ll Biodistretto territoriale rappresenta una soluzione innovativa che si inquadra negli obiettivi concordati tra i diversi paesi nella Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCED), tenuta a Rio de Janeiro nel 1992, e in particolare nel piano d'azione dell'Agenda 21, che orienta le politiche dei diversi paesi verso lo sviluppo sostenibile, attribuendo alle Autorità Locali un ruolo centrale. Il raggiungimento di obiettivi di sviluppo sostenibile in ambito sociale, ambientale ed economico è realizzato attraverso un approccio dove diversi modelli di tipo distrettuale quali i distretti rurali, i distretti agroalimentari di qualità e distretti di filiera convivono in misura diversa; in quest’ambito l’agricoltura biologica costituisce il catalizzatore di una serie articolata di iniziative e forme di governance che caratterizzano i biodistretti come un modello innovativo di sviluppo rurale integrato. Allo stato attuale l’evoluzione dei biodistretti in termini numerici strutturali e gestionali è molto forte e costituisce un segnale positivo di interesse che va monitorato e sostenuto con finanziamenti, ma soprattutto idee e capacità gestionali adeguate. Il progetto DIMECOBIO ha contribuito a quest’obiettivo, sviluppando, oltre ad un Censimento dei biodistretti presenti in Italia, anche un’analisi più specifica di un biodistretto: il Biodistretto del Cilento. Ne sono state esaminate, oltre alle caratteristiche strutturali (stadio di sviluppo, orientamento prevalente di mercato), anche le performance in termini di contributo allo sviluppo rurale integrato. In base ai risultati ottenuti sono state definite prime linee guide a sostegno di una crescita sostenibile ed eticamente coerente, dei Biodistretti. L’approccio analitico adottato vuole quindi essere un primo contributo alla definizione di strumenti semplici ma efficaci di supporto alle decisioni per i diversi biodistretti italiani ed europei. L’approfondimento dello studio rispetto al Biodistretto del Cilento nasce dalla sua capacità di rappresentare un’esperienza articolata e di relativamente lungo periodo (il Biodistretto nasce nel 2009, ma già dal 2004 l’idea veniva promossa e discussa nel territorio cilentano. In particolare dallo studio sono emerse indicazioni circa la struttura di governance e della filiera produttiva del Biodistretto ed una valutazione dei fattori che contribuiscono a determinarne le potenzialità di contributo allo sviluppo rurale integrato. La specializzazione del Biodistretto del Cilento nei confronti dell’agricoltura biologica emerge sia in termini di specializzazione produttiva (27% delle aziende biologiche della Campania sono presenti nel Cilento) che dalla presenza di un tessuto fortemente connesso di attività primarie e di trasformazione connesse alla produzione biologica organizzate in una filiera articolata con una forte partecipazione di altri attori pubblici e privati connessi al supporto e gestione della attività bio-distrettuale. A fronte di questa forte caratterizzazione di tipo qualitativo si riscontra una ancora relativamente ridotta quantità di produzioni ed attori coinvolti. L’impatto sull’ambiente e sulla popolazione locale è poi ancora quantitativamente ridotto in termini di contributo al reddito e alla sovranità alimentare, ma in una fase di crescita che presenta forti potenzialità. Approfondendo l’analisi e confrontando i risultati delle performance di competitività, di coerenza con i principi e valori biodistrettuali con quelli relativi allo stadio di sviluppo, emerge che il bio-distretto è in una fase avanzata di tutte le condizioni necessarie e favorevoli ad un suo decollo. Sono infatti presenti, una forte consapevolezza e competenza da parte dei promotori del bio-distretto circa i principi ed i modi che guidano e concretamente attuano le attività bio-distrettuali, che si estrinsecano in attività coerenti con tali principi oltre ad una ampia connessione tra i principali elementi che caratterizzano un tessuto distrettuale competitivo (condizioni dei fattori produttivi, della domanda, attività a supporto etc .). Si conferma la ridotta presenza di una massa critica di attività complementari e di circuiti commerciali che sostengano la commercializzazione dei prodotti a livello locale ed extra-distretto. Il decollo sarà fortemente influenzato dalla capacità delle organizzazioni del