RIASSUNTO Durante il periodo dicembre 2014 e giugno 2015 è stato condotto uno studio di prevalenza, nella specie bufalina, per conoscere le caratteristiche epidemiologiche di herpesvirus 1 in Campania (distretto di Caserta). In modo particolare è stata valutata la prevalenza di Bovine Herpesvirus type 1 (BoHV-1) e Bubaline Herpesvirus type 1 (BuHV-1). Sono state campionate aziende (ad indirizzo produttivo latte) dove non era stato vietato l’accesso per ragioni sanitarie (brucellosi, tubercolosi, etc.) e dove i proprietari hanno dato il consenso informato a poter eseguire prelievi di sangue, tamponi nasali e vaginali sui capi. Sono stati processati 217 sieri appartenenti a 16 diverse aziende casertane. I risultati ai test sierologici effettuati mediante IBR gB Ab test e IBR gE Ab test ELISA (IDEXX), comunemente in uso, hanno sottolineato una netta diffusione di BoHV-1 (85,25%) rispetto a BuHV-1 (11,52%). I valori ottenuti, pur affetti da un certo grado di bias dovuto ai metodi di campionamento adottati, sono stati comunque indicativi della circolazione di questi due virus erpetici nella specie presa in esame. INTRODUZIONE Il bufalo mediterraneo (Bubalus bubalis), chiamato dagli anglosassoni water buffalo, è l’ospite primario e reservoir di Bubaline Herpesvirus type 1 (BuHV-1), patogeno originariamente isolato in Australia dal prepuzio di un maschio bufalino (15) e più recentemente nel sud Italia dopo riattivazione farmacologica in una bufala (2). Nella specie bufalina è noto che circola anche Bovine Herpesvirus type 1 (BoHV-1) (9,2,13,14). Il BuHV-1 è un virus antigeneticamente e geneticamente correlato al BoHV-1. L’analisi filogenetica dei due li classifica come virus diversi, ma strettamente omologhi (7,3); sequenze di virus specifiche sono state messe in evidenza anche da feti abortiti (1). BuHV-1 e BoHV-1 sono responsabili di patologie altamente contagiose come la Rinotracheite Infettiva Bovina (IBR), la Vulvovaginite Pustolosa (IPV), la Balanopostite (IPB), trasmissibili rispettivamente per via aerogena e venerea, benchè il contagio avvenga anche in modo indiretto per via diaplacentare e per contatto con secrezioni infette. Entrambi i virus sono capaci di stabilire latenza nei gangli craniali (in particolare nei gangli del trigemino) e/o sacrali, questo consente loro di persistere nel soggetto infetto per tempi indefiniti (5,12,16,17,8,4). Ciò assume enorme rilevanza sul piano della pato¬logia e dell'epidemiologia in quanto, a seguito di stress endogeni o esogeni, si verifica riattivazione dell'infe¬zione latente con conseguente disseminazio¬ne dei virus nell'ambiente, anche in forma silente. I due patogeni inducono sia danni sanitari diretti (malattia clinica o subclinica) che indiretti (economici: ipofertilità/infertilità, calo della produzione lattea, aborto, encefaliti, spese veterinarie, etc.). In Italia, all’Anagrafe Nazionale Zootecnica (dati 31/05/15) si contano 376.705 capi bufalini, di cui oltre il 90% è concentrato nelle regioni di centro-sud, prevalentemente in Campania (278.721 capi). La domanda di latte bufalino per la produzione di formaggi (mozzarella, ricotta, etc.) è in costante ascesa e il latte di bufala non è soggetto a limitazioni o quote di produzione previste invece dalla CE per il latte bovino. Considerando che la presenza di IBR nel nostro territorio può avere implicazioni negative nell’ambito della commercializzazione e movimentazione degli animali sieropositivi tra una zona e l’altra, e ancor di più in ambito internazionale (11,3) (diversi Paesi hanno attuato piani di eradicazione ed esigono un certificato rilasciato da Enti autorizzati - IIZZSS - che attesti la sieronegatività a IBR), si rende necessaria la conoscenza della presenza di herpesvirus negli allevamenti bufalini. Inoltre la sieronegatività a IBR è richiesta soprattutto per i tori destinati ai centri di riproduzione (si ha una riduzione del numero di stalle dalle quali è possibile prelevare soggetti, con un’evidente rischio di forte riduzione della variabilità e del miglioramento genetico) e quindi bisogna adottare misure di routine per il controllo dell’infezione. In molti Paesi europei (eccezione fatta per Svizzera, Austria, Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, alcune aree della Baviera considerate indenni IBR) e in alcune regioni italiane (Trentino, Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli, Lazio, Campania; eccetto Bolzano e Trento reputate indenni IBR dall’UE) esistono già specifici piani di risanamento/eradicazione della malattia su base obbligatoria o volontaria (11) che sono indirizzati in modo particolare al comparto bovino, e non sempre estesi a quello bufalino. Indagini epidemiologiche, attualmente disponibili, condotte su alcuni territori italiani, confermano la diffusione di questi virus nei bufali (13,3), ma si tratta ancora di dati frammentari. Ciò rende importante quantificare il reale impatto economico che la malattia determina in una popolazione infetta, chiarire il ruolo patogeno che gli herpesvirus rivestono, valutare la funzione di serbatoio e di diffusore che il bufalo rappresenta. Obiettivo del presente studio di prevalenza è stato quello di effettuare una valutazione preliminare sulla diffusione di BoHV-1 e BuHV-1 nel comparto bufalino casertano al fine di poter disporre, in un futuro prossimo, di un quadro epidemiologico più completo anche per i bufali che permetterà la messa a punto di misure di eradicazione più efficaci, e attiverà un programma di sorveglianza nella regione Campania che comprenda anche questa specie. MATERIALI E METODI L'indagine è stata condotta in un periodo di 6 mesi (compreso tra dicembre 2014 e giugno 2015) in una specifica area del territorio: la provincia di Caserta. Tale scelta è stata operata considerando che la realtà zootecnica casertana (188.779 capi bufalini; dati BDN al 31/05/15) è la più rappresentativa della regione per l’alta densità di bufale da latte, per la produzione di un latte di altissima qualità da indirizzare alla caseificazione, per la presenza di allevamenti costituiti da un numero cospicuo di capi. Nelle aziende oggetto di studio è stato effettuato un campionamento di convenienza dopo il consenso dei proprietari. I campioni di sangue e i tamponi nasali e vaginali sono stati effettuati nel rispetto delle normative vigenti che regolano il benessere animale. I sieri collezionati sono stati complessivamente n.217 provenienti da n.16 allevamenti. I capi campionati avevano un‘età compresa tra i 6 mesi e i 18 anni. I 217 sieri sono stati processati utilizzando in serie due test competitivi, IBR gB Ab e IBR gE Ab ELISA (IDEXX). Lo status dell’infezione veniva definito come segue: gB-pos/gE-pos animale positivo a BoHV-1, gB-pos/gE-neg animale positivo a BuHV-1, gB-neg/gE-neg animale negativo a IBR (13). Le analisi sierologiche per la ricerca degli anticorpi anti-IBR sono state effettuate con un kit del commercio dotato di una specificità del 99% e una sensibilità del 99% (IDEXX kit). I tamponi saranno esaminati con prove di isolamento per la ricerca di herpesvirus 1 in uno studio seguente. A conferma dell’isolamento virale saranno effettuate prove di biologia molecolare. RISULTATI E DISCUSSIONE Le analisi sierologiche hanno fornito i seguenti risultati preliminari (TABELLA 1), da cui si evince che la prevalenza degli herpesvirus 1 tra le diverse aziende casertane esaminate è del 96,77%, e più interessante sottolineare come il patogeno BoHV-1 sia largamente più diffuso (85,25%) di quello bufalino, BuHV-1 (11,52%). Tali percentuali contraddicono studi effettuati precedentemente (13,10,3) dove invece il BuHV-1 era maggiormente rappresentativo (rispettivamente 42% nel centro Italia, 50% nelle Marche, 53% in Campania). Questi risultati contrastanti possono dipendere dalla modalità di campionamento eseguita: nel nostro caso non probabilistica e negli altri tre studi randomizzata, ma anche dai kit sierologici impiegati: nella nostra ricerca due ELISA test attualmente in commercio messi a punto per il BoHV-1, e per contro un ELISA test ideato specificamente per differenziare il BuHV-1 e il BoHV-1 nei bufali (6). Altra motivazione potrebbe essere che in 4 dei 16 allevamenti esaminati, a pochi metri di distanza dai bufali erano stabulati anche vacche e tori da latte positivi a IBR.

Studio preliminare sulla prevalenza di herpesvirus 1, in Bubalus bubalis, nella regione Campania

MARULLO, ANNAROSARIA;PROSPERI, SANTINO;
2015

Abstract

RIASSUNTO Durante il periodo dicembre 2014 e giugno 2015 è stato condotto uno studio di prevalenza, nella specie bufalina, per conoscere le caratteristiche epidemiologiche di herpesvirus 1 in Campania (distretto di Caserta). In modo particolare è stata valutata la prevalenza di Bovine Herpesvirus type 1 (BoHV-1) e Bubaline Herpesvirus type 1 (BuHV-1). Sono state campionate aziende (ad indirizzo produttivo latte) dove non era stato vietato l’accesso per ragioni sanitarie (brucellosi, tubercolosi, etc.) e dove i proprietari hanno dato il consenso informato a poter eseguire prelievi di sangue, tamponi nasali e vaginali sui capi. Sono stati processati 217 sieri appartenenti a 16 diverse aziende casertane. I risultati ai test sierologici effettuati mediante IBR gB Ab test e IBR gE Ab test ELISA (IDEXX), comunemente in uso, hanno sottolineato una netta diffusione di BoHV-1 (85,25%) rispetto a BuHV-1 (11,52%). I valori ottenuti, pur affetti da un certo grado di bias dovuto ai metodi di campionamento adottati, sono stati comunque indicativi della circolazione di questi due virus erpetici nella specie presa in esame. INTRODUZIONE Il bufalo mediterraneo (Bubalus bubalis), chiamato dagli anglosassoni water buffalo, è l’ospite primario e reservoir di Bubaline Herpesvirus type 1 (BuHV-1), patogeno originariamente isolato in Australia dal prepuzio di un maschio bufalino (15) e più recentemente nel sud Italia dopo riattivazione farmacologica in una bufala (2). Nella specie bufalina è noto che circola anche Bovine Herpesvirus type 1 (BoHV-1) (9,2,13,14). Il BuHV-1 è un virus antigeneticamente e geneticamente correlato al BoHV-1. L’analisi filogenetica dei due li classifica come virus diversi, ma strettamente omologhi (7,3); sequenze di virus specifiche sono state messe in evidenza anche da feti abortiti (1). BuHV-1 e BoHV-1 sono responsabili di patologie altamente contagiose come la Rinotracheite Infettiva Bovina (IBR), la Vulvovaginite Pustolosa (IPV), la Balanopostite (IPB), trasmissibili rispettivamente per via aerogena e venerea, benchè il contagio avvenga anche in modo indiretto per via diaplacentare e per contatto con secrezioni infette. Entrambi i virus sono capaci di stabilire latenza nei gangli craniali (in particolare nei gangli del trigemino) e/o sacrali, questo consente loro di persistere nel soggetto infetto per tempi indefiniti (5,12,16,17,8,4). Ciò assume enorme rilevanza sul piano della pato¬logia e dell'epidemiologia in quanto, a seguito di stress endogeni o esogeni, si verifica riattivazione dell'infe¬zione latente con conseguente disseminazio¬ne dei virus nell'ambiente, anche in forma silente. I due patogeni inducono sia danni sanitari diretti (malattia clinica o subclinica) che indiretti (economici: ipofertilità/infertilità, calo della produzione lattea, aborto, encefaliti, spese veterinarie, etc.). In Italia, all’Anagrafe Nazionale Zootecnica (dati 31/05/15) si contano 376.705 capi bufalini, di cui oltre il 90% è concentrato nelle regioni di centro-sud, prevalentemente in Campania (278.721 capi). La domanda di latte bufalino per la produzione di formaggi (mozzarella, ricotta, etc.) è in costante ascesa e il latte di bufala non è soggetto a limitazioni o quote di produzione previste invece dalla CE per il latte bovino. Considerando che la presenza di IBR nel nostro territorio può avere implicazioni negative nell’ambito della commercializzazione e movimentazione degli animali sieropositivi tra una zona e l’altra, e ancor di più in ambito internazionale (11,3) (diversi Paesi hanno attuato piani di eradicazione ed esigono un certificato rilasciato da Enti autorizzati - IIZZSS - che attesti la sieronegatività a IBR), si rende necessaria la conoscenza della presenza di herpesvirus negli allevamenti bufalini. Inoltre la sieronegatività a IBR è richiesta soprattutto per i tori destinati ai centri di riproduzione (si ha una riduzione del numero di stalle dalle quali è possibile prelevare soggetti, con un’evidente rischio di forte riduzione della variabilità e del miglioramento genetico) e quindi bisogna adottare misure di routine per il controllo dell’infezione. In molti Paesi europei (eccezione fatta per Svizzera, Austria, Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, alcune aree della Baviera considerate indenni IBR) e in alcune regioni italiane (Trentino, Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli, Lazio, Campania; eccetto Bolzano e Trento reputate indenni IBR dall’UE) esistono già specifici piani di risanamento/eradicazione della malattia su base obbligatoria o volontaria (11) che sono indirizzati in modo particolare al comparto bovino, e non sempre estesi a quello bufalino. Indagini epidemiologiche, attualmente disponibili, condotte su alcuni territori italiani, confermano la diffusione di questi virus nei bufali (13,3), ma si tratta ancora di dati frammentari. Ciò rende importante quantificare il reale impatto economico che la malattia determina in una popolazione infetta, chiarire il ruolo patogeno che gli herpesvirus rivestono, valutare la funzione di serbatoio e di diffusore che il bufalo rappresenta. Obiettivo del presente studio di prevalenza è stato quello di effettuare una valutazione preliminare sulla diffusione di BoHV-1 e BuHV-1 nel comparto bufalino casertano al fine di poter disporre, in un futuro prossimo, di un quadro epidemiologico più completo anche per i bufali che permetterà la messa a punto di misure di eradicazione più efficaci, e attiverà un programma di sorveglianza nella regione Campania che comprenda anche questa specie. MATERIALI E METODI L'indagine è stata condotta in un periodo di 6 mesi (compreso tra dicembre 2014 e giugno 2015) in una specifica area del territorio: la provincia di Caserta. Tale scelta è stata operata considerando che la realtà zootecnica casertana (188.779 capi bufalini; dati BDN al 31/05/15) è la più rappresentativa della regione per l’alta densità di bufale da latte, per la produzione di un latte di altissima qualità da indirizzare alla caseificazione, per la presenza di allevamenti costituiti da un numero cospicuo di capi. Nelle aziende oggetto di studio è stato effettuato un campionamento di convenienza dopo il consenso dei proprietari. I campioni di sangue e i tamponi nasali e vaginali sono stati effettuati nel rispetto delle normative vigenti che regolano il benessere animale. I sieri collezionati sono stati complessivamente n.217 provenienti da n.16 allevamenti. I capi campionati avevano un‘età compresa tra i 6 mesi e i 18 anni. I 217 sieri sono stati processati utilizzando in serie due test competitivi, IBR gB Ab e IBR gE Ab ELISA (IDEXX). Lo status dell’infezione veniva definito come segue: gB-pos/gE-pos animale positivo a BoHV-1, gB-pos/gE-neg animale positivo a BuHV-1, gB-neg/gE-neg animale negativo a IBR (13). Le analisi sierologiche per la ricerca degli anticorpi anti-IBR sono state effettuate con un kit del commercio dotato di una specificità del 99% e una sensibilità del 99% (IDEXX kit). I tamponi saranno esaminati con prove di isolamento per la ricerca di herpesvirus 1 in uno studio seguente. A conferma dell’isolamento virale saranno effettuate prove di biologia molecolare. RISULTATI E DISCUSSIONE Le analisi sierologiche hanno fornito i seguenti risultati preliminari (TABELLA 1), da cui si evince che la prevalenza degli herpesvirus 1 tra le diverse aziende casertane esaminate è del 96,77%, e più interessante sottolineare come il patogeno BoHV-1 sia largamente più diffuso (85,25%) di quello bufalino, BuHV-1 (11,52%). Tali percentuali contraddicono studi effettuati precedentemente (13,10,3) dove invece il BuHV-1 era maggiormente rappresentativo (rispettivamente 42% nel centro Italia, 50% nelle Marche, 53% in Campania). Questi risultati contrastanti possono dipendere dalla modalità di campionamento eseguita: nel nostro caso non probabilistica e negli altri tre studi randomizzata, ma anche dai kit sierologici impiegati: nella nostra ricerca due ELISA test attualmente in commercio messi a punto per il BoHV-1, e per contro un ELISA test ideato specificamente per differenziare il BuHV-1 e il BoHV-1 nei bufali (6). Altra motivazione potrebbe essere che in 4 dei 16 allevamenti esaminati, a pochi metri di distanza dai bufali erano stabulati anche vacche e tori da latte positivi a IBR.
2015
XLVII National Congress of the Italian Society Buiatrics (S.I.B.)
Marullo, Annarosaria; Ciaramella, Raffaele; Nocera, Francesca Paola; Fiorito, Filomena; Montagnaro, Serena; Pagnini, Ugo; De Martino, Luisa; Prosperi, Santino; Iovane, Giuseppe
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