I leiomiomi (o fibromi) uterini sono la neoplasia uterina più comune e colpiscono fino al 30% delle donne in età fertile, con riscontro istologico nei campioni post-isterectomia fino al 77% dei casi. Si tratta di lesioni estrogeno-dipendenti le cui dimensioni tendono ad aumentare durante la gravidanza e a ridursi nell’età post-menopausale. Nel 20-50% dei casi sono asintomatici e non richiedono alcun trattamento, ma follow-up regolari. Nei restanti casi, i fibromi possono causare sintomi correlati alle loro dimensioni e alla loro localizzazione, quali sanguinamenti uterini anomali (menometrorragie o spotting), anemizzazione secondaria, sintomi da compressione (dolore pelvico, stipsi o pollachiuria). I fibromi hanno, inoltre, un impatto negativo sulla fertilità e si associano a complicanze ostetriche, quali aborti spontanei, parti pretermine, ritardi di crescita e malpresentazioni fetali. Nelle donne che desiderano conservare l’utero e quindi nelle pazienti in cerca di gravidanza, la miomectomia costituisce l’intervento chirurgico di scelta per l’asportazione dei miomi uterini sintomatici. La miomectomia può essere eseguita per via laparoscopica, laparotomica o isteroscopica a seconda della posizione, della dimensione e del numero dei leiomiomi. L’approccio laparoscopico è spesso preferito a quello laparotomico, in quanto associato ad un inferiore tasso di complicazioni postoperatorie, ridotto dolore postoperatorio, migliore risultato estetico e ospedalizzazione più breve. Inoltre, la laparoscopia sembra avere il vantaggio di provocare meno aderenze post-operatorie rispetto alla laparotomia che sono spesso origine di sintomatologie algiche e disfunzionali. La miomectomia laparoscopica è stata descritta per la prima volta come tecnica chirurgica da Semm e Mettler nel 1977, ma solo a partire dagli anni novanta il numero di pazienti trattate con questa tecnica è aumentato notevolmente. Infatti, a causa del sempre maggior numero di donne che desiderano un intervento chirurgico che conservi la fertilità e dei rapidi progressi tecnologici per migliorare la chirurgia mini-invasiva, compreso lo sviluppo della piattaforma robotica nel 2005, la miomectomia laparoscopica o robot-assistita è sempre più spesso l’intervento chirurgico di scelta per le donne sintomatiche affette da fibromatosi uterina. L’approccio laparoscopico, tuttavia, richiede una lunga learning curve per il chirurgo, in particolare per la sutura della breccia uterina e per la morcellazione dei miomi asportati. La miomectomia laparoscopica risulta essere ad oggi una tecnica sicura e riproducibile, diffusa in tutto il mondo, con eccellenti risultati. Recenti dati, infatti, riportano un basso tasso di complicanze associate a questa procedura e basse percentuali di conversioni laparotomiche.

Miomectomia laparoscopica

renato seracchioli;diego raimondo;alessandro arena
2019

Abstract

I leiomiomi (o fibromi) uterini sono la neoplasia uterina più comune e colpiscono fino al 30% delle donne in età fertile, con riscontro istologico nei campioni post-isterectomia fino al 77% dei casi. Si tratta di lesioni estrogeno-dipendenti le cui dimensioni tendono ad aumentare durante la gravidanza e a ridursi nell’età post-menopausale. Nel 20-50% dei casi sono asintomatici e non richiedono alcun trattamento, ma follow-up regolari. Nei restanti casi, i fibromi possono causare sintomi correlati alle loro dimensioni e alla loro localizzazione, quali sanguinamenti uterini anomali (menometrorragie o spotting), anemizzazione secondaria, sintomi da compressione (dolore pelvico, stipsi o pollachiuria). I fibromi hanno, inoltre, un impatto negativo sulla fertilità e si associano a complicanze ostetriche, quali aborti spontanei, parti pretermine, ritardi di crescita e malpresentazioni fetali. Nelle donne che desiderano conservare l’utero e quindi nelle pazienti in cerca di gravidanza, la miomectomia costituisce l’intervento chirurgico di scelta per l’asportazione dei miomi uterini sintomatici. La miomectomia può essere eseguita per via laparoscopica, laparotomica o isteroscopica a seconda della posizione, della dimensione e del numero dei leiomiomi. L’approccio laparoscopico è spesso preferito a quello laparotomico, in quanto associato ad un inferiore tasso di complicazioni postoperatorie, ridotto dolore postoperatorio, migliore risultato estetico e ospedalizzazione più breve. Inoltre, la laparoscopia sembra avere il vantaggio di provocare meno aderenze post-operatorie rispetto alla laparotomia che sono spesso origine di sintomatologie algiche e disfunzionali. La miomectomia laparoscopica è stata descritta per la prima volta come tecnica chirurgica da Semm e Mettler nel 1977, ma solo a partire dagli anni novanta il numero di pazienti trattate con questa tecnica è aumentato notevolmente. Infatti, a causa del sempre maggior numero di donne che desiderano un intervento chirurgico che conservi la fertilità e dei rapidi progressi tecnologici per migliorare la chirurgia mini-invasiva, compreso lo sviluppo della piattaforma robotica nel 2005, la miomectomia laparoscopica o robot-assistita è sempre più spesso l’intervento chirurgico di scelta per le donne sintomatiche affette da fibromatosi uterina. L’approccio laparoscopico, tuttavia, richiede una lunga learning curve per il chirurgo, in particolare per la sutura della breccia uterina e per la morcellazione dei miomi asportati. La miomectomia laparoscopica risulta essere ad oggi una tecnica sicura e riproducibile, diffusa in tutto il mondo, con eccellenti risultati. Recenti dati, infatti, riportano un basso tasso di complicanze associate a questa procedura e basse percentuali di conversioni laparotomiche.
2019
Trattato di chirurgia ostetrica e ginecologica
267
274
renato seracchioli, MohaMed MabrouK, diego raimondo, alessandro arena
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