Annunciato e atteso da tempo, è appena apparso il ponderoso volume che continua la serie degli specimina delle scritture ebraiche medievali Specimen of Mediaeval Hebrew Scripts, collana nella quale è il III volume. È stato preceduto, infatti, nel 1987 dal I vol. dedicato allo Oriental and Yemenite Scripts, compiled by Malachi Beit-Arié in collaboration with Edna Engel, assai più piccolo di quello presente, e contenente 154 Tavole; quindi dal II grosso vol., circa come questo appena uscito, dedicato al Sefardic Script, compiled by Malachi Beit-Arié in collaboration and Edna Engel, che contiene 209 Tavole, pubblicato sempre dalla Israel Academy of Sciences and Humanities nel 2002. Inizialmente, osserva Beit-Arié, la Scrittura ashkenazita o che si avviava ad assumere più chiaramente e in maniera meglio definite i tratti caratteristici della grafia ashkenazita, dall’ultimo quarto del sec. XII alla fine del XIV fu usata dagli scribi ebrei solo in Germania e dintorni, Francia e Inghilterra. Essa fu usata anche in Italia settentrionale, sostanzialmente la pianura padana, solo dalla fine del Trecento, portata da ebrei emigrati in Italia o per loro iniziativa, o perché espulsi dalla Francia a fine XIV secolo e poi dalla Germania più volte nel XV secolo. La prima immagine che la Engel propone nella Tav. 1 è una stele funeraria del cimitero ebraico di Würzburg, dell’anno 1153/54, e ne descrive la scrittura come una proto-quadrata (qodem merubba‘) che, tuttavia, di ashkenazita non ha ancora nulla. L’autore della recensione ritiene che, invece, la grafia giunta nel IX secolo in Renania dove fu portata dalla famiglia ebraica italiana dei Calonimos, fosse già connotata, anche se in nuce, con caratteristiche italiane, sviluppatesi nel corpus epigrafico delle iscrizioni per lo più funerarie ebraiche, incise in Italia meridionale nei secoli VI-IX.

Specimen of Medieval Hebrew Scripts, Volume III, Ashkenazic Script, compiled by Edna Engel and Malachi Beit-Arié, The Israel Academy of Sciences and Humanities, 2017, ISBN 978-965-208-187-2

PERANI, MAURO
2017

Abstract

Annunciato e atteso da tempo, è appena apparso il ponderoso volume che continua la serie degli specimina delle scritture ebraiche medievali Specimen of Mediaeval Hebrew Scripts, collana nella quale è il III volume. È stato preceduto, infatti, nel 1987 dal I vol. dedicato allo Oriental and Yemenite Scripts, compiled by Malachi Beit-Arié in collaboration with Edna Engel, assai più piccolo di quello presente, e contenente 154 Tavole; quindi dal II grosso vol., circa come questo appena uscito, dedicato al Sefardic Script, compiled by Malachi Beit-Arié in collaboration and Edna Engel, che contiene 209 Tavole, pubblicato sempre dalla Israel Academy of Sciences and Humanities nel 2002. Inizialmente, osserva Beit-Arié, la Scrittura ashkenazita o che si avviava ad assumere più chiaramente e in maniera meglio definite i tratti caratteristici della grafia ashkenazita, dall’ultimo quarto del sec. XII alla fine del XIV fu usata dagli scribi ebrei solo in Germania e dintorni, Francia e Inghilterra. Essa fu usata anche in Italia settentrionale, sostanzialmente la pianura padana, solo dalla fine del Trecento, portata da ebrei emigrati in Italia o per loro iniziativa, o perché espulsi dalla Francia a fine XIV secolo e poi dalla Germania più volte nel XV secolo. La prima immagine che la Engel propone nella Tav. 1 è una stele funeraria del cimitero ebraico di Würzburg, dell’anno 1153/54, e ne descrive la scrittura come una proto-quadrata (qodem merubba‘) che, tuttavia, di ashkenazita non ha ancora nulla. L’autore della recensione ritiene che, invece, la grafia giunta nel IX secolo in Renania dove fu portata dalla famiglia ebraica italiana dei Calonimos, fosse già connotata, anche se in nuce, con caratteristiche italiane, sviluppatesi nel corpus epigrafico delle iscrizioni per lo più funerarie ebraiche, incise in Italia meridionale nei secoli VI-IX.
2017
Perani, Mauro
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