Da quando l'uomo ha scoperto la parola come strumento per nominare il mondo e per trasformarlo in comunicazione, ha scoperto anche la possibilità di giocare con le parole, di sperimentare la forza seduttiva propria della creazione di equivoci linguistici che aprono alla comunicazione con l'altro da sé. Il calembour è una delle modalità con cui il parlante esercita questa sua prerogativa. Per cogliere il senso del calembour come fatto sociale si è compiuto un viaggio attraverso i linguaggi verbali e non verbali, attraverso il cibo osservato nel suo essere portatore di socialità nell'era della globalizzazione, attraverso l'umorismo, il riso e il sorriso, attraverso il linguaggio degli oggetti e delle immagini che si fanno narrazione, attraverso la scrittura partecipata delle reti digitali. Questo viaggio porta a individuare l'essenza sociale del calembour nella sua attitudine a rivitalizzare la lingua attraverso il nonsense e quindi a coniugare la capacità di sorridere con quella di comprendere, indicando un modo diverso di vedere il mondo osservato in controluce da uno sguardo indiscreto, arguto e sagace che chiede complicità e che si interrela con gli sguardi degli altri attraverso lo spazio e il tempo. È vero che il calembour è un piccolo atto linguistico, ma è anche vero che è una riflessione sapiente sulla realtà, un tramite per intessere relazioni in cui la lingua viene riscoperta nelle sue infinite potenzialità semantiche, in cui il piacere si sposa con la ragione, in cui emittente e destinatario si sentono legati dalla comune intenzionalità di capire. Per una volta nel nostro tessuto comunicativo il frammento diviene un microcosmo che è in grado di illuminare un macrocosmo troppo spesso opacizzato.

Il calembour: frammenti di un universo in controluce

BONAZZI, FRANCO
2013

Abstract

Da quando l'uomo ha scoperto la parola come strumento per nominare il mondo e per trasformarlo in comunicazione, ha scoperto anche la possibilità di giocare con le parole, di sperimentare la forza seduttiva propria della creazione di equivoci linguistici che aprono alla comunicazione con l'altro da sé. Il calembour è una delle modalità con cui il parlante esercita questa sua prerogativa. Per cogliere il senso del calembour come fatto sociale si è compiuto un viaggio attraverso i linguaggi verbali e non verbali, attraverso il cibo osservato nel suo essere portatore di socialità nell'era della globalizzazione, attraverso l'umorismo, il riso e il sorriso, attraverso il linguaggio degli oggetti e delle immagini che si fanno narrazione, attraverso la scrittura partecipata delle reti digitali. Questo viaggio porta a individuare l'essenza sociale del calembour nella sua attitudine a rivitalizzare la lingua attraverso il nonsense e quindi a coniugare la capacità di sorridere con quella di comprendere, indicando un modo diverso di vedere il mondo osservato in controluce da uno sguardo indiscreto, arguto e sagace che chiede complicità e che si interrela con gli sguardi degli altri attraverso lo spazio e il tempo. È vero che il calembour è un piccolo atto linguistico, ma è anche vero che è una riflessione sapiente sulla realtà, un tramite per intessere relazioni in cui la lingua viene riscoperta nelle sue infinite potenzialità semantiche, in cui il piacere si sposa con la ragione, in cui emittente e destinatario si sentono legati dalla comune intenzionalità di capire. Per una volta nel nostro tessuto comunicativo il frammento diviene un microcosmo che è in grado di illuminare un macrocosmo troppo spesso opacizzato.
2013
152
9788820420819
F. Bonazzi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/508967
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