È fuor di dubbio che lo scavo di pozzi sia nato dalla scoperta che il sottosuolo contiene acqua dolce e minerali utili; lo scavo manuale e, successivamente, la perforazione meccanica di pozzi ha soddisfatto in buona parte il fabbisogno d’acqua dell’uomo sin dall’antichità: fin dall’epoca in cui l’uomo ha scelto una dimora stabile, ha scavato pozzi e ne ha rivestite le pareti con vari materiali, per preservarli dall’usura del tempo. Già dal tardo XV secolo, nell’area Appenninica tra Modena e Parma si produceva petrolio da pozzi profondi poche decine di metri, scavati manualmente. Tale tecnica rudimentale, ma efficace per l’epoca, fu utilizzata fino a tutto il 1800. L’abate Antonio Stoppani, nel suo celeberrimo “Il Bel Paese: Conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica d’Italia” (1876) fornisce una vivace ed affascinante descrizione dei pozzi petroliferi di Miano di Medesano, nel parmense. Grazie alle numerose perforazioni condotte nell’Appennino emiliano a partire dalla seconda metà del 1860, numerosi furono le maestranze locali impegnate in questa attività. Alcuni di loro, insieme a tecnici e imprenditori, agli inizi del 1900 svilupparono proprio in Emilia (ed in particolare nel piacentino) un’industria autonoma di costruzione di impianti e attrezzature di perforazione. Si ricordano gli ingegneri A. Bonariva e R. Sarti, che fondarono a Bologna già prima del 1884 la “prima società italiana impresaria di perforazione del suolo”, con annessa officina di costruzione di “macchine utensili e tubi per pozzi artesiani”. In seguito il “perforatore” piacentino Silvio Ballerini fondò la sua azienda nel 1913, seguito pochi anno dopo dai fratelli James e L. Massarenti, che nel 1922 iniziarono un’attività industriale nello stesso settore: la Massarenti nel 1936 costruì il primo impianto di perforazione rotary italiano, e nel 1953 commercializzò un impianto con una capacità di 4500 m, il più potente costruito fino d’allora in Europa. Si ricorda inoltre la pubblicazione di due trattati tecnici italiani di notevole interesse, quale L’arte della sonda di Luigi Perreau e Il petrolio e le acque sotterranee dei fratelli James e L. Massarenti, i capostipiti di tutti gli altri manuali di perforazione realizzati in seguito in Italia.

Le perforazioni in Emilia Romagna: i pozzi petroliferi di Miano di Medesano nel “Bel Paese” di Antonio Stoppani (1876) e la perforazione in Italia fino all’introduzione della perforazione rotary (Miniera di Vallezza, 1934)

Macini P.
Writing – Original Draft Preparation
;
Mesini E.
Writing – Review & Editing
2017

Abstract

È fuor di dubbio che lo scavo di pozzi sia nato dalla scoperta che il sottosuolo contiene acqua dolce e minerali utili; lo scavo manuale e, successivamente, la perforazione meccanica di pozzi ha soddisfatto in buona parte il fabbisogno d’acqua dell’uomo sin dall’antichità: fin dall’epoca in cui l’uomo ha scelto una dimora stabile, ha scavato pozzi e ne ha rivestite le pareti con vari materiali, per preservarli dall’usura del tempo. Già dal tardo XV secolo, nell’area Appenninica tra Modena e Parma si produceva petrolio da pozzi profondi poche decine di metri, scavati manualmente. Tale tecnica rudimentale, ma efficace per l’epoca, fu utilizzata fino a tutto il 1800. L’abate Antonio Stoppani, nel suo celeberrimo “Il Bel Paese: Conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica d’Italia” (1876) fornisce una vivace ed affascinante descrizione dei pozzi petroliferi di Miano di Medesano, nel parmense. Grazie alle numerose perforazioni condotte nell’Appennino emiliano a partire dalla seconda metà del 1860, numerosi furono le maestranze locali impegnate in questa attività. Alcuni di loro, insieme a tecnici e imprenditori, agli inizi del 1900 svilupparono proprio in Emilia (ed in particolare nel piacentino) un’industria autonoma di costruzione di impianti e attrezzature di perforazione. Si ricordano gli ingegneri A. Bonariva e R. Sarti, che fondarono a Bologna già prima del 1884 la “prima società italiana impresaria di perforazione del suolo”, con annessa officina di costruzione di “macchine utensili e tubi per pozzi artesiani”. In seguito il “perforatore” piacentino Silvio Ballerini fondò la sua azienda nel 1913, seguito pochi anno dopo dai fratelli James e L. Massarenti, che nel 1922 iniziarono un’attività industriale nello stesso settore: la Massarenti nel 1936 costruì il primo impianto di perforazione rotary italiano, e nel 1953 commercializzò un impianto con una capacità di 4500 m, il più potente costruito fino d’allora in Europa. Si ricorda inoltre la pubblicazione di due trattati tecnici italiani di notevole interesse, quale L’arte della sonda di Luigi Perreau e Il petrolio e le acque sotterranee dei fratelli James e L. Massarenti, i capostipiti di tutti gli altri manuali di perforazione realizzati in seguito in Italia.
2017
UNMIG 1957-2017, 60° dell’Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse
75
77
Macini, Paolo; Mesini, Ezio
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/610354
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