L’Italia, con i suoi 54 siti UNESCO, è il Paese che vanta il maggior numero al mondo di beni qualificati come patrimonio dell’umanità nella World Heritage List della Convenzione per la tutela del patrimonio culturale e naturale mondiale adottata il 16 novembre 1972 dalla XVII sessione della Conferenza generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization – UNESCO). Dalle Dolomiti all’Etna, passando per Vicenza e le ville del Palladio, i centri storici di Venezia, Firenze, Siena, Roma e Napoli, le città di Mantova e Ferrara, i sassi di Matera e i luoghi del potere dei Longobardi in Italia, sino alla Villa romana del Casale di Piazza Armerina, la nostra penisola è disseminata da patrimoni artistici e bellezze naturali che superano, per il valore e la cultura che rappresentano, i confini nazionali. Parimenti, il nostro territorio è intriso da una ricchezza unica di tradizioni plurisecolari -riti e feste, arti dello spettacolo, pratiche sociali, artigianato, conoscenze e pratiche concernenti la natura- che concorrono al patrimonio immateriale dell’umanità: l’Opera dei pupi siciliani, il Saper fare liutaio di Cremona, e l’Arte del “pizzaiuolo” napoletano, per citare solo alcuni dei 9 elementi italiani al momento riconosciuti, figurano, così, nella Lista Rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale (Representative List of the Intangible Cultural Heritage of Humanity) creata, per l’appunto, dalla Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale adottata il 17 ottobre 2003 dalla XXXII sessione della Conferenza generale dell’UNESCO. Ed anche i nostri fondali marini custodiscono immensi tesori archeologici e naturali: basti pensare ai ritrovamenti di rostri, elmi e armi navali nel tratto di Mar Mediterraneo tra Levanzo e Favignana, guidati da Sebastiano Tusa, studioso italiano di fama internazionale tra i protagonisti del gruppo di esperti che ha redatto un altro, importante, strumento pattizio, ossia la Convenzione per la protezione del patrimonio culturale subacqueo adottata il 2 novembre 2001 dalla XXXI sessione della Conferenza generale dell’UNESCO. Il presente volume è la prima tappa editoriale del gruppo di ricerca bolognese sul ruolo del diritto internazionale nella tutela e promozione del patrimonio culturale e naturale mondiale, fondato per contribuire a formare la classe dirigente italiana nella piena consapevolezza dell'immenso tesoro artistico e naturale che è chiamata a gestire.

Introduzione al Volume "Il diritto internazionale e la protezione del patrimonio culturale mondiale"

Elisa Baroncini
2019

Abstract

L’Italia, con i suoi 54 siti UNESCO, è il Paese che vanta il maggior numero al mondo di beni qualificati come patrimonio dell’umanità nella World Heritage List della Convenzione per la tutela del patrimonio culturale e naturale mondiale adottata il 16 novembre 1972 dalla XVII sessione della Conferenza generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization – UNESCO). Dalle Dolomiti all’Etna, passando per Vicenza e le ville del Palladio, i centri storici di Venezia, Firenze, Siena, Roma e Napoli, le città di Mantova e Ferrara, i sassi di Matera e i luoghi del potere dei Longobardi in Italia, sino alla Villa romana del Casale di Piazza Armerina, la nostra penisola è disseminata da patrimoni artistici e bellezze naturali che superano, per il valore e la cultura che rappresentano, i confini nazionali. Parimenti, il nostro territorio è intriso da una ricchezza unica di tradizioni plurisecolari -riti e feste, arti dello spettacolo, pratiche sociali, artigianato, conoscenze e pratiche concernenti la natura- che concorrono al patrimonio immateriale dell’umanità: l’Opera dei pupi siciliani, il Saper fare liutaio di Cremona, e l’Arte del “pizzaiuolo” napoletano, per citare solo alcuni dei 9 elementi italiani al momento riconosciuti, figurano, così, nella Lista Rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale (Representative List of the Intangible Cultural Heritage of Humanity) creata, per l’appunto, dalla Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale adottata il 17 ottobre 2003 dalla XXXII sessione della Conferenza generale dell’UNESCO. Ed anche i nostri fondali marini custodiscono immensi tesori archeologici e naturali: basti pensare ai ritrovamenti di rostri, elmi e armi navali nel tratto di Mar Mediterraneo tra Levanzo e Favignana, guidati da Sebastiano Tusa, studioso italiano di fama internazionale tra i protagonisti del gruppo di esperti che ha redatto un altro, importante, strumento pattizio, ossia la Convenzione per la protezione del patrimonio culturale subacqueo adottata il 2 novembre 2001 dalla XXXI sessione della Conferenza generale dell’UNESCO. Il presente volume è la prima tappa editoriale del gruppo di ricerca bolognese sul ruolo del diritto internazionale nella tutela e promozione del patrimonio culturale e naturale mondiale, fondato per contribuire a formare la classe dirigente italiana nella piena consapevolezza dell'immenso tesoro artistico e naturale che è chiamata a gestire.
2019
Il diritto internazionale e la protezione del patrimonio culturale mondiale
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Elisa Baroncini
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