Esistono dei frutti che anche solo alla vista, per la forma, il colore, il profumo, prima ancora di assaporarli, hanno la capacità di stimolare la nostra mente e riportarci indietro nel tempo, alla nostra infanzia o al Passato dell’Umanità, raccontandoci Storie, Miti, Leggende, Vicende di Popoli gloriosi: come la Melagrana. Faremo assieme un viaggio nei Ricordi per scoprire e “gustare” i simbolismi sacri e profani di questo frutto. A Capaccio Vecchio (Salerno), nel Santuario di Santa Maria del Granato si venera la “Vergine col Bambino Gesù” che tiene nella mano destra una melagrana quasi fosse uno scettro: è la Madonna del Granato (XVI sec.). La “Madonna della Melagrana” è un bellissimo blocco lapideo del XIV sec. conservato nella Galleria Nazionale di Puglia, ed anche un affresco della cripta di San Mauro Abate di Oria (Brindisi); tiene fra le mani una melagrana la “Madonna della Salute” nella Cattedrale di Nardò (Lecce). Queste raffigurazioni della Vergine Maria con il frutto della melagrana in mano, spesso nell’atto di allattare il Bambino, ricordano quelle ben più antiche di Popoli che vissero nel Mediterraneo in epoca pre-cristiana (Assiri, Ittiti, Greci, ecc.): Re e Regine e Divinità (Persefone, Era, Afrodite, il re assiro Salmanassar II, la dea ittita Kubaba, ecc.) stringono scettri di melagrana o reggono il frutto nelle mani. Ad es., nel Museo di Paestum è conservata una statua del VII sec. a.C. raffigurante Giunone nell’atteggiamento Koturotrófos, ossia di “colei che nutre” ed anch’essa regge questo frutto nella mano sinistra. Tante raffigurazioni sacre e regali della melagrana trovano spiegazione nei suoi molteplici significati simbolici, alcuni dei quali, quali la Regalità, derivano dalla forma del frutto, più precisamente dalla corona a 6 punte che lo caratterizza, e la Fecondità (o Fertilità) con riferimento all’elevato numero di semi in esso contenuto. Altri significati simbolici affondano invece le radici nella mitologia. È infatti il frutto che racchiude in sé il mistero profondo dal cui sacrificio e morte si origina la vita, per cui è il simbolo dell’Immortalità. Nei miti di Dioniso e Side, il melograno rappresenta quindi quel mistero profondo della Morte da cui si genera la Vita: un simbolismo funebre, ma al tempo stesso di Rinascita, fatto proprio dalla Religione cristiana. Nel Vecchio Testamento la melagrana evoca la Femminilità: “come spicchio di melagrana la tua gota attraverso il velo”, dice il Diletto all’Amata nel “Cantico dei Cantici”, opera sfolgorante del re Salomone. Diviene simbolo di Benedizione divina con Aronne, quando il Signore, nel Libro dell’Esodo, gli ordina di ricamare sull’orlo dell’abito delle cerimonie (efod): “melagrane di porpora viola, di porpora rossa e di scarlatto”, ed in mezzo dei sonagli d’oro simili a melagrane. Ma vi fu un Santo che amò molto il melograno: San Giovanni della Croce, dell’ordine dei Carmelitani (1542-1591) che nel “Canto spirituale” fa dire alla Sposa simbolo dell’Anima che si rivolge all’Amore, ovvero a Cristo: “Godiamoci l’un l’altro, Amato e andiamo a rimirarci nella tua bellezza alla selva e al colle, di dove scaturisce l’acqua pura inoltriamoci nella macchia. E poi ce ne andremo alle profonde caverne della pietra che stanno ben nascoste e lì ci introdurremo e gusteremo il succo di melagrane”. Per San Giovanni della Croce il succo della melagrana è quel che l’Anima riceve dalla Conoscenza di Dio. Il profondo simbolismo, profano e cristiano, si ripete in innumerevoli rappresentazioni pittoriche e scultoree del ‘400, ‘500 e ‘600 italiano, con Jacopo della Quercia, Bernini, e tanti altri ancora. Nella “Madonna della melagrana” (1426) del Beato Angelico, in quella di Lorenzo di Credi (seguace di Leonardo) (1469) ed in quelle di Botticelli (1487) e del Pinturicchio (1509) è lo stesso Bambin Gesù che prende fra le dita i chicchi rossi da un frutto leggermente aperto, simbolo della Passione, del Sacrificio, ma anche della Regalità. Tanti altri modi di raffigurare la melagrana ce li raccontano i mosaici bizantini del VI sec. d.C., i tappeti orientali (iconografia cinese ed araba), le armature del XVII sec., le ceramiche (umbra, di Bassano ed anche di Faenza). Il viaggio dei Ricordi non può che concludersi nell’antica Roma. Per i Romani l’immagine dipinta è un elemento essenziale della vita quotidiana, uno strumento di comunicazione quasi altrettanto diffuso e versatile quanto la parola scritta. Splendidi rami ricurvi dal peso di pesanti frutti si ammirano a Roma nella Villa di Livia (I sec. a.C.), nel Mosaico di Pompei (del I sec. a.C.) della “Casa del Fauno”, mentre nella “Casa dei casti amanti” un gallo si nutre dei chicchi di un frutto spaccatosi perché caduto da una mensola. Ma la più bella e suggestiva immagine è quella della fruttiera trasparente con melagrane (80 a.C.) nella Villa di Oplonti: la prima vera Natura Morta della Storia dell’Arte, dipinta ben 1600 anni prima della “Canestra di Frutta” del Caravaggio.

