Il trattamento fisioterapico conservativo dell’instabilità clinica ha subito negli ultimi anni una profonda trasformazione. La nuova classificazione di Bergmark (1989) ha suggerito a molti autori (Comerford, 2001; Ferrari, 2002; Hodges, 2003; Jull, 2002; Lee, 1999; Richardson, 1999; Sahrmann, 2002; Vanti, 2003) di considerare la muscolatura in base alle diverse caratteristiche, metaboliche, meccaniche e funzionali, modificando quindi l’approccio valutativo e terapeutico. Questa classificazione individua la vocazione prettamente stabilizzatrice dei muscoli posti nei piani profondi (soprattutto il trasverso addominale ed il multifido) e quella dinamica dei muscoli posti più superficialmente. Sembra che gli eventi traumatici e patologici possano inibire l’azione della muscolatura profonda (Jull, 2002; Cowan, 2002; Palmieri, 2004; Laasonen, 1984; Sihvonen, 1993) e che tale deficit di attivazione permanga anche dopo la cessazione del dolore (Hides, 1994). Il trattamento deve quindi rispettare ciò che la letteratura scientifica evidenzia: ripristinare la corretta funzionalità della muscolatura profonda (propriocezione, timing di attivazione, lavoro a bassi carichi per tempi prolungati, co-contrazione tra trasverso addominale e multifido, ecc.), per progredire verso la corretta attivazione funzionale di ogni gruppo muscolare del rachide e del cingolo pelvico.
Traitement Kinésithérapique de l’instabilité lombaire
VANTI, CARLA
2004
Abstract
Il trattamento fisioterapico conservativo dell’instabilità clinica ha subito negli ultimi anni una profonda trasformazione. La nuova classificazione di Bergmark (1989) ha suggerito a molti autori (Comerford, 2001; Ferrari, 2002; Hodges, 2003; Jull, 2002; Lee, 1999; Richardson, 1999; Sahrmann, 2002; Vanti, 2003) di considerare la muscolatura in base alle diverse caratteristiche, metaboliche, meccaniche e funzionali, modificando quindi l’approccio valutativo e terapeutico. Questa classificazione individua la vocazione prettamente stabilizzatrice dei muscoli posti nei piani profondi (soprattutto il trasverso addominale ed il multifido) e quella dinamica dei muscoli posti più superficialmente. Sembra che gli eventi traumatici e patologici possano inibire l’azione della muscolatura profonda (Jull, 2002; Cowan, 2002; Palmieri, 2004; Laasonen, 1984; Sihvonen, 1993) e che tale deficit di attivazione permanga anche dopo la cessazione del dolore (Hides, 1994). Il trattamento deve quindi rispettare ciò che la letteratura scientifica evidenzia: ripristinare la corretta funzionalità della muscolatura profonda (propriocezione, timing di attivazione, lavoro a bassi carichi per tempi prolungati, co-contrazione tra trasverso addominale e multifido, ecc.), per progredire verso la corretta attivazione funzionale di ogni gruppo muscolare del rachide e del cingolo pelvico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.