Bio-distretto, in primis l’Associazione per la gestione del “Bio-distretto Cilento”, di collegarsi orizzontalmente alle altre realtà bio-distrettuali (attraverso la rete internazionale dei bio-distretti) e verticalmente con le istituzioni di governo regionale nazionale ed europeo. In questa fase sono, infatti, necessarie quelle risorse finanziarie, ma soprattutto professionali, che sostengano l’aumento della massa critica di produzioni e servizi necessari a fornire solide basi per la crescita del Bio-distretto. La strategia auspicabile per questa tipologia di Bio-distretto, a sostegno delle azioni di sviluppo quantitativo delle produzioni, e di definizione delle relazioni tra operatori, dovrebbe essere orientata a promuovere i consumi dei non residenti come motore dello sviluppo. Questo emerge dalla classificazione del biodistretto in funzione della tipologia di Orientamento mercato più efficiente in funzione delle sue caratteristiche. Per il biodistretto del Cilento l’orientamento più efficiente di mercato risulta quello verso un mercato “Locale, con orientamento attuale prevalente del consumo da parte della popolazione non residente”. Le aumentate disponibilità di reddito e di risorse per investimenti, legati alla crescita del mercato del Bio-distretto, potranno quindi essere dirette allo sviluppo locale integrato sostenibile, in base alle necessità di miglioramento strutturale ed organizzativo precedentemente emerse. È necessaria una crescita della base produttiva delle produzioni biologiche, trainata da flussi turistici ma accompagnata da stretto rapporto con istituzioni locali (Mense bio- acquisti verdi) per mantenere equilibrio con dimensione locale. Si devono rafforzare i legami funzionali tra attori; stimolare aumento professionalità e ridurre il volontariato tramite azioni di utilizzo collettivo di risorse per attivare servizi esterni a sostegno del Biodistretto (economie esterne di scala). Occorre mantenere la centralità dei produttori e della produzione biologica in quanto definiscono e preservano identità specifica del Biodistretto. Si deve stimolare la capacità di coordinamento istituzionale per migliorare l’accesso alle fonti di finanziamento ed a piani integrati di sviluppo e per razionalizzare l’utilizzo delle risorse. Occorre un’azione collettiva di advocacy per definire una legislazione e linee di finanziamento specifiche per le realtà biodistrettuali a livello EU e Regionale. È necessario migliorare il monitoraggio sulla struttura ed attività dei Bio-distretti, sviluppare la ricerca e la formazione utilizzando gli esistenti forti legami con enti di ricerca e formazione. In conclusione il modello biodistrettuale appare un’innovazione in grado di essere applicato con successo, coinvolgendo e motivando tutti gli attori locali in iniziative dalla forte valenza di sviluppo integrato sociale economico ambientale, che si rispecchiano nelle azioni e nei principi dell’agricoltura biologica. Per lo sviluppo di tale modello è necessaria una forte capacità di coinvolgimento dei diversi attori che ne costituiscono la struttura produttiva e di governance. La dimensione locale favorisce la creazione di reti complesse nei biodistretti grazie alla prossimità spaziale e culturale che li contraddistingue. Questa caratteristica, tipica delle realtà distrettuali, costituisce un punto di forza dei biodistretti che va sostenuto attraverso strategie che stimolino il rispetto dell’autonomia nelle iniziative locali, lo stimolo allo scambio di conoscenze tra pari, e un sostegno pubblico prevalentemente orientato ad aumentare le capacità imprenditoriali. Partendo dalle iniziative promosse dai diversi biodistretti il ruolo delle istituzioni di governo sovra distrettuali (Regionali, Nazionali e Comunitarie), oltre che delle associazioni di produttori, dovrà essere prevalentemente quello di creare un contesto favorevole all’accompagnamento di tali iniziative (supporto alle infrastrutture, alla formazione e assistenza tecnico-economica, alla definizione di strategie comuni di sviluppo e scambio di conoscenze ed informazioni) oltre al controllo del rispetto dei principi ed obiettivi dei biodistretti. La creazione della Rete INNER tra i biodistretti, che favorisce un dialogo interno e con i rappresentanti delle istituzioni pubbliche e della società civile, è sicuramente utile a tale scopo.

