, grazie alla loro resistenza strutturale nel tempo, maggiore di quella del materiale genetico1. La ricerca proteomica in ambito bioarcheologico ha concentrato l’attenzione sulla struttura e la conformazione delle proteine degli antichi tessuti biologici, soprattutto del collagene, il principale componente proteico della pelle e delle ossa, al fine di determinarne le modificazioni subite in conseguenza dei processi di trasformazione durante il processo di mummificazione. La struttura del collagene rappresenta non solo un eccellente marker per valutare l’integrità dei tessuti post-mortem ma può anche essere correlata, in modo più generale, con la dieta, le patologie, la geografia e gli stili di vita degli individui cui appartiene. La ricerca in questo campo ha pertanto un duplice scopo. Il primo è l’identificazione dei meccanismi di alterazione strutturale delle biomolecole e la loro descrizione biochimica, così da consentire di ipotizzare quali siano state le condizioni che hanno favorito la conservazione dei corpi, evitandone la consunzione, e in che modo. L’altro ha un risvolto più orientato alla esposizione museale di questi preziosi reperti ed è finalizzato alla caratterizzazione attuale dello stato di conservazione dei tessuti, alla valutazione del degrado biomolecolare degli stessi e al monitoraggio della possibile progressione del danno nel tempo.
2020
Le Mummie di Roccapelago. Un progetto pilota di ricerca interdisciplinare tra archeologia, antropologia, storia e scienze applicate
118
127
Maria Grazia Bridelli; Chiaramaria Stani; Roberta Bedotti; Mara Bertolotti; Raffaella Tomasini; Mirko Traversari
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