Che la categoria di bene comune viva, oggi, una situazione di crisi – vale a dire, di transizione – è cosa risaputa e ampiamente confermata da una pluralità di segni. Uno di questi – non certo dei minori – è la duplice confusione in continua crescita, per un verso, tra bene comune e bene totale e, per l’altro verso, tra bene comune e interesse generale. Come chiarisce il Documento Preparatorio della 45° Settimana Sociale ai numeri 17 – 19, mentre il bene totale è una somma di beni individuali, il bene comune è piuttosto il prodotto degli stessi. Ciò significa che il bene comune è qualcosa di indivisibile, perché solamente assieme è possibile conseguirlo, proprio come accade in un prodotto di fattori: l’annullamento di anche uno solo di questi, annulla l’intero prodotto. Essendo comune, il bene comune non riguarda la persona presa nella sua singolarità, ma in quanto è in relazione con altre persone. Il bene comune è dunque il bene della relazione stessa fra persone, tenendo presente che la relazione delle persone è intesa come bene per tutti coloro che vi partecipano. Comprendiamo allora la profonda differenza con il bene totale: in quest’ultimo non entrano le relazioni tra persone e, di conseguenza, neppure entrano i beni relazionali, la cui rilevanza ai fini del progresso civile e morale delle nostre società è ormai cosa ampiamente risaputa. Del pari diffusa, nel lessico politico ed economico corrente, è la confusione tra bene comune e interesse generale, come se i sostantivi bene e interesse, da un lato, e gli aggettivi comune e generale, dall’altro, fossero sinonimi. Eppure, generale si oppone a particolare, mentre comune si oppone a proprio. Nel bene comune il bene che ciascuno trae dal suo uso non può essere separato da quello che altri pure da esso traggono. Sulla differenza tra i concetti di bene e di interesse neppure mette conto dire, tanto essa è chiara.

Il bene comune nella società post-moderna; proposte per l’azione politico-economica

ZAMAGNI, STEFANO
2008

Abstract

Che la categoria di bene comune viva, oggi, una situazione di crisi – vale a dire, di transizione – è cosa risaputa e ampiamente confermata da una pluralità di segni. Uno di questi – non certo dei minori – è la duplice confusione in continua crescita, per un verso, tra bene comune e bene totale e, per l’altro verso, tra bene comune e interesse generale. Come chiarisce il Documento Preparatorio della 45° Settimana Sociale ai numeri 17 – 19, mentre il bene totale è una somma di beni individuali, il bene comune è piuttosto il prodotto degli stessi. Ciò significa che il bene comune è qualcosa di indivisibile, perché solamente assieme è possibile conseguirlo, proprio come accade in un prodotto di fattori: l’annullamento di anche uno solo di questi, annulla l’intero prodotto. Essendo comune, il bene comune non riguarda la persona presa nella sua singolarità, ma in quanto è in relazione con altre persone. Il bene comune è dunque il bene della relazione stessa fra persone, tenendo presente che la relazione delle persone è intesa come bene per tutti coloro che vi partecipano. Comprendiamo allora la profonda differenza con il bene totale: in quest’ultimo non entrano le relazioni tra persone e, di conseguenza, neppure entrano i beni relazionali, la cui rilevanza ai fini del progresso civile e morale delle nostre società è ormai cosa ampiamente risaputa. Del pari diffusa, nel lessico politico ed economico corrente, è la confusione tra bene comune e interesse generale, come se i sostantivi bene e interesse, da un lato, e gli aggettivi comune e generale, dall’altro, fossero sinonimi. Eppure, generale si oppone a particolare, mentre comune si oppone a proprio. Nel bene comune il bene che ciascuno trae dal suo uso non può essere separato da quello che altri pure da esso traggono. Sulla differenza tra i concetti di bene e di interesse neppure mette conto dire, tanto essa è chiara.
2008
Il Bene Comune Oggi
129
165
S.Zamagni
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