Struttura, dinamiche di sviluppo e performance del “Bio-distretto Cilento"

ZANASI, CESARE;ROTA, COSIMO;
2016

Abstract

ll Biodistretto territoriale rappresenta una soluzione innovativa che si inquadra negli obiettivi concordati tra i diversi paesi nella Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCED), tenuta a Rio de Janeiro nel 1992, e in particolare nel piano d'azione dell'Agenda 21, che orienta le politiche dei diversi paesi verso lo sviluppo sostenibile, attribuendo alle Autorità Locali un ruolo centrale. Il raggiungimento di obiettivi di sviluppo sostenibile in ambito sociale, ambientale ed economico è realizzato attraverso un approccio dove diversi modelli di tipo distrettuale quali i distretti rurali, i distretti agroalimentari di qualità e distretti di filiera convivono in misura diversa; in quest’ambito l’agricoltura biologica costituisce il catalizzatore di una serie articolata di iniziative e forme di governance che caratterizzano i biodistretti come un modello innovativo di sviluppo rurale integrato. Allo stato attuale l’evoluzione dei biodistretti in termini numerici strutturali e gestionali è molto forte e costituisce un segnale positivo di interesse che va monitorato e sostenuto con finanziamenti, ma soprattutto idee e capacità gestionali adeguate. Il progetto DIMECOBIO ha contribuito a quest’obiettivo, sviluppando, oltre ad un Censimento dei biodistretti presenti in Italia, anche un’analisi più specifica di un biodistretto: il Biodistretto del Cilento. Ne sono state esaminate, oltre alle caratteristiche strutturali (stadio di sviluppo, orientamento prevalente di mercato), anche le performance in termini di contributo allo sviluppo rurale integrato. In base ai risultati ottenuti sono state definite prime linee guide a sostegno di una crescita sostenibile ed eticamente coerente, dei Biodistretti. L’approccio analitico adottato vuole quindi essere un primo contributo alla definizione di strumenti semplici ma efficaci di supporto alle decisioni per i diversi biodistretti italiani ed europei. L’approfondimento dello studio rispetto al Biodistretto del Cilento nasce dalla sua capacità di rappresentare un’esperienza articolata e di relativamente lungo periodo (il Biodistretto nasce nel 2009, ma già dal 2004 l’idea veniva promossa e discussa nel territorio cilentano. In particolare dallo studio sono emerse indicazioni circa la struttura di governance e della filiera produttiva del Biodistretto ed una valutazione dei fattori che contribuiscono a determinarne le potenzialità di contributo allo sviluppo rurale integrato. La specializzazione del Biodistretto del Cilento nei confronti dell’agricoltura biologica emerge sia in termini di specializzazione produttiva (27% delle aziende biologiche della Campania sono presenti nel Cilento) che dalla presenza di un tessuto fortemente connesso di attività primarie e di trasformazione connesse alla produzione biologica organizzate in una filiera articolata con una forte partecipazione di altri attori pubblici e privati connessi al supporto e gestione della attività bio-distrettuale. A fronte di questa forte caratterizzazione di tipo qualitativo si riscontra una ancora relativamente ridotta quantità di produzioni ed attori coinvolti. L’impatto sull’ambiente e sulla popolazione locale è poi ancora quantitativamente ridotto in termini di contributo al reddito e alla sovranità alimentare, ma in una fase di crescita che presenta forti potenzialità. Approfondendo l’analisi e confrontando i risultati delle performance di competitività, di coerenza con i principi e valori biodistrettuali con quelli relativi allo stadio di sviluppo, emerge che il bio-distretto è in una fase avanzata di tutte le condizioni necessarie e favorevoli ad un suo decollo. Sono infatti presenti, una forte consapevolezza e competenza da parte dei promotori del bio-distretto circa i principi ed i modi che guidano e concretamente attuano le attività bio-distrettuali, che si estrinsecano in attività coerenti con tali principi oltre ad una ampia connessione tra i principali elementi che caratterizzano un tessuto distrettuale competitivo (condizioni dei fattori produttivi, della domanda, attività a supporto etc .). Si conferma la ridotta presenza di una massa critica di attività complementari e di circuiti commerciali che sostengano la commercializzazione dei prodotti a livello locale ed extra-distretto. Il decollo sarà fortemente influenzato dalla capacità delle organizzazioni del Bio-distretto, in primis l’Associazione