Le somiglianze tra campi geotermici e mineralizzazioni epitermali a metalli di base (Pb, Zn, Cu) e preziosi (Au, Ag) sono note da tempo nella letteratura geologica (Barnes and Seward, 1997; Henley, 1985; White, 1981), al punto che è ormai indiscusso il fatto che le mineralizzazioni epitermali rappresentino delle espressioni fossili di antichi campi geotermici (Barnes, 2015). Esistono infatti numerose documentazioni di precipitazione di solfuri di metalli di base (sfalerite, calcopirite, galena), Au ed Ag all’interno di pozzi geotermici in produzione (Brown, 1986; Hardardóttir et al., 2013; Simmons and Brown, 2006) e sorgenti calde di campi geotermici (Brown and Simmons, 2003). Queste associazioni di metalli, insieme alle loro tipiche rocce incassanti, alle alterazioni idrotermali di queste rocce, e ad altre evidenze geologico-geochimiche sono documentate nei giacimenti epitermali ad Au-Ag, anche se questi non sono gli unici elementi in comune tra sistemi geotermici e sistemi epitermali. In aggiunta al connubio metalli preziosi-metalli di base (che costituiscono le principali risorse economiche dell’ambiente geotermico-epitermale), questi peculiari sistemi geologici hanno anche la caratteristica di ospitare alte concentrazioni di un gruppo di elementi che include Sb, As, Ga, Ge, Tl, B, In e Hg all’interno di mineralizzazioni più o meno economiche (review in: Barnes, 2015). Questi elementi ricorrono quasi sempre in proporzioni variabili nei campi geotermici, come elementi minori ed in traccia all’interno delle mineralizzazioni formando minerali propri (ad es., antimonite, arsenopirite, realgar, cinabro) oppure formando sostituenti isomorfogeni di minerali principali (ad es., Ga, In e Ge in sfalerite). Quindi, in aggiunta alle ben documentate associazioni geologiche e geochimiche sopra descritte, la distribuzione spaziale degli elementi minori e/o in traccia nei campi geotermici e nelle mineralizzazioni fossili è sistematica e prevedibile (Brown and Simmons, 2003), e rappresenta un elemento di conoscenza imprescindibile per la definizione di modelli genetici. Il Hg, attraverso i suoi tipici minerali, è un elemento minore o in traccia dei sistemi geotermici-epitermali attivi. La sua determinazione in sorgenti calde superficiali è considerata in genere un indicatore affidabile di zone di outflow di sorgenti calde (White, 1981). I minerali mercuriferi documentati nei campi geotermici attivi della Nuova Zelanda (ad es., Broadlands, Rotokawa, Ngawha) e della California (Coastal Range) – oltre che nei giacimenti epitermali fossili (ad es., Steamboat Springs, Nevada) – sono principalmente cinabro, metacinabro e mercurio nativo (Barnes and Seward, 1997). Altre fasi come la livingstonite (HgSb4S8), la sfalerite mercurifera (Zn, Hg)S e la tiemannite (HgSe) sono di secondaria importanza, ma la loro identificazione è utile (e studiata) per dedurre le condizioni di formazione delle mineralizzazioni che le contengono (Barnes and Seward, 1997). Studi sulla distribuzione di minerali a mercurio all’interno di giacimenti epitermali fossili ad Au-Ag sono relativamente scarsi (ad es., Steamboat Springs, Nevada: White, 1981). Tuttavia, è stato chiaramente evidenziato che all’interno dei corpi minerari il cinabro ricorre a profondità molto modeste rispetto alla superficie topografica (tra 15 e 25 m) ed è disseminato in piccole concentrazioni (concentrazione di Hg dell’ordine di 100 microg/g) all’interno di calcedonio o nella roccia ospite alterata chimicamente e mineralogicamente. Questo lavoro paragona gli storici giacimenti a cinabro del Monte Amiata con quelli di altri distretti epèitermali per stabilire un probabile processo genetico

