Oggi è dato per scontato che chi guarda, con la soggettività della sua percezione, condizioni il messaggio stesso dell’arte. Il "pas de deux" che si costruisce tra l’opera ed il pubblico è un viaggio nella storia della visione e della fruizione e nelle forme di mediazione tecnica e culturale dell’arte, ma rappresenta soprattutto una variante possibile dell’orizzonte da cui scrutare cambiamenti e sviluppi dei mondi dell’arte. I termini “Pubblico” e “Spettatore”, ma anche tutte le nozioni e le espressioni collegate allo sviluppo di una sociabilità laica e urbana, costituiscono elementi fondanti della vita moderna, dal punto di vista culturale ed artistico, ma anche politico, e si pongono spesso al centro di una costruzione del consenso che nell’ambito delle Arti viene definita come “gusto”. Osservare l’arte secondo la doppia angolazione della ricezione del pubblico e dell’opera come strumento ed oggetto di mediazione di valori culturali offre l’immagine di un lungo processo dialettico in costante evoluzione con strumenti ed obiettivi collegati nel tempo all’attualità artistica ed alla situazione sociale. Il volume offre un percorso cronologico dal XVI al XVIII secolo e analizza le tappe connesse alla legittimazione internazionale del giudizio del pubblico ed alla costruzione del suo dialogo, in presenza o a distanza, con l’arte. In questo contesto il capitolo "La costruzione dello sguardo moderno: aspetti di una lunga eredità" analizza le radici storiche di un doppio registro del giudizio sulle arti che ha separato “savi” ed “ignoranti”. Lungo una linea ideale che congiunge Petrarca e Castiglione ma poi anche Vasari, Dolce, Armenini, si definiscono nel corso del Rinascimento i contorni di un “pubblico italiano” delle arti in grado di analizzare le opere che vede e di applicare elementi di teoria all’abitudine del confronto formale. Un pubblico colto capace di apprezzare “come dilettante” gli aspetti della pratica artistica e, soprattutto, in grado di tradurre il giudizio estetico in scelta collezionistica, traghettando le preferenze personali e dinamiche del gusto verso la relativa stabilità di investimenti economici per la "res familiaris". È nell’ambiente fiorentino del Vasari e in quello veneziano di Aretino che sono state poste le origini dello spettatore esperto, di quell’intendente destinato a diventare il vero e proprio archetipo europeo di un nuovo protagonista dell’arte che, col tempo, avrebbe portato a privilegiare nel giudizio l’occhio del pubblico all’idea dell’artista. Il saggio analizza la progressiva legittimità di quello che dal tempo di Vasari era stato definito “pubblico di mezzo” e la nuova dignità pubblica attribuita al dibattito sull’arte identificando testi e contesti per la fruizione delle opere con un "excursus" anche sulla "lex hortorum" individuata come momento, spesso sottovalutato, del passaggio dell'arte verso una fruizione pubblica. La ricerca si chiude con l’analisi del contributo, di grande modernità, offerto da Gabriele Paleotti alla fine del XVI secolo allo studio del pubblico delle arti visive: egli sposta l’attenzione dal modello archetipo dell’immagine agli spettatori, gli “idioti” e gli “spirituali” del Discorso diventano l’espressione di un “occhio cristiano” che corrispondeva a una percezione culturale destinata a una lunga evoluzione storica e critica.

La costruzione dello sguardo moderno: aspetti di una lunga eredità

COSTA, SANDRA
2017

Abstract

Oggi è dato per scontato che chi guarda, con la soggettività della sua percezione, condizioni il messaggio stesso dell’arte. Il "pas de deux" che si costruisce tra l’opera ed il pubblico è un viaggio nella storia della visione e della fruizione e nelle forme di mediazione tecnica e culturale dell’arte, ma rappresenta soprattutto una variante possibile dell’orizzonte da cui scrutare cambiamenti e sviluppi dei mondi dell’arte. I termini “Pubblico” e “Spettatore”, ma anche tutte le nozioni e le espressioni collegate allo sviluppo di una sociabilità laica e urbana, costituiscono elementi fondanti della vita moderna, dal punto di vista culturale ed artistico, ma anche politico, e si pongono spesso al centro di una costruzione del consenso che nell’ambito delle Arti viene definita come “gusto”. Osservare l’arte secondo la doppia angolazione della ricezione del pubblico e dell’opera come strumento ed oggetto di mediazione di valori culturali offre l’immagine di un lungo processo dialettico in costante evoluzione con strumenti ed obiettivi collegati nel tempo all’attualità artistica ed alla situazione sociale. Il volume offre un percorso cronologico dal XVI al XVIII secolo e analizza le tappe connesse alla legittimazione internazionale del giudizio del pubblico ed alla costruzione del suo dialogo, in presenza o a distanza, con l’arte. In questo contesto il capitolo "La costruzione dello sguardo moderno: aspetti di una lunga eredità" analizza le radici storiche di un doppio registro del giudizio sulle arti che ha separato “savi” ed “ignoranti”. Lungo una linea ideale che congiunge Petrarca e Castiglione ma poi anche Vasari, Dolce, Armenini, si definiscono nel corso del Rinascimento i contorni di un “pubblico italiano” delle arti in grado di analizzare le opere che vede e di applicare elementi di teoria all’abitudine del confronto formale. Un pubblico colto capace di apprezzare “come dilettante” gli aspetti della pratica artistica e, soprattutto, in grado di tradurre il giudizio estetico in scelta collezionistica, traghettando le preferenze personali e dinamiche del gusto verso la relativa stabilità di investimenti economici per la "res familiaris". È nell’ambiente fiorentino del Vasari e in quello veneziano di Aretino che sono state poste le origini dello spettatore esperto, di quell’intendente destinato a diventare il vero e proprio archetipo europeo di un nuovo protagonista dell’arte che, col tempo, avrebbe portato a privilegiare nel giudizio l’occhio del pubblico all’idea dell’artista. Il saggio analizza la progressiva legittimità di quello che dal tempo di Vasari era stato definito “pubblico di mezzo” e la nuova dignità pubblica attribuita al dibattito sull’arte identificando testi e contesti per la fruizione delle opere con un "excursus" anche sulla "lex hortorum" individuata come momento, spesso sottovalutato, del passaggio dell'arte verso una fruizione pubblica. La ricerca si chiude con l’analisi del contributo, di grande modernità, offerto da Gabriele Paleotti alla fine del XVI secolo allo studio del pubblico delle arti visive: egli sposta l’attenzione dal modello archetipo dell’immagine agli spettatori, gli “idioti” e gli “spirituali” del Discorso diventano l’espressione di un “occhio cristiano” che corrispondeva a una percezione culturale destinata a una lunga evoluzione storica e critica.
2017
I Savi e gli Ignoranti / Dialogo del pubblico con l'arte (XVI-XVIII secolo)
19
58
Sandra Costa
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/582415
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