per la gestione del “Bio-distretto Cilento”, di collegarsi orizzontalmente alle altre realtà bio-distrettuali (attraverso la rete internazionale dei bio-distretti) e verticalmente con le istituzioni di governo regionale nazionale ed europeo. In questa fase sono, infatti, necessarie quelle risorse finanziarie, ma soprattutto professionali, che sostengano l’aumento della massa critica di produzioni e servizi necessari a fornire solide basi per la crescita del Bio-distretto. La strategia auspicabile per questa tipologia di Bio-distretto, a sostegno delle azioni di sviluppo quantitativo delle produzioni, e di definizione delle relazioni tra operatori, dovrebbe essere orientata a promuovere i consumi dei non residenti come motore dello sviluppo. Questo emerge dalla classificazione del biodistretto in funzione della tipologia di Orientamento mercato più efficiente in funzione delle sue caratteristiche. Per il biodistretto del Cilento l’orientamento più efficiente di mercato risulta quello verso un mercato “Locale, con orientamento attuale prevalente del consumo da parte della popolazione non residente”. Le aumentate disponibilità di reddito e di risorse per investimenti, legati alla crescita del mercato del Bio-distretto, potranno quindi essere dirette allo sviluppo locale integrato sostenibile, in base alle necessità di miglioramento strutturale ed organizzativo precedentemente emerse. È necessaria una crescita della base produttiva delle produzioni biologiche, trainata da flussi turistici ma accompagnata da stretto rapporto con istituzioni locali (Mense bio- acquisti verdi) per mantenere equilibrio con dimensione locale. Si devono rafforzare i legami funzionali tra attori; stimolare aumento professionalità e ridurre il volontariato tramite azioni di utilizzo collettivo di risorse per attivare servizi esterni a sostegno del Biodistretto (economie esterne di scala). Occorre mantenere la centralità dei produttori e della produzione biologica in quanto definiscono e preservano identità specifica del Biodistretto. Si deve stimolare la capacità di coordinamento istituzionale per migliorare l’accesso alle fonti di finanziamento ed a piani integrati di sviluppo e per razionalizzare l’utilizzo delle risorse. Occorre un’azione collettiva di advocacy per definire una legislazione e linee di finanziamento specifiche per le realtà biodistrettuali a livello EU e Regionale. È necessario migliorare il monitoraggio sulla struttura ed attività dei Bio-distretti, sviluppare la ricerca e la formazione utilizzando gli esistenti forti legami con enti di ricerca e formazione. In conclusione il modello biodistrettuale appare un’innovazione in grado di essere applicato con successo, coinvolgendo e motivando tutti gli attori locali in iniziative dalla forte valenza di sviluppo integrato sociale economico ambientale, che si rispecchiano nelle azioni e nei principi dell’agricoltura biologica. Per lo sviluppo di tale modello è necessaria una forte capacità di coinvolgimento dei diversi attori che ne costituiscono la struttura produttiva e di governance. La dimensione locale favorisce la creazione di reti complesse nei biodistretti grazie alla prossimità spaziale e culturale che li contraddistingue. Questa caratteristica, tipica delle realtà distrettuali, costituisce un punto di forza dei biodistretti che va sostenuto attraverso strategie che stimolino il rispetto dell’autonomia nelle iniziative locali, lo stimolo allo scambio di conoscenze tra pari, e un sostegno pubblico prevalentemente orientato ad aumentare le capacità imprenditoriali. Partendo dalle iniziative promosse dai diversi biodistretti il ruolo delle istituzioni di governo sovra distrettuali (Regionali, Nazionali e Comunitarie), oltre che delle associazioni di produttori, dovrà essere prevalentemente quello di creare un contesto favorevole all’accompagnamento di tali iniziative (supporto alle infrastrutture, alla formazione e assistenza tecnico-economica, alla definizione di strategie comuni di sviluppo e scambio di conoscenze ed informazioni) oltre al controllo del rispetto dei principi ed obiettivi dei biodistretti. La creazione della Rete INNER tra i biodistretti, che favorisce un dialogo interno e con i rappresentanti delle istituzioni pubbliche e della società civile, è sicuramente utile a tale scopo.
2016
L’AGRICOLTURA BIOLOGICA IN CHIAVE TERRITORIALE L’esperienza dei bio-distretti in Italia
42
108
Cesare Zanasi; Cosimo Rota; Salvatore Basile
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