La raccolta di saggi presente in questo volume esplicita una volontà collettiva, la capacità di Aldo Rossi nel concepire il progetto come opera comune, come lavoro condivisibile, come pensiero collettivo. Vi sono pochi maestri che hanno avuto la capacità di esprimere la collettività: la condivisione del pensiero ---- diviene punto di partenza per criticare alcune linee di pensiero che tendono ad annullare la presenza dei maestri. Annullare la presenza dei maestri per esaltare il proprio ego, che ha tratto forza proprio dall’insegnamento del maestro. Più volte ci si imbatte in conversazioni che tendono ad annullare la presenza scomoda di un maestro: distruggiamo i maestri, i maestri hanno rovinato l’architettura italiana, distruggiamo il loro pensiero: forse questo pensiero non doveva appartenere alla “massa” era invece una ricerca personale talmente colta ed alta che è diventata pensiero comune. Si tratta però di una ricerca personale dove la matrice collettiva ha trasformato una idea in manifesto. Dove il pensiero così incisivo ha contraddistinto un modo di guardare alla architettura, alla città e alla storia. Benché espressione di un singolo divengono espressione della collettività. Ci troviamo oggi di fronte ad un problema di generazioni, come ha espresso chiaramente Franco Purini nell’introduzione del volume “Generazioni e progetti culturali. Atti della Giornata di studio” (Facoltà di Architettura Valle Giulia, 6 dicembre 2005) , dove le generazioni più giovani sono oggi capaci di guardare al passato in modo più libero, traendo dai maestri tutto ciò che di più originale era presente nella loro ricerca. Vi è oggi nelle generazioni più giovani una capacità di distacco e una volontà di elaborazione personale, a volte estremizzata di alcuni elementi teorici. Vi è invece un problema in quella che Massimo Scolari definisce una generazione senza nomi in Casabella n.606 novembre 1993 in risposta ad un editoriale di Vittorio Gregotti Casabella 603 luglio-agosto 1993. Vi è un problema di riconoscimento. Chi ha tratto la propria formazione da un maestro si vede immediatamente siglato come allievo, senza possibilità di costruire un percorso autonomo. Ma nonostante Rossi fosse uomo estremamente generoso, vorrei ricordare come sempre tutti si siano nessi in mostra, autocelebrati, Rossi no, non ne aveva bisogno. Basta guardare i progetti esposti alla XV triennale di Milano, Rossi non espone un suo progetto il progetto era unicamente culturale. Vi era un’idea di architettura razionale da mettere in mostra, ma non una autocelebrazione. Rossi chiama Leon Krier, Michael Graves, Peter Eisenman, Richard Meier, Julia Blomfeld e tanti altri. Personaggi che ora sono grandissimi e che ancora oggi hanno un riconoscimento enorme verso Rossi. Rossi li ha celebrati quando non erano ancora personaggi, un atto di generosità che non gli è mai stato riconosciuto è invece sempre stato visto ciò che non c’era.

La lezione di Aldo Rossi / A.Trentin. - STAMPA. - (2008).

La lezione di Aldo Rossi

TRENTIN, ANNALISA
2008

Abstract

La raccolta di saggi presente in questo volume esplicita una volontà collettiva, la capacità di Aldo Rossi nel concepire il progetto come opera comune, come lavoro condivisibile, come pensiero collettivo. Vi sono pochi maestri che hanno avuto la capacità di esprimere la collettività: la condivisione del pensiero ---- diviene punto di partenza per criticare alcune linee di pensiero che tendono ad annullare la presenza dei maestri. Annullare la presenza dei maestri per esaltare il proprio ego, che ha tratto forza proprio dall’insegnamento del maestro. Più volte ci si imbatte in conversazioni che tendono ad annullare la presenza scomoda di un maestro: distruggiamo i maestri, i maestri hanno rovinato l’architettura italiana, distruggiamo il loro pensiero: forse questo pensiero non doveva appartenere alla “massa” era invece una ricerca personale talmente colta ed alta che è diventata pensiero comune. Si tratta però di una ricerca personale dove la matrice collettiva ha trasformato una idea in manifesto. Dove il pensiero così incisivo ha contraddistinto un modo di guardare alla architettura, alla città e alla storia. Benché espressione di un singolo divengono espressione della collettività. Ci troviamo oggi di fronte ad un problema di generazioni, come ha espresso chiaramente Franco Purini nell’introduzione del volume “Generazioni e progetti culturali. Atti della Giornata di studio” (Facoltà di Architettura Valle Giulia, 6 dicembre 2005) , dove le generazioni più giovani sono oggi capaci di guardare al passato in modo più libero, traendo dai maestri tutto ciò che di più originale era presente nella loro ricerca. Vi è oggi nelle generazioni più giovani una capacità di distacco e una volontà di elaborazione personale, a volte estremizzata di alcuni elementi teorici. Vi è invece un problema in quella che Massimo Scolari definisce una generazione senza nomi in Casabella n.606 novembre 1993 in risposta ad un editoriale di Vittorio Gregotti Casabella 603 luglio-agosto 1993. Vi è un problema di riconoscimento. Chi ha tratto la propria formazione da un maestro si vede immediatamente siglato come allievo, senza possibilità di costruire un percorso autonomo. Ma nonostante Rossi fosse uomo estremamente generoso, vorrei ricordare come sempre tutti si siano nessi in mostra, autocelebrati, Rossi no, non ne aveva bisogno. Basta guardare i progetti esposti alla XV triennale di Milano, Rossi non espone un suo progetto il progetto era unicamente culturale. Vi era un’idea di architettura razionale da mettere in mostra, ma non una autocelebrazione. Rossi chiama Leon Krier, Michael Graves, Peter Eisenman, Richard Meier, Julia Blomfeld e tanti altri. Personaggi che ora sono grandissimi e che ancora oggi hanno un riconoscimento enorme verso Rossi. Rossi li ha celebrati quando non erano ancora personaggi, un atto di generosità che non gli è mai stato riconosciuto è invece sempre stato visto ciò che non c’era.
2008
276
97873953234
La lezione di Aldo Rossi / A.Trentin. - STAMPA. - (2008).
A.Trentin
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