Mille ricordi in un frutto Sacro e Profano: la melagrana

Maria Grazia Bellardi
2019

Abstract

Esistono dei frutti che anche solo alla vista, per la forma, il colore, il profumo, prima ancora di assaporarli, hanno la capacità di stimolare la nostra mente e riportarci indietro nel tempo, alla nostra infanzia o al Passato dell’Umanità, raccontandoci Storie, Miti, Leggende, Vicende di Popoli gloriosi: come la Melagrana. Faremo assieme un viaggio nei Ricordi per scoprire e “gustare” i simbolismi sacri e profani di questo frutto. A Capaccio Vecchio (Salerno), nel Santuario di Santa Maria del Granato si venera la “Vergine col Bambino Gesù” che tiene nella mano destra una melagrana quasi fosse uno scettro: è la Madonna del Granato (XVI sec.). La “Madonna della Melagrana” è un bellissimo blocco lapideo del XIV sec. conservato nella Galleria Nazionale di Puglia, ed anche un affresco della cripta di San Mauro Abate di Oria (Brindisi); tiene fra le mani una melagrana la “Madonna della Salute” nella Cattedrale di Nardò (Lecce). Queste raffigurazioni della Vergine Maria con il frutto della melagrana in mano, spesso nell’atto di allattare il Bambino, ricordano quelle ben più antiche di Popoli che vissero nel Mediterraneo in epoca pre-cristiana (Assiri, Ittiti, Greci, ecc.): Re e Regine e Divinità (Persefone, Era, Afrodite, il re assiro Salmanassar II, la dea ittita Kubaba, ecc.) stringono scettri di melagrana o reggono il frutto nelle mani. Ad es., nel Museo di Paestum è conservata una statua del VII sec. a.C. raffigurante Giunone nell’atteggiamento Koturotrófos, ossia di “colei che nutre” ed anch’essa regge questo frutto nella mano sinistra. Tante raffigurazioni sacre e regali della melagrana trovano spiegazione nei suoi molteplici significati simbolici, alcuni dei quali, quali la Regalità, derivano dalla forma del frutto, più precisamente dalla corona a 6 punte che lo caratterizza, e la Fecondità (o Fertilità) con riferimento all’elevato numero di semi in esso contenuto. Altri significati simbolici affondano invece le radici nella mitologia. È infatti il frutto che racchiude in sé il mistero profondo dal cui sacrificio e morte si origina la vita, per cui è il simbolo dell’Immortalità. Nei miti di Dioniso e Side, il melograno rappresenta quindi quel mistero profondo della Morte da cui si genera la Vita: un simbolismo funebre, ma al tempo stesso di Rinascita, fatto proprio dalla Religione cristiana. Nel Vecchio Testamento la melagrana evoca la Femminilità: “come spicchio di melagrana la tua gota attraverso il velo”, dice il Diletto all’Amata nel “Cantico dei Cantici”, opera sfolgorante del re Salomone. Diviene simbolo di Benedizione divina con Aronne, quando il Signore, nel Libro dell’Esodo, gli ordina di ricamare sull’orlo dell’abito delle cerimonie (efod): “melagrane di porpora viola, di porpora rossa e di scarlatto”, ed in mezzo dei sonagli d’oro simili a melagrane. Ma vi fu un Santo che amò molto il melograno: San Giovanni della Croce, dell’ordine dei Carmelitani (1542-1591) che nel “Canto spirituale” fa dire alla Sposa simbolo dell’Anima che si rivolge all’Amore, ovvero a Cristo: “Godiamoci l’un l’altro, Amato e andiamo a rimirarci nella tua bellezza alla selva e al colle, di dove scaturisce l’acqua pura inoltriamoci nella macchia. E poi ce ne andremo alle profonde caverne della pietra che stanno ben nascoste e lì ci introdurremo e gusteremo il succo di melagrane”. Per San Giovanni della Croce il succo della melagrana è quel che l’Anima riceve dalla Conoscenza di Dio. Il profondo simbolismo, profano e cristiano, si ripete in innumerevoli rappresentazioni pittoriche e scultoree del ‘400, ‘500 e ‘600 italiano, con Jacopo della Quercia, Bernini, e tanti altri ancora. Nella “Madonna della melagrana” (1426) del Beato Angelico, in quella di Lorenzo di Credi (seguace di Leonardo) (1469) ed in quelle di Botticelli (1487) e del Pinturicchio (1509) è lo stesso Bambin Gesù che prende fra le dita i chicchi rossi da un frutto leggermente aperto, simbolo della Passione, del Sacrificio, ma anche della Regalità. Tanti altri modi di raffigurare la melagrana ce li raccontano i mosaici bizantini del VI sec. d.C., i tappeti orientali (iconografia cinese ed araba), le armature del XVII sec., le ceramiche (umbra, di Bassano ed anche di Faenza). Il viaggio dei Ricordi non può che concludersi nell’antica Roma. Per i Romani l’immagine dipinta è un elemento essenziale della vita quotidiana, uno strumento di comunicazione quasi altrettanto diffuso e versatile quanto la parola scritta. Splendidi rami ricurvi dal peso di pesanti frutti si ammirano a Roma nella Villa di Livia (I sec. a.C.), nel Mosaico di Pompei (del I sec. a.C.) della “Casa del Fauno”, mentre nella “Casa dei casti amanti” un gallo si nutre dei chicchi di un frutto spaccatosi perché caduto da una mensola. Ma la più bella e suggestiva immagine è quella della fruttiera trasparente con melagrane (80 a.C.) nella Villa di Oplonti: la prima vera Natura Morta della Storia dell’Arte, dipinta ben 1600 anni prima della “Canestra di Frutta” del Caravaggio.
2019
Maria Grazia Bellardi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/707950
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