Il saggio si propone come contributo alla rivalutazione di Margaret Oliphant (1828-1897) in corso in ambito anglosassone a partire dall’ultimo decennio del Novecento. Proprio alla straordinaria prolificità ed eterogenea produzione che le permisero la “stravagante” impresa di mantenere ed educare una più che numerosa famiglia, la scrittrice deve il suo posto nel canone come “grande minore”. Con la sua originale e raffinata fattura, l’ “Autobiografia” si rivela fondamentale per individuare i parametri giusti per una adeguata valutazione della sua opera (‘novels’, racconti fantastici, saggi di vario argomento, biografie, manuali, guide, ecc), tanto vasta che la ricognizione non è ancora stata completata. Anche senza l’aperta ammissione che il centinaio di romanzi e i quattrocento saggi rappresentavano per lei sopratutto il “pane quotidiano”, l’analisi della struttura dell’ “Autobiografia”, quale si costruisce nell’interplay delle varie voci della Oliphant – la Madre, la scrittrice professionista, l’artista – dimostra chiaramente che i parametri adeguati a misurare la qualità della sua opera sono non tanto quelli del ‘novel’ o quelli del saggio, quanto quelli del racconto fantastico e del ‘romance’ distopico. Non è un caso che la Oliphant abbia scritto uno dei più grandi racconti fantastici delle letteratura inglese – un racconto che anticipa le principali distopie del Novecento. Lo stile dell’ “Autobiografia”, agile, duttile, mutevole, ricco di chiaroscuro, sapientemente manipolatorio nei confronti del lettore, rispecchia una personalità femminile complessa – una ‘femminista’ nel senso in cui lo si può dire della regina Vittoria che era una sua lettrice –, una ‘gentle subversive’ dotata di una profonda consapevolezza della realtà – dalla psicologia individuale all’atmosfera sociale alle teorie intellettuali alle mode culturali – che non deve stupire data l’eterogenea varietà della sua cultura, di gran lunga superiore a quella di molte apprezzate contemporanee (come George Eliot) che non si erano misurate come lei con le spietate leggi del capitalismo borghese. Ed è proprio per l’eccezionale grado di consapevolezza che affiora dalla sua opera, che la rivalutazione di questa grande ‘woman of letters’ è destinata a sconvolgere e sradicare le nostre categorie del “vittorianesimo”.

L’ “Autobiografia” di Margaret Oliphant: vivere da scrittrice professionista nell’Ottocento inglese / B.Battaglia. - STAMPA. - (2007), pp. 269-294.

L’ “Autobiografia” di Margaret Oliphant: vivere da scrittrice professionista nell’Ottocento inglese.

BATTAGLIA, MARIA BEATRICE
2007

Abstract

Il saggio si propone come contributo alla rivalutazione di Margaret Oliphant (1828-1897) in corso in ambito anglosassone a partire dall’ultimo decennio del Novecento. Proprio alla straordinaria prolificità ed eterogenea produzione che le permisero la “stravagante” impresa di mantenere ed educare una più che numerosa famiglia, la scrittrice deve il suo posto nel canone come “grande minore”. Con la sua originale e raffinata fattura, l’ “Autobiografia” si rivela fondamentale per individuare i parametri giusti per una adeguata valutazione della sua opera (‘novels’, racconti fantastici, saggi di vario argomento, biografie, manuali, guide, ecc), tanto vasta che la ricognizione non è ancora stata completata. Anche senza l’aperta ammissione che il centinaio di romanzi e i quattrocento saggi rappresentavano per lei sopratutto il “pane quotidiano”, l’analisi della struttura dell’ “Autobiografia”, quale si costruisce nell’interplay delle varie voci della Oliphant – la Madre, la scrittrice professionista, l’artista – dimostra chiaramente che i parametri adeguati a misurare la qualità della sua opera sono non tanto quelli del ‘novel’ o quelli del saggio, quanto quelli del racconto fantastico e del ‘romance’ distopico. Non è un caso che la Oliphant abbia scritto uno dei più grandi racconti fantastici delle letteratura inglese – un racconto che anticipa le principali distopie del Novecento. Lo stile dell’ “Autobiografia”, agile, duttile, mutevole, ricco di chiaroscuro, sapientemente manipolatorio nei confronti del lettore, rispecchia una personalità femminile complessa – una ‘femminista’ nel senso in cui lo si può dire della regina Vittoria che era una sua lettrice –, una ‘gentle subversive’ dotata di una profonda consapevolezza della realtà – dalla psicologia individuale all’atmosfera sociale alle teorie intellettuali alle mode culturali – che non deve stupire data l’eterogenea varietà della sua cultura, di gran lunga superiore a quella di molte apprezzate contemporanee (come George Eliot) che non si erano misurate come lei con le spietate leggi del capitalismo borghese. Ed è proprio per l’eccezionale grado di consapevolezza che affiora dalla sua opera, che la rivalutazione di questa grande ‘woman of letters’ è destinata a sconvolgere e sradicare le nostre categorie del “vittorianesimo”.
2007
Memorie Diari Confessioni
269
294
L’ “Autobiografia” di Margaret Oliphant: vivere da scrittrice professionista nell’Ottocento inglese / B.Battaglia. - STAMPA. - (2007), pp. 269-294.
B.Battaglia
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