Il nome “Fastia” forse a molti non dice nulla, neanche se si aggiunge la parola “japonica”. Eppure, stiamo parlando della comunissima Aralia: Aralia japonica o Fatsia japonica, nota anche come Fatsia sieboldii o Aralia sieboldii. Ben quattro diciture per una sola pianta di un genere (Fastia o Aralia) comprensivo di un’unica specie. L’Aralia, originaria del Giappone, si è ambientata molto bene in Italia, tanto che ha acquisito una certa rusticità. Al sud si coltiva facilmente all’aperto, mentre al nord quasi sempre in vaso in ambiente riparato: è la tipica pianta da appartamento. La fioritura è prettamente autunnale: in ottobre compaiono ombrelle rotondeggianti di fiori bianchi che formano pannocchie lunghe 20-40 cm. Ma la bellezza e l’eleganza dell’Aralia risiede nelle sulle ampie foglie palmate, lucide, verde scuro, con 7-9 lobi oblungo-lancelolati che vanno a costituire esemplari maestosi alti anche 2 metri. Come ogni pianta ha i suoi “guai” di salute: cocciniglie, acari, tripidi, qualche patogeno fungino e poi i virus. Per una volta, non soffermiamoci sui problemi sanitari che coinvolgono l’Aralia che da anni è in giardino o abbellisce il salotto, bensì su quelli che interessano le specie ornamentali da fronda presso i coltivatori. Che brutte foglie! Gli impianti di Aralia sono spesso al suolo, dato che esiste un vasto mercato che vede la commercializzazione di fronde recise, e le foglie di Aralia ne fanno parte. Sia negli impianti in vaso che in quelli al suolo, si possono verificare infestazioni da insetti fastidiosi e pericolosi, i tripidi, in grado di trasmettere all’Aralia un Tospovirus. Di questa categoria di virus ci siamo già occupati in passato, senza mai soffermarci, però, su quello che succede a monte quando si verifica un’infezione nelle aziende. Le immagini mostrano Aralie a dimora con i primi sintomi: la malattia si diffonde rapidamente grazie ai tripidi presenti nell’impianto e il danno economico è ingente. Infatti, le necrosi sulle foglie in brevissimo tempo rendono le piante non più commerciabili. E’ praticamente impossibile che acquistiamo inconsapevolmente un’Aralia già infetta da Tospovirus, in quanto in ambito produttivo le piante sintomatiche vengono prontamente eliminate e poi, con quel brutto aspetto, chiunque di noi la rifiuterebbe. Questa è solo una delle tante avversità contro cui i nostri bravissimi produttori di piante ornamentali si trovano a combattere quotidianamente affinché possiamo circondarci di esemplari belli e sani.

Aralia_ bella sì, brutta no / Maria Grazia, Bellardi. - In: GIARDINI. - ISSN 0394-0853. - STAMPA. - 282:(2017), pp. 80-80.

Aralia_ bella sì, brutta no

BELLARDI, MARIA GRAZIA
2017

Abstract

Il nome “Fastia” forse a molti non dice nulla, neanche se si aggiunge la parola “japonica”. Eppure, stiamo parlando della comunissima Aralia: Aralia japonica o Fatsia japonica, nota anche come Fatsia sieboldii o Aralia sieboldii. Ben quattro diciture per una sola pianta di un genere (Fastia o Aralia) comprensivo di un’unica specie. L’Aralia, originaria del Giappone, si è ambientata molto bene in Italia, tanto che ha acquisito una certa rusticità. Al sud si coltiva facilmente all’aperto, mentre al nord quasi sempre in vaso in ambiente riparato: è la tipica pianta da appartamento. La fioritura è prettamente autunnale: in ottobre compaiono ombrelle rotondeggianti di fiori bianchi che formano pannocchie lunghe 20-40 cm. Ma la bellezza e l’eleganza dell’Aralia risiede nelle sulle ampie foglie palmate, lucide, verde scuro, con 7-9 lobi oblungo-lancelolati che vanno a costituire esemplari maestosi alti anche 2 metri. Come ogni pianta ha i suoi “guai” di salute: cocciniglie, acari, tripidi, qualche patogeno fungino e poi i virus. Per una volta, non soffermiamoci sui problemi sanitari che coinvolgono l’Aralia che da anni è in giardino o abbellisce il salotto, bensì su quelli che interessano le specie ornamentali da fronda presso i coltivatori. Che brutte foglie! Gli impianti di Aralia sono spesso al suolo, dato che esiste un vasto mercato che vede la commercializzazione di fronde recise, e le foglie di Aralia ne fanno parte. Sia negli impianti in vaso che in quelli al suolo, si possono verificare infestazioni da insetti fastidiosi e pericolosi, i tripidi, in grado di trasmettere all’Aralia un Tospovirus. Di questa categoria di virus ci siamo già occupati in passato, senza mai soffermarci, però, su quello che succede a monte quando si verifica un’infezione nelle aziende. Le immagini mostrano Aralie a dimora con i primi sintomi: la malattia si diffonde rapidamente grazie ai tripidi presenti nell’impianto e il danno economico è ingente. Infatti, le necrosi sulle foglie in brevissimo tempo rendono le piante non più commerciabili. E’ praticamente impossibile che acquistiamo inconsapevolmente un’Aralia già infetta da Tospovirus, in quanto in ambito produttivo le piante sintomatiche vengono prontamente eliminate e poi, con quel brutto aspetto, chiunque di noi la rifiuterebbe. Questa è solo una delle tante avversità contro cui i nostri bravissimi produttori di piante ornamentali si trovano a combattere quotidianamente affinché possiamo circondarci di esemplari belli e sani.
2017
Aralia_ bella sì, brutta no / Maria Grazia, Bellardi. - In: GIARDINI. - ISSN 0394-0853. - STAMPA. - 282:(2017), pp. 80-80.
Maria Grazia, Bellardi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/577182
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