CAMPI GEOTERMICI ED ANTICHI DEPOSITI MERCURIFERI - VALORIZZAZIONE ATTRAVERSO NUOVA RICERCA

Paolo S. Garofalo
Conceptualization
;
2018

Abstract

Le somiglianze tra campi geotermici e mineralizzazioni epitermali a metalli di base (Pb, Zn, Cu) e preziosi (Au, Ag) sono note da tempo nella letteratura geologica (Barnes and Seward, 1997; Henley, 1985; White, 1981), al punto che è ormai indiscusso il fatto che le mineralizzazioni epitermali rappresentino delle espressioni fossili di antichi campi geotermici (Barnes, 2015). Esistono infatti numerose documentazioni di precipitazione di solfuri di metalli di base (sfalerite, calcopirite, galena), Au ed Ag all’interno di pozzi geotermici in produzione (Brown, 1986; Hardardóttir et al., 2013; Simmons and Brown, 2006) e sorgenti calde di campi geotermici (Brown and Simmons, 2003). Queste associazioni di metalli, insieme alle loro tipiche rocce incassanti, alle alterazioni idrotermali di queste rocce, e ad altre evidenze geologico-geochimiche sono documentate nei giacimenti epitermali ad Au-Ag, anche se questi non sono gli unici elementi in comune tra sistemi geotermici e sistemi epitermali. In aggiunta al connubio metalli preziosi-metalli di base (che costituiscono le principali risorse economiche dell’ambiente geotermico-epitermale), questi peculiari sistemi geologici hanno anche la caratteristica di ospitare alte concentrazioni di un gruppo di elementi che include Sb, As, Ga, Ge, Tl, B, In e Hg all’interno di mineralizzazioni più o meno economiche (review in: Barnes, 2015). Questi elementi ricorrono quasi sempre in proporzioni variabili nei campi geotermici, come elementi minori ed in traccia all’interno delle mineralizzazioni formando minerali propri (ad es., antimonite, arsenopirite, realgar, cinabro) oppure formando sostituenti isomorfogeni di minerali principali (ad es., Ga, In e Ge in sfalerite). Quindi, in aggiunta alle ben documentate associazioni geologiche e geochimiche sopra descritte, la distribuzione spaziale degli elementi minori e/o in traccia nei campi geotermici e nelle mineralizzazioni fossili è sistematica e prevedibile (Brown and Simmons, 2003), e rappresenta un elemento di conoscenza imprescindibile per la definizione di modelli genetici. Il Hg, attraverso i suoi tipici minerali, è un elemento minore o in traccia dei sistemi geotermici-epitermali attivi. La sua determinazione in sorgenti calde superficiali è considerata in genere un indicatore affidabile di zone di outflow di sorgenti calde (White, 1981). I minerali mercuriferi documentati nei campi geotermici attivi della Nuova Zelanda (ad es., Broadlands, Rotokawa, Ngawha) e della California (Coastal Range) – oltre che nei giacimenti epitermali fossili (ad es., Steamboat Springs, Nevada) – sono principalmente cinabro, metacinabro e mercurio nativo (Barnes and Seward, 1997). Altre fasi come la livingstonite (HgSb4S8), la sfalerite mercurifera (Zn, Hg)S e la tiemannite (HgSe) sono di secondaria importanza, ma la loro identificazione è utile (e studiata) per dedurre le condizioni di formazione delle mineralizzazioni che le contengono (Barnes and Seward, 1997). Studi sulla distribuzione di minerali a mercurio all’interno di giacimenti epitermali fossili ad Au-Ag sono relativamente scarsi (ad es., Steamboat Springs, Nevada: White, 1981). Tuttavia, è stato chiaramente evidenziato che all’interno dei corpi minerari il cinabro ricorre a profondità molto modeste rispetto alla superficie topografica (tra 15 e 25 m) ed è disseminato in piccole concentrazioni (concentrazione di Hg dell’ordine di 100 microg/g) all’interno di calcedonio o nella roccia ospite alterata chimicamente e mineralogicamente. Questo lavoro paragona gli storici giacimenti a cinabro del Monte Amiata con quelli di altri distretti epèitermali per stabilire un probabile processo genetico
2018
Geografie ed istituzioni minerarie. Patrimonializzazione e valorizzazione
89
95
Paolo S. Garofalo; Orlando Vaselli; Daniele Rappuoli
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