Tutti conoscono il significato della denominazione “batteri probiotici”, ma pochi sono a conoscenza di quando l’uomo si è reso conto dell’importanza di alcuni batteri per il mantenimento della propria salute. Più di un secolo fa, Tissier osservò che i batteri intestinali di neonati allattati al seno erano prevalentemente di forma bifida (denominati successivamente bifidobatteri) e che tali microrganismi erano totalmente assenti in bambini affetti da diarrea intestinale e che ricevevano latte artificiale [1]. Da allora, una serie molto ampia di studi ha approfondito e supportato l’associazione tra alcuni batteri intestinali e la salute dell’uomo, tanto da definire con elevato grado di sicurezza quali batteri possono essere classificati come “probiotici” in base a comprovati effetti benefici sulla salute dell’ospite [2]. Negli ultimi anni, la progressione nella ricerca è avvenuta di pari passo con la sensibilizzazione del consumatore sull’importanza della flora batterica intestinale nella salute umana, e sulla necessità di mantenere una configurazione bilanciata di tale comunità. Questa consapevolezza ha di fatto stimolato il mercato degli integratori alimentari contenenti probiotici, mirati a favorire l’equilibrio della flora intestinale, che nel solo periodo tra aprile 2016 e marzo 2017, ha avuto un valore di vendite pari a 338,2 milioni di euro solo in Italia [Fonte: Elaborazione FederSalus dati New Line Ricerche di Mercato e IRi (MAT Marzo 2017); https://microbioma.it/iniziative/mercato-dei-probiotici-in-italia/]. Tra i principali effetti benefici associati al consumo di probiotici, va sicuramente annoverato il miglioramento dei sintomi legati all’intolleranza al lattosio e la riduzione dei disturbi intestinali, quali costipazione e diarrea [3,4]. Tuttavia, oggi, l’uso dei probiotici non è più consigliato solo come trattamento coadiuvante di disturbi o malattie legati al nostro intestino, ma anche in tutta una serie di complicanze legate ad uno stato di immunocompromissione dell’ospite, come quelle associate a immunodeficienze e terapie antitumorali, in cui è importante l’effetto di immunomodulazione dei probiotici, al fine di mantenere il delicato equilibrio tra tolleranza nei confronti di batteri commensali e antagonismo verso possibili microrganismi patogeni [5,6]. Attualmente, insieme ai bifidobatteri, i lattobacilli sono i principali microrganismi utilizzati come probiotici. A questo gruppo batterico appartengono più di 200 specie e sottospecie che sono state isolate da un’ampia gamma di risorse [7]. In particolare, i lattobacilli sono abili nel fermentare una grande quantità di substrati che includono latte, carne e piante (es. yogurt, kefir, crauti, salame, etc.) [8], e rappresentano anche uno dei componenti principali della maggior parte degli integratori alimentari attualmente in commercio contenenti probiotici. Lactobacillus casei Shirota è uno dei ceppi probiotici più studiati dalla comunità scientifica e oggetto di un’ampia letteratura che evidenza l’efficacia e la sicurezza della sua somministrazione, come descritto nel paragrafo successivo.

Le proprietà di LACTOBACILLUS CASEI SHIROTA

Silvia Turroni;Elena Biagi;Simone Rampelli
2018

Abstract

Tutti conoscono il significato della denominazione “batteri probiotici”, ma pochi sono a conoscenza di quando l’uomo si è reso conto dell’importanza di alcuni batteri per il mantenimento della propria salute. Più di un secolo fa, Tissier osservò che i batteri intestinali di neonati allattati al seno erano prevalentemente di forma bifida (denominati successivamente bifidobatteri) e che tali microrganismi erano totalmente assenti in bambini affetti da diarrea intestinale e che ricevevano latte artificiale [1]. Da allora, una serie molto ampia di studi ha approfondito e supportato l’associazione tra alcuni batteri intestinali e la salute dell’uomo, tanto da definire con elevato grado di sicurezza quali batteri possono essere classificati come “probiotici” in base a comprovati effetti benefici sulla salute dell’ospite [2]. Negli ultimi anni, la progressione nella ricerca è avvenuta di pari passo con la sensibilizzazione del consumatore sull’importanza della flora batterica intestinale nella salute umana, e sulla necessità di mantenere una configurazione bilanciata di tale comunità. Questa consapevolezza ha di fatto stimolato il mercato degli integratori alimentari contenenti probiotici, mirati a favorire l’equilibrio della flora intestinale, che nel solo periodo tra aprile 2016 e marzo 2017, ha avuto un valore di vendite pari a 338,2 milioni di euro solo in Italia [Fonte: Elaborazione FederSalus dati New Line Ricerche di Mercato e IRi (MAT Marzo 2017); https://microbioma.it/iniziative/mercato-dei-probiotici-in-italia/]. Tra i principali effetti benefici associati al consumo di probiotici, va sicuramente annoverato il miglioramento dei sintomi legati all’intolleranza al lattosio e la riduzione dei disturbi intestinali, quali costipazione e diarrea [3,4]. Tuttavia, oggi, l’uso dei probiotici non è più consigliato solo come trattamento coadiuvante di disturbi o malattie legati al nostro intestino, ma anche in tutta una serie di complicanze legate ad uno stato di immunocompromissione dell’ospite, come quelle associate a immunodeficienze e terapie antitumorali, in cui è importante l’effetto di immunomodulazione dei probiotici, al fine di mantenere il delicato equilibrio tra tolleranza nei confronti di batteri commensali e antagonismo verso possibili microrganismi patogeni [5,6]. Attualmente, insieme ai bifidobatteri, i lattobacilli sono i principali microrganismi utilizzati come probiotici. A questo gruppo batterico appartengono più di 200 specie e sottospecie che sono state isolate da un’ampia gamma di risorse [7]. In particolare, i lattobacilli sono abili nel fermentare una grande quantità di substrati che includono latte, carne e piante (es. yogurt, kefir, crauti, salame, etc.) [8], e rappresentano anche uno dei componenti principali della maggior parte degli integratori alimentari attualmente in commercio contenenti probiotici. Lactobacillus casei Shirota è uno dei ceppi probiotici più studiati dalla comunità scientifica e oggetto di un’ampia letteratura che evidenza l’efficacia e la sicurezza della sua somministrazione, come descritto nel paragrafo successivo.
2018
Silvia Turroni, Elena Biagi, Simone Rampelli
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/652130
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