Gli istituti giuridici commentati – revocazione, sostituzioni ed esecuzione testamentaria – hanno un comune denominatore nell’autonomia privata, sub specie di autonomia testamentaria. Dal valore e dai limiti dell’autonomia testamentaria discendono i problemi applicativi e le soluzioni interpretative, che attraversano i principi fondamentali della successione mortis causa (certezza; personalità; formalismo; revocabilità). Con la revoca di un precedente testamento, il disponente può mantenere in vita la successione testamentaria, mutando o aggiungendo disposizioni o revocando solo in parte le precedenti o ripristinando un testamento precedente a quello revocato, ma può anche dar luogo alla successione legittima, limitandosi a revocare ogni precedente disposizione testamentaria senza null’altro disporre. La sostituzione ordinaria costituisce un momento di precipua attenzione per la scelta: il disponente ha l’occasione di perpetuare la propria scelta all’infinito (sostituzione successiva) e di modularla come meglio crede (sostituzione plurima e reciproca). Un congegno, dunque, la cui scarsa diffusione nella prassi è da attribuire alla scarsa conoscenza della sua utilità. La sostituzione fedecommissaria ha assunto un carattere esclusivamente assistenziale a seguito della riforma del diritto di famiglia; ma l’evoluzione della giurisprudenza e i recenti interventi normativi ripropongono sotto una nuova luce le questioni sottese all’istituto: il divieto di sostituzione fedecommissaria in ogni altra ipotesi, il fedecommesso de residuo, l’attribuzione separata del diritto di usufrutto e della nuda proprietà, la clausola «si sine liberis decesserit», il divieto di alienazione, i rapporti tra fedecommesso e trust, l’applicazione all’ipotesi di amministrazione di sostegno, l’usufrutto successivo. Anche per la figura dell’esecutore testamentario, la fonte di produzione attinge al principio di autonomia privata; ma l’istituto che ne scaturisce si riannoda ad esigenze e funzioni che presentano connotati anche pubblicistici. Le ragioni che spingono il testatore a prevedere un esecutore testamentario possono essere le più varie: l’esigenza di avvalersi della competenza tecnica di un notaio o di un avvocato o di altro professionista; l’assenza di soggetti legittimati ad ottenere l’adempimento di una o più disposizioni testamentarie; la preoccupazione che i chiamati non si attengano alla volontà testamentaria. Nel Commento è costante il riferimento, oltre che agli istituti di cui al Libro II del codice civile e all’impatto, su di essi, della recente riforma della filiazione, alle altre innovazioni legislative degli ultimi anni (in tema di indegnità a succedere, di patto di famiglia, di amministrazione di sostegno), all’imporsi di nuovi istituti (come il trust), e ai mutamenti giurisprudenziali che paiono insistere, sotto diversi profili, verso un ampliamento dell’autonomia privata.

Revocazione delle disposizioni testamentarie. Sostituzioni. Esecutori testamentari

Antonio Albanese
2015

Abstract

Gli istituti giuridici commentati – revocazione, sostituzioni ed esecuzione testamentaria – hanno un comune denominatore nell’autonomia privata, sub specie di autonomia testamentaria. Dal valore e dai limiti dell’autonomia testamentaria discendono i problemi applicativi e le soluzioni interpretative, che attraversano i principi fondamentali della successione mortis causa (certezza; personalità; formalismo; revocabilità). Con la revoca di un precedente testamento, il disponente può mantenere in vita la successione testamentaria, mutando o aggiungendo disposizioni o revocando solo in parte le precedenti o ripristinando un testamento precedente a quello revocato, ma può anche dar luogo alla successione legittima, limitandosi a revocare ogni precedente disposizione testamentaria senza null’altro disporre. La sostituzione ordinaria costituisce un momento di precipua attenzione per la scelta: il disponente ha l’occasione di perpetuare la propria scelta all’infinito (sostituzione successiva) e di modularla come meglio crede (sostituzione plurima e reciproca). Un congegno, dunque, la cui scarsa diffusione nella prassi è da attribuire alla scarsa conoscenza della sua utilità. La sostituzione fedecommissaria ha assunto un carattere esclusivamente assistenziale a seguito della riforma del diritto di famiglia; ma l’evoluzione della giurisprudenza e i recenti interventi normativi ripropongono sotto una nuova luce le questioni sottese all’istituto: il divieto di sostituzione fedecommissaria in ogni altra ipotesi, il fedecommesso de residuo, l’attribuzione separata del diritto di usufrutto e della nuda proprietà, la clausola «si sine liberis decesserit», il divieto di alienazione, i rapporti tra fedecommesso e trust, l’applicazione all’ipotesi di amministrazione di sostegno, l’usufrutto successivo. Anche per la figura dell’esecutore testamentario, la fonte di produzione attinge al principio di autonomia privata; ma l’istituto che ne scaturisce si riannoda ad esigenze e funzioni che presentano connotati anche pubblicistici. Le ragioni che spingono il testatore a prevedere un esecutore testamentario possono essere le più varie: l’esigenza di avvalersi della competenza tecnica di un notaio o di un avvocato o di altro professionista; l’assenza di soggetti legittimati ad ottenere l’adempimento di una o più disposizioni testamentarie; la preoccupazione che i chiamati non si attengano alla volontà testamentaria. Nel Commento è costante il riferimento, oltre che agli istituti di cui al Libro II del codice civile e all’impatto, su di essi, della recente riforma della filiazione, alle altre innovazioni legislative degli ultimi anni (in tema di indegnità a succedere, di patto di famiglia, di amministrazione di sostegno), all’imporsi di nuovi istituti (come il trust), e ai mutamenti giurisprudenziali che paiono insistere, sotto diversi profili, verso un ampliamento dell’autonomia privata.
2015
407
Antonio Albanese
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/629257
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