Negli ultimi anni si sono moltiplicati i segnali eclatanti dell’acutizzarsi di una tensione da sempre esistente all’interno della coppia “democrazia rappresentativa” e “democrazia diretta”. Una tensione tuttavia tollerata, in nome di un (più che altro formalistico) ben pensare politically and legally correct, che nei discorsi elettorali e nell’inchiostro delle carte costituzionali difende ancora le origini dirette della forma di Stato democratica. Il pensiero corre immediatamente ai recenti referendum su indipendenza di Scozia e Catalogna, a quello sulla Brexit, ma anche a quello greco sul programma di austerity della troika, a quello sulla secessione della Crimea dall’Ucraina, un po’ più indietro nel tempo, a quelli francese e olandese sulla Costituzione europea, e via discorrendo. Dall’altra parte, abbiamo l’emersione di partiti politici che pongono alla base delle loro strutture organizzative e del loro funzionamento la partecipazione diretta degli elettori alla definizione dei programmi di partito e di governo, dal Movimento 5 Stelle in Italia a Podemos o Ciudadanos in Spagna, a Syriza in Grecia, ai Pirati nell’Europa centro-settentrionale. Se in altre parti del globo, come in molti Stati dell’America centro-meridionale o in alcuni Paesi africani e asiatici, la partecipazione popolare è diventata nelle più recenti Carte costituzionali uno dei pilastri della forma di Stato, in Occidente, la vigenza di Costituzioni antiche o risalenti al secondo dopoguerra conduce spesso alla soluzione di questo conflitto altamente politico per via interpretativa da parte delle Corti. Il rapporto tra democrazia diretta e rappresentativa non è mai stato improntato alla “parità fra coniugi”: quantomeno la storia moderna, ha sempre visto il prevalere della rappresentanza sulla decisione diretta del popolo. Il conflitto odierno appare dunque come un movimento di rivendicazione di maggior equilibrio nella coppia, una battaglia di emancipazione della parte più debole. In assenza di clausole costituzionali estese, che definiscano con chiarezza modalità, funzionamento e limiti della democrazia diretta, o di fronte alla loro genericità (ad es. il semplice riconoscimento del principio partecipativo), nel conflitto fra i due conviventi le Corti svolgono il ruolo di “consulente matrimoniale”: a chi spetta decidere su questioni spesso fondamentali per il Paese, ai governanti o ai governati? Chi detiene l’ultima parola? Sulla base di queste premesse, nel capitolo si propone una classificazione delle diverse forme di democrazia diretta, partecipativa e rappresentativa, con un'analisi comparata degli istituti più significativi

Sezione I – L’organizzazione del popolo (rappresentanza, democrazia diretta, sistemi elettorali, partiti politici)

BAGNI, SILVIA
2017

Abstract

Negli ultimi anni si sono moltiplicati i segnali eclatanti dell’acutizzarsi di una tensione da sempre esistente all’interno della coppia “democrazia rappresentativa” e “democrazia diretta”. Una tensione tuttavia tollerata, in nome di un (più che altro formalistico) ben pensare politically and legally correct, che nei discorsi elettorali e nell’inchiostro delle carte costituzionali difende ancora le origini dirette della forma di Stato democratica. Il pensiero corre immediatamente ai recenti referendum su indipendenza di Scozia e Catalogna, a quello sulla Brexit, ma anche a quello greco sul programma di austerity della troika, a quello sulla secessione della Crimea dall’Ucraina, un po’ più indietro nel tempo, a quelli francese e olandese sulla Costituzione europea, e via discorrendo. Dall’altra parte, abbiamo l’emersione di partiti politici che pongono alla base delle loro strutture organizzative e del loro funzionamento la partecipazione diretta degli elettori alla definizione dei programmi di partito e di governo, dal Movimento 5 Stelle in Italia a Podemos o Ciudadanos in Spagna, a Syriza in Grecia, ai Pirati nell’Europa centro-settentrionale. Se in altre parti del globo, come in molti Stati dell’America centro-meridionale o in alcuni Paesi africani e asiatici, la partecipazione popolare è diventata nelle più recenti Carte costituzionali uno dei pilastri della forma di Stato, in Occidente, la vigenza di Costituzioni antiche o risalenti al secondo dopoguerra conduce spesso alla soluzione di questo conflitto altamente politico per via interpretativa da parte delle Corti. Il rapporto tra democrazia diretta e rappresentativa non è mai stato improntato alla “parità fra coniugi”: quantomeno la storia moderna, ha sempre visto il prevalere della rappresentanza sulla decisione diretta del popolo. Il conflitto odierno appare dunque come un movimento di rivendicazione di maggior equilibrio nella coppia, una battaglia di emancipazione della parte più debole. In assenza di clausole costituzionali estese, che definiscano con chiarezza modalità, funzionamento e limiti della democrazia diretta, o di fronte alla loro genericità (ad es. il semplice riconoscimento del principio partecipativo), nel conflitto fra i due conviventi le Corti svolgono il ruolo di “consulente matrimoniale”: a chi spetta decidere su questioni spesso fondamentali per il Paese, ai governanti o ai governati? Chi detiene l’ultima parola? Sulla base di queste premesse, nel capitolo si propone una classificazione delle diverse forme di democrazia diretta, partecipativa e rappresentativa, con un'analisi comparata degli istituti più significativi
2017
Sistemi costituzionali comparati
381
440
Bagni, Silvia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